Un anno di guerra in Ucraina, i rischi di una escalation e di conflitto nucleare mondiale

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Dal 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio dell’invasione russa, a più riprese è sembrato che il conflitto fosse sul punto di allargarsi ad altri Paesi o provocare una catastrofe atomica: ecco che cosa è successo negli ultimi dodici mesi

Quando all’alba del 24 febbraio 2022 l’esercito russo ha lanciato l'invasione dell’Ucraina, in pochi si aspettavano che la guerra sarebbe durata (almeno) un anno. La sproporzione di forze, sia sul campo che fuori, appariva tale da far prevedere una capitolazione di Kiev nel giro di poche settimane, se non giorni. "Putin ha lanciato la sua invasione quasi un anno fa, pensava che l'Ucraina fosse debole e che l'Occidente fosse diviso. Pensava di poter avere le meglio su di noi. Ma si sbagliava di grosso”, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in visita a Kiev. Il conflitto infatti si trascina da 12 mesi: in questo periodo non è mancata la paura che la guerra potesse allargarsi fino a coinvolgere altri Paesi, fino a diventare globale; oppure che il conflitto danneggiasse in qualche modo le centrali nucleari disseminate in Ucraina - tra cui i resti di Chernobyl - causando un disastro mondiale; o ancora che lo spauracchio più temuto, l’utilizzo di armi atomiche, diventasse reale. (GUERRA IN UCRAINA: LO SPECIALE)

Guerra in Ucraina: il rischio di escalation nucleare

La Russia, sebbene non abbia ereditato dall’Urss la posizione di gigante economico e politico occupata durante la Guerra Fredda, rimane ancora tra i Paesi più armati di ordigni nucleari: l’arsenale di Mosca conta circa 6mila bombe atomiche, di cui 1.588 già schierate e operative. E un loro utilizzo, in diverse fasi del conflitto, non è sembrato così improbabile. Il giorno stesso dell’invasione il presidente russo Vladimir Putin aveva detto: “Chiunque tenti di crearci ostacoli e interferire" in Ucraina "sappia che la Russia risponderà con delle conseguenze mai viste prima. Siamo preparati a tutto. Spero di essere ascoltato”. Appena tre giorni dopo, il 27 febbraio, lo stesso Putin aveva messo in allerta il sistema di deterrenza nucleare del Paese. Una mossa a cui non è seguita reazione dall’unico altro Stato al mondo a disporre di un arsenale atomico paragonabile, gli Stati Uniti. La tensione nucleare, però, è rimasta alta da allora: a varie riprese ufficiali di alto rango russi, e Putin stesso, hanno paventato il rischio che il conflitto degenerasse con l’utilizzo di bombe atomiche.

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La dottrina nucleare russa

Tra i momenti di maggior tensione è importante ricordare i referendum di settembre - definiti “farsa” da parte del mondo occidentale - per l’annessione alla Russia di alcune aree dell’Ucraina occupate: Donbass, Zaporizhzhia e Kherson. La dottrina nucleare russa infatti prevede che sia accettabile l’utilizzo di tali armi in caso di minaccia alla “sovranità e integrità territoriale dello Stato”. Scenario che finora non si è però realizzato, anche a seguito della parziale liberazione della regione di Kherson. La tensione però non è diminuita: solamente un mese fa Dmitry Medvedev, ex presidente ed ex primo ministro russo, ha ammonito che “la sconfitta di una potenza nucleare in una guerra convenzionale può provocare lo scoppio di una guerra nucleare”. Di fronte alla possibilità che Mosca decida davvero di utilizzare armi atomiche, gli Stati Uniti si sono finora trincerati dietro la cosiddetta “ambiguità strategica” già applicata nei confronti della Cina riguardo a Taiwan: hanno promesso una risposta, senza però specificare quale. “L’uso di armi nucleari avrà conseguenze catastrofiche per la Russia, gli Stati Uniti e i nostri alleati risponderanno in modo deciso”, aveva dichiarato a settembre il consigliere per la Sicurezza del presidente Usa Joe Biden, Jake Sullivan. E il temuto conflitto nucleare, finora, non è avvenuto.

