L’aggressione di Hamas a Israele, l'attacco a Gaza, il piano Usa: cos’è successo in 2 anni

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Ansa/Getty

Introduzione

Il 7 ottobre del 2023 i terroristi sono penetrati nel Sud dello Stato ebraico, attaccando i kibbutz vicini al confine con la Striscia di Gaza, uccidendo famiglie e sequestrando persone. Le vittime del massacro, in totale, sono state circa 1.300.

 

Israele ha risposto lanciando l’operazione 'Spade di Ferro' con massicci bombardamenti su Gaza, a cui poi è seguita un'offensiva di terra che ha portato all’invasione della Striscia, che ancora oggi è stretta nella morsa israeliana. Si contano oltre 60mila morti. Nel corso dei mesi, il conflitto si è allargato a Hezbollah nel Sud Libano e all'Iran.

 

Intanto, diversi Paesi hanno annunciato il riconoscimento formale dello Stato di Palestina e manifestazioni in tutto il mondo sono state organizzate a sostegno di Gaza, per chiedere la pace e la possibilità che più aiuti umanitari entrino nella Striscia, per frenare i decessi causati anche dalla fame e dalla malnutrizione. Anche la missione umanitaria di soccorso Global Sumud Flotilla ha cercato di rompere il blocco navale per consegnare aiuti alla popolazione della Striscia, ma è stata bloccata da Israele.

 

La Casa Bianca, il 29 settembre 2025, ha pubblicato una strategia in 20 punti, per far diventare Gaza "una zona deradicalizzata e libera dal terrorismo che non rappresenterà una minaccia per i suoi vicini". Nella notte italiana tra l'8 e il 9 ottobre 2025 il presidente Usa Donald Trump ha annunciato: "Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura". Tuttavia, hanno sottolineato funzionari Usa, alcuni dei punti più difficili - come la governance di Gaza e il disarmo dei terroristi di Hamas - dovranno ancora essere negoziati in futuro.

Quello che devi sapere

Il 7 ottobre 2023

Il 7 ottobre 2023 è la data che ha cambiato - per sempre - lo scenario del conflitto tra Israele e Hamas. Quel giorno iniziava l’operazione "Alluvione Al-Aqsa", a lungo pianificata in segreto. Le brigate Al-Qassam, l'ala militare di Hamas, annunciavano l'offensiva lanciando razzi sui territori israeliani. Contemporaneamente i terroristi penetravano in Israele, a piedi, con velivoli artigianali o motociclette, e compivano massacri nei kibbutz vicini al confine con la Striscia, uccidendo famiglie e sequestrando persone. Veniva preso di mira anche un rave party, con i giovani partecipanti uccisi o rapiti mentre ballavano e ascoltavano musica. Le vittime del massacro, in totale, sono state circa 1.300. La reazione di Israele è arrivata poche ore dopo la carneficina: il premier Benjamin Netanyahu ha dichiarato che lo Stato ebraico era entrato in guerra. Iniziava l’operazione "Spade di Ferro". Ecco cos'è successo in questi due anni, fino al sì al piano di pace Usa


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Il 7 ottobre 2023

La situazione in Medio Oriente

Netanyahu, fin da subito, ha posto come obiettivo della risposta israeliana la "distruzione di Hamas" e ha promesso una "vittoria totale", ma senza indicare tempistiche chiare. Israele però non è riuscito a recuperare tutti i suoi ostaggi, punto che ha scatenato - e scatena ancora oggi - ripetute proteste da parte di una fetta della società isrealiana oltre che delle famiglie di chi è prigioniero a Gaza (degli oltre 200 ostaggi iniziali, ancora 48 sarebbero nelle mani di Hamas, di cui 20 vivi, ndr). "Liberate gli ostaggi e deponete le armi. Se lo farete vivrete, se non lo farete Israele vi darà la caccia", il messaggio per Hamas lanciato da Netanyahu nel suo ultimo intervento all'Assemblea generale dell'Onu del 26 settembre 2025. Pochi giorni dopo, sono iniziate le trattative riguardo al piano di pace Usa.

