Covid, le raccomandazioni dei pediatri: “Vaccinare i ragazzi”

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In Italia, tra i contagi e i decessi registrati per il Covid, si sono segnalati 26 morti e 638mila casi tra gli under 19. Per questo motivo e per aiutare “a ridurre la circolazione del virus, ma soprattutto il rischio di generare varianti potenzialmente più contagiose”, i pediatri hanno redatto un documento in cui si raccomanda la vaccinazione “per tutti i bambini e gli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni, privi di controindicazioni per gli specifici vaccini autorizzati per età”

L’opportunità di “implementare un’offerta vaccinale universale”, anche per la fascia pediatrica e adolescenziale, “aiuterà notevolmente a ridurre non solo la circolazione dello stesso virus, ma soprattutto il rischio di generare varianti potenzialmente più contagiose o capaci di ridurre l’efficacia degli stessi vaccini in uso”. È questo il parere degli esperi della Società Italiana di Pediatria (SIP) che, in un documento pubblicato online, hanno elencato una serie di raccomandazioni proprio a favore delle vaccinazioni in queste fasce d’età, soprattutto in riferimento a quella dai 12 anni in su. Inoltre, hanno spiegato i pediatri, “la tempestività del raggiungimento delle alte coperture vaccinali nelle fasce pediatriche ed adolescenziali permetterà anche di beneficiare di una prossima apertura dell’anno scolastico in sicurezza” (VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE).

I dati che riguardano il nostro Paese

A supporto del documento e sulla scorta dei dati dell'Istituto Superiore di Sanità, la SIP spiega che in Italia tra tutti i casi ed i decessi diagnosticati per Covid-19, con riferimento al 9 giugno 2021, “il 5,5% (231.338) con 11 decessi, riguarda la fascia di età 0-9 anni, mentre il 9,6% (406.460) con 15 decessi riguarda la fascia di età 10-19 anni”. In tutto, dunque, quasi 638 mila casi e 26 decessi: questo il bilancio della pandemia di Covid in Italia per i bambini e gli adolescenti. Su scala mondiale, sottolineano gli esperti, “questa popolazione ammonta a circa il 7% del totale dei casi confermati, con una distribuzione per classe d’età che aumenta progressivamente dall’età neonatale a quella adolescenziale, con la metà dei casi che si verifica in minori di età compresa tra 1 e 14 anni, mentre sono rari i casi nel primo anno di vita”. In particolare, segnalano i pediatri, sebbene la fascia pediatrica dai 12 anni in su risulti tra quelle meno colpite dal virus, “recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato in tale fascia di età la presenza di gravi complicanze renali o di complicanze multisistemiche, anche al di là della ben codificata MIS-C”, conseguenti ad un’infezione paucisintomatica o asintomatica da Sars-CoV-2, proprio come sta emergendo per gli adulti. A questo poi, va aggiunto che, in termini di sanità pubblica, la fascia di età 0-19 anni, “può fungere da serbatoio per la diffusione del virus nell'intera popolazione”, rilevano gli esperti. Ecco perché la vaccinazione diventa quanto mai importante e non solo limitatamente a pazienti pediatrici con malattie pregresse. La Società Italiana di Pediatria, infatti, “pur condividendo la priorità vaccinale per tali tipologie di categorie a rischio, non ritiene tale approccio valido ed efficace per contrastare l'attuale pandemia, che necessita piuttosto di un intervento vaccinale globale, in tutte le età e in tutti i Paesi del mondo”.

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Le raccomandazioni dei pediatri

Ecco, in conclusione, le 8 raccomandazioni che la Sip ha voluto diffondere sul tema. Innanzitutto, e in linea con le vigenti raccomandazioni ministeriali, gli esperti suggeriscono “la vaccinazione Covid-19 per tutti i bambini e gli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni privi di controindicazioni per gli specifici vaccini autorizzati per età”. Può essere utilizzato qualsiasi vaccino, “purché approvato da EMA e da AIFA”, in base a tempi e modalità di somministrazione previsti per le specifiche fasce di età. Il farmaco anti-Covid può essere iniettato “anche senza attenersi a specifici intervalli di tempo rispetto ai vaccini previsti dal vigente Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale”, se non quelli minimi e necessari per valutare possibili eventi avversi, ovvero 15 giorni. Se il paziente presenta una pregressa infezione da coronavirus, occorre “un intervallo di almeno 90 giorni tra la diagnosi di infezione o la somministrazione di eventuali anticorpi monoclonali e la prima somministrazione del vaccino”. Inoltre, non occorre prescrivere farmaci finalizzati alla prevenzione di eventuali eventi avversi post vaccino, ma è importante “guidare gli adolescenti e le loro famiglie verso un percorso vaccinale libero e consapevole”. Gli stessi genitori devo essere a conoscenza delle modalità per la gestione dei più frequenti segni e sintomi postvaccinici e a loro, come ai ragazzi, va sottolineato, “con forza, il valore del continuo e costante rispetto delle norme per il contenimento e la diffusione del virus”, anche dopo l’inoculazione e fino a quando non verranno formalizzate “specifiche indicazioni da parte degli enti regolatori nazionali”.

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