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Le centrali nucleari in Ucraina

Non ci sono però solamente le bombe atomiche ad alimentare lo spauracchio nucleare: l’Ucraina, infatti, è sede di quattro centrali che producono energia grazie all’atomo, con un totale di quindici reattori attivi nel Paese. Tra queste c’è anche la più grande di tutto il Vecchio Continente, a Zaporizhzhia, e proprio intorno ad essa si sono concentrati i pericoli di un disastro. Già a marzo le truppe russe e ucraine si sono scontrate nella zona della centrale, e nel corso dei mesi l’area è stata interessata a più riprese dagli scontri. Ancora a settembre l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l'energia atomica, aveva denunciato come la situazione fosse “insostenibile” e i bombardamenti in corso all'impianto rappresentassero “una costante minaccia alla sicurezza nucleare”. A dicembre, inoltre, il direttore dell’Agenzia Rafael Mariano Grossi aveva dichiarato a Sky TG24 che “il pericolo è imminente perché quasi ogni giorno ci sono attacchi o interruzioni della fornitura di elettricità”. Una situazione, “senza precedenti”, “del tutto inaccettabile per un impianto industriale di questa dimensione e con il materiale nucleare che vi si trova”. Lo stesso Grossi poche settimane prima aveva denunciato come i bombardamenti intorno alla centrale fossero avvenuti a “pochi metri dai reattori”.

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La situazione a Chernobyl

In Ucraina, inoltre, è presente quella che forse è la più famosa centrale nucleare del Pianeta: Chernobyl. E anche questa zona era finita al centro degli scontri nella prima fase del conflitto, con i resti della centrale occupati dai soldati di Mosca all’inizio dell’invasione. La paura per il destino di Chernobyl, dove nel 1986 si è registrato il più grave disastro della storia nell’uso del nucleare per scopi civili, è stata alta: a un certo punto si erano persi i contatti con i sistemi di monitoraggio del relitto. La centrale - situata nel nord dell’Ucraina al confine con la Bielorussia - è poi tornata sotto il controllo di Kiev poche settimane dopo, e sono emersi racconti inquietanti di quanto avvenuto in quei giorni: secondo diverse emittenti americane, dalla Cnn al New York Times, i soldati russi non sono stati impegnati solo a scavare trincee in una zona altamente contaminata come la foresta intorno alla centrale nucleare, ma hanno commesso anche azioni molto pericolose, come toccare a mani nude materiale radioattivo.

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La paura di un’escalation del conflitto

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina il disastro nucleare sembra essere stato finora scongiurato. La paura che il conflitto possa degenerare fino al punto di coinvolgere altri Paesi, invece, è ancora qui. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha ribadito a più riprese che “la Nato non è parte del conflitto”. Il Patto atlantico è comunque impegnato a sostenere l’Ucraina, che non è Paese membro dell’Alleanza e dunque non può richiedere l’intervento diretto dei contraenti. Una situazione che ha fatto temere a più riprese un possibile allargamento del conflitto: "I Paesi della Nato stanno facendo gli innocenti, cercando di dimostrare che non sono parte del conflitto. Il coinvolgimento (dei Paesi della Nato) è massimo, hanno svolto attività provocatorie per molti anni. Ora controllano direttamente la leadership del regime di Kiev”, è la posizione espressa pochi giorni fa dalla portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, però, ha ribadito come occorra “dare all'Ucraina ciò di cui ha bisogno per vincere" la guerra: "Alcuni sono preoccupati che il nostro impegno possa portare a un'escalation", ma il rischio "più grande è che Putin vinca", dato che lo zar "non sta pianificando la pace, ma nuove offensive" e "cerca contatti con altri regimi autoritari come Iran e Corea del Nord".

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Il missile in Polonia e l’escalation evitata

La tensione tra la Nato e la Russia, comunque, è altissima dall’inizio della guerra. E il momento più pericoloso si è registrato il 15 novembre, quando un missile ha colpito il terreno di un’azienda agricola a Przewodow, in Polonia, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina. Le prime ipotesi circolate parlavano di un ordigno russo su territorio Nato (Varsavia è parte dell’Alleanza), scenario che avrebbe potuto precipitare gli eventi e portare l’intero Patto Atlantico in guerra. La tensione è subito altissima, anche se Mosca smentisce immediatamente che si tratti di un suo missile e gli Stati Uniti, pur ribadendo che “difenderemo ogni centimetro di territorio della Nato”, precisano di non avere nessuna prova che l’attacco sia stato organizzato da Mosca. I leader del G20, che proprio in quel momento sono riuniti a Bali, mantengono i nervi saldi e con il passare delle ore emerge come il missile fosse in realtà ucraino e abbia colpito la Polonia a causa di uno “sfortunato incidente”, come detto dal presidente polacco Duda. "Voglio dire in maniera chiara" che sull'incidente "Kiev non ha colpe", ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, parlando del "risultato del massiccio lancio di missili russi sull'Ucraina. Questa è la dimostrazione che la guerra di Putin crea situazioni pericolose. Putin deve fermare questa guerra”. Ma in quest’ultimo anno lo scontro diretto tra Nato e Russia non era mai sembrato più vicino.

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