 

Non solo Gaza. Ci sono stati raid israeliani anche in Siria e in Cisgiordania. E poi si è aperto il fronte del Libano, con la presenza di Hezbollah nel Sud del Paese: a settembre 2024, dopo giorni di raid aerei, è iniziata l'invasione limitata israeliana. Dura la risposta dell'Iran, da sempre sostenitore di Hezbollah, che è entrato nel conflitto e che, in diverse occasioni, ha lanciato centinaia missili contro i territori israeliani.

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La reazione iniziale di Israele

Ma partiamo dall’inizio. Subito dopo il massacro del 7 ottobre 2023, Israele dava il via ai bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Poi, da lì a poche settimane, iniziava anche l’offensiva di terra con combattimenti strada per strada, e incursioni dell'esercito israeliano nei tunnel usati da Hamas per muoversi all'interno della Striscia

La reazione iniziale di Israele

L’assedio di Gaza

L'assedio alla Striscia di Gaza ha avuto risvolti che hanno colpito soprattutto i civili: per 24 mesi hanno vissuto sotto ai bombardamenti e sono stati spesso costretti a spostamenti in diverse parti dell’area che già di per sé è molto densamente popolata. Nella Striscia ci sono carenza di acqua potabile e cibo e l'ingresso di aiuti umanitari internazionali è molto limitato. I numeri, ad oggi, parlano di oltre 60.000 morti, di cui oltre 18.000 bambini. 

 

Le immagini che arrivano da Gaza, e soprattutto da Gaza City, a due anni dall'inizio del conflitto, sono di un'area quasi completamente rasa al suolo. Dove prima c'erano edifici e un'ampia strada che costeggiava il lungomare, ora ci sono solo macerie.

 

A marzo 2025, un’inchiesta delle Nazioni Unite ha accusato Israele di aver compiuto “atti di genocidio” nella Striscia di Gaza attraverso la distruzione sistematica degli ospedali e delle strutture sanitarie. L’accusa è stata immediatamente respinta dallo Stato ebraico.

 

A giugno è stata poi creata la Gaza humanitarian foundation (Ghf), una fondazione sostenuta da Israele e Stati Uniti, per distribuire aiuti a Gaza. Ma la distribuzione è stata da subito accompagnata da scene di caos, con i soldati israeliani che hanno più volte aperto il fuoco contro la folla.

 

La situazione nella Striscia è andata aggravandosi soprattutto dal 16 settembre 2025, quando Israele ha dato il via a un nuovo attacco di terra, con i carri armati che sono entrati a Gaza City (LA DISPERAZIONE DEGLI SFOLLATI: VIDEO).

L’assedio di Gaza
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Il Libano ed Hezbollah

E poi c’è il Libano, con Hezbollah - il movimento sciita (letteralmente Partito di Dio) che domina il Sud del Paese - che già dall'8 ottobre 2023 lanciava missili verso Israele, in supporto all’offensiva di Hamas. La tensione al Nord di Israele, e cioè al confine proprio con il Libano, ha avuto diversi picchi di intensità, ma negli ultimi mesi del 2024, Israele ha deciso di concentrarsi sempre più su quest’area. La tensione è esplosa a fine luglio 2024, con la rappresaglia israeliana arrivata pochi giorni dopo il massacro di bambini drusi a Majdal Shams, nel Golan settentrionale. Israele, con un’esplosione, ha ucciso il numero due di Hezbollah, Ibrahim Aqil.

