Gli Usa sono usciti dalla "tirannia" del politicamente corretto: "Il nostro Paese non sarà più woke", ha detto il tycoon nel primo discorso a Capitol Hill dopo la sua rielezione. Il termine "woke" - che significa "consapevole" - è comparso inizialmente negli anni '30-'40 del '900 nell'ambito della lotta dei diritti degli afroamericani. Poi si è allargato per ricomprendere qualsiasi forma di attenzione verso tutte le minoranze. Ormai è utilizzato solo dai conservatori con toni negativi
"Ho messo fine alla tirannia del politicamente corretto. Il nostro Paese non sarà più woke". Il primo discorso al Congresso Usa di Donald Trump da quando è stato rieletto presidente ha ripreso uno dei leit motiv della sua campagna di comunicazione: la battaglia alla cultura woke. Tradurre il termine in italiano non è immediato. Letteralmente, significherebbe “consapevole”. Di cosa? Nella sua accezione originaria, di cui si trova traccia già negli anni ’30-’40 del secolo scorso in riferimento alle problematiche della popolazione afroamericana, woke è chi – spiega la Treccani – “si sente consapevole dell’ingiustizia rappresentata da razzismo, disuguaglianza economica e sociale e da qualunque manifestazione di discriminazione verso i meno protetti”. Minoranze etniche, comunità Lgbtqia+, donne, disabili. Ormai il termine è stato però quasi del tutto abbandonato dalla politica e dalla militanza di sinistra e viene utilizzato con toni dispregiativi soltanto dai conservatori di destra - anche da Giorgia Meloni - per attaccare i liberali.
Cos’è la cultura woke, dal ‘900 ai giorni nostri
La comparsa in ambito sociale della parola woke, come detto, sembra legata agli afroamericani della prima metà del secolo scorso. La si utilizzava per spronarsi a vicenda a rimanere “all’erta” davanti ai pericoli e per ricordarsi di tenere sempre “gli occhi aperti”. Presto però il suo significato si è allargato per indicare anche i bianchi che decidevano di far sentire la propria voce per evidenziare la discriminazione e la disparità di trattamento nei confronti dei neri. Nel nuovo millennio si è poi ampliato ulteriormente, in modo da ricomprendere qualsiasi tipo di attivismo, di riflessione e di misure anche politiche a tutela delle minoranze in generale, al di là del colore della pelle, e di temi come il cambiamento climatico. Quello che da noi si chiama “politicamente corretto”. Con la morte di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis del 2020 e di altri episodi simili a danno di persone afroamericane la frase “stay woke” tornò a circolare sempre di più nel dibattito politico e nelle piazze statunitensi, sulla scia del movimento Black Lives Matter, così come successe anche nell’ambito del #MeToo contro le molestie a danno delle donne.

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Quando il vocabolario woke diventa strategia politica
Perché Trump dice di aver ucciso la cultura woke
I repubblicani d’America e in generale i partiti di destra si sono spesso scagliati contro la cosiddetta cultura woke, tanto che ormai la sinistra e il suo elettorato non la utilizzano quasi più come elemento connotante. L’attacco di Donald Trump a Capitol Hill del 4 marzo 2025 riassume bene la posizione dei conservatori: essere woke è considerato essere lontani dalla realtà, ideologici e poco pragmatici. Il riferimento del presidente all’uccisione della cultura woke è legato soprattutto all’abolizione delle misure prese a tutela delle minoranze dall’amministrazione di Joe Biden nell’ambito del programma DEI – Diversity, Equality and Inclusion (diversità, uguaglianza e inclusione), che promuoveva l’assunzione di persone appartenenti a qualche minoranza all’interno delle istituzioni federali, delle aziende e della società americana nel suo insieme (come le quote rosa italiane, per fare un esempio). Tutto adesso seguirà semplicemente la logica del “merito”, dice Trump.
Trump contro le persone transessuali
Un altro passo della distruzione della wokeness per mano di Trump è la sua battaglia contro i diritti delle persone transessuali o comunque non binarie: gli Stati Uniti riconoscono ormai solamente due sessi, maschio e femmina, e i cittadini transgender non sono più accolti nelle forze armate.
Giorgia Meloni, Trump e la battaglia alla cultura woke
Trump ha trovato un'alleata nella battaglia alla cultura woke nella nostra premier Giorgia Meloni. Lo ha detto lei stessa ai giornalisti nello Studio Ovale della Casa Bianca durante il suo viaggio a Washington del 17 aprile 2025, organizzato (principalmente) per tentare di mediare tra il presidente Usa e l'Ue in tema di dazi e guerra commerciale.