Il Libano ed Hezbollah

L'attacco con i cercapersone

Nel pomeriggio del 17 settembre 2024, poi, si sono registrate diverse esplosioni di ricetrasmittenti in Libano e Siria. A esplodere sono stati i cosiddetti ‘cercapersone’ utilizzati da membri di Hezbollah. Decine i morti e migliaia i feriti. Hezbollah ha detto da subito che dietro le esplosioni c'era "il nemico Israele". Da quel momento, altri raid israeliani si sono susseguiti sul Libano, Beirut compresa, con un'intensità crescente, un milione di persone sfollate e migliaia di vittime

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L'uccisione di Nasrallah e l'offensiva limitata di terra

Il 28 settembre 2024 un'altra svolta nel conflitto: Israele ha ucciso, con un attacco su Beirut, Hassan Nasrallah, leader libanese di Hezbollah. E due giorni dopo sono iniziate "operazioni terrestri limitate" in Libano da parte dell'esercito israeliano. I raid aerei sui quartieri generali dell’organizzazione militare, nel mentre, non sono mai cessati, con altri pesanti colpi inflitti ai vertici del "Partito di Dio"

L'uccisione di Nasrallah e l'offensiva limitata di terra

Il ruolo dell'Iran

Il legame tra Hezbollah e l’Iran è strettissimo e dura da decenni. Teheran da molto tempo fornisce armi ai combattenti libanesi e, anche da prima del 7 ottobre, più volte Israele aveva accusato gli iraniani di stare armando il gruppo con l'obiettivo di attaccare lo Stato ebraico. Non solo. C'è l'Iran al centro dell' “Asse della resistenza” cioè quell'alleanza tra Hezbollah, palestinesi, siriani e altri gruppi sostenuti da Teheran e contrari a Israele

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Gli attacchi iraniani contro Israele

Dopo il 7 ottobre, l'Iran ha giocato un ruolo sempre più centrale nella crescente tensione in Medio Oriente. Il 13 aprile 2024 ha attaccato Israele varcando di fatto una nuova soglia, con il lancio di oltre 300 fra missili e droni, direttamente dal suo territorio a quello di Israele, senza però provocare molti danni. La mossa iraniana è arrivata in risposta all’attacco dell’1 aprile, attribuito a Israele, contro l'ambasciata iraniana a Damasco, in cui sono stati uccisi diversi alti ufficiali dei Pasdaran.

 

Un nuovo attacco iraniano è poi andato in scena la sera dell'1 ottobre quando Teheran ha lanciato missili verso Israele (IL VIDEO), come vendetta per l’uccisione di vari esponenti di spicco dell'"Asse della resistenza". Non ci sono state vittime, ma l'Idf ha ammesso che alcuni missili hanno centrato alcune basi nel Paese, senza tuttavia causare gravi conseguenze

Gli attacchi iraniani contro Israele

La guerra dei 12 giorni contro l'Iran

Lo scorso 13 giugno, lo Stato ebraico aveva lanciato anche l'operazione "Leone Nascente" contro la Repubblica islamica, accusata di essersi avvicinata "a un punto di non ritorno" nello sviluppo di un'arma nucleare. Immediata la risposta di Teheran, con il lancio di razzi verso le città israeliane. Poi la discesa in campo degli Usa, il 22 giugno, con un attacco a tre siti nucleari in Iran e la successiva rappresaglia iraniana sulla base Usa di Al Udeid in Qatar. Dopo una difficile tregua, è arrivata la fine del conflitto che è stato ribattezzato come "la guerra dei 12 giorni".

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Il ruolo degli Usa (e di Trump)

Più volte il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, da gennaio 2025 al suo secondo mandato - non consecutivo - alla Casa Bianca, ha promesso che avrebbe posto fine al conflitto. Fin dallo scorso febbraio, ad appena un mese dal suo insediamento a Washington, il tycoon, senza mezzi termini, annunciava che gli Usa avrebbero preso "il controllo di Gaza", con un piano orientato alla gestione del territorio da parte di Washington a "lungo termine". Trump aveva parlato di una futura "riviera del Medio Oriente", scatenando critiche e polemiche.

 

Dopo diversi incontri con Netanyahu, il 29 settembre 2025 la Casa Bianca ha pubblicato un elenco di 20 punti per un accordo di pace. In primis, si legge, la Striscia "sarà una zona deradicalizzata e libera dal terrorismo che non rappresenterà una minaccia per i suoi vicini" che "sarà riqualificata a beneficio della popolazione di Gaza, che ha sofferto più che abbastanza". 

Il ruolo degli Usa (e di Trump)

La reazione di Hamas e le trattative

Hamas si è detto disponibile a trattare sui punti fissati da Washington. E, alla vigilia del secondo anniversario del 7 ottobre, lunedì 6, a Sharm el-Sheikh, sono iniziate le trattative. Un punto importantissimo è quello sullo scambio dei 48 ostaggi israeliani (di cui 20 ancora vivi) con prigionieri palestinesi.

 

La seconda fase - il disarmo di Hamas e la governance della Striscia - risulta più difficile. Ad ogni modo, Trump ha subito lanciato un monito ad Hamas: subirà una "distruzione completa" se si rifiuterà di cedere il potere e il controllo di Gaza. 

 

 

Per approfondire: Numeri e obiettivi del piano per l'occupazione di Gaza. Cosa sappiamo 

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Il sì di Israele e Hamas al piano Usa

Nella notte italiana tra l’8 e il 9 ottobre 2025, Trump dichiara: "Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura. Questo è un grande giorno”.

Tuttavia, funzionari Usa a conoscenza dei negoziati, citati da Abc News, hanno spiegato che l’accordo tra Israele e Hamas riguarda i primi passi di un quadro di pace a Gaza sostenuto dagli Stati Uniti ma non la totalità del piano in 20 punti presentato dalla Casa Bianca. I colloqui, hanno aggiunto le fonti, si sono concentrati quasi esclusivamente sui primi giorni e settimane dell'accordo: il ritiro parziale israeliano da Gaza e lo scambio di quasi 50 ostaggi tra vivi e morti con prigionieri palestinesi. Alcuni dei punti più difficili, come la governance di Gaza e il disarmo dei terroristi di Hamas, dovranno ancora essere negoziati in futuro.

Per approfondire: Rubio passa biglietto a Trump prima dell'annuncio. VIDEO

Le tensioni all'interno di Israele

Israele, intanto, non è mai stato così diviso al suo interno. Criticato a livello internazionale per le sue scelte, e soprattutto per la situazione creata a Gaza, il Paese sta vivendo una fase di grande instabilità.

 

Dal punto di vista politico, Netanyahu può sì contare sui suoi alleati di estrema destra, come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, che però hanno minacciato di abbandonare - e forse far crollare - il suo governo in caso di troppe concessioni per porre fine alla guerra. I due puntavano a un'annessione completa della Striscia, a cacciare i palestinesi e a ristabilire gli insediamenti ebraici.

 

Il premier israeliano ha dovuto anche fronteggiare molte critiche, soprattutto quelle legate agli ostaggi. Un esempio su tutti: alcuni dei familiari delle persone trattenute da Hamas hanno deciso di occupare in modo permanente la strada in cui risiede Netanyahu, in segno di protesta, accusandolo di non aver fatto abbastanza. In questi due anni, sul tema, manifestazioni e proteste sono andate in scena ciclicamente da Tel Aviv a Gerusalemme.

 

Anche nell'esercito si registrano tensioni. Ad agosto il governo ha annunciato la chiamata di 60.000 riservisti per gestire le operazioni a Gaza. Ma, poco dopo, centinaia di loro si sono radunati a Tel Aviv per annunciare che non continueranno a combattere in quella che considerano una "guerra illegale". L’esercito israeliano si aspettava molti nuovi arruolati, ma, secondo la stampa israeliana, a rispondere all’ultima chiamata dell’Idf è stato un numero esiguo di militari.

 

Per approfondire: Il ricordo del 7 ottobre nel kibbutz colpito da Hamas: VIDEO

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