
Covid, vaccinazione eterologa dopo stop Astrazeneca per under 60: cosa dicono gli esperti
Il ministro della Salute Roberto Speranza rassicura sull'indicazione di utilizzare per il richiamo un vaccino diverso rispetto a quello della prima dose. Il Cts sottolinea che questa modalità è sicura e garantisce una risposta immunitaria anche migliore, oltre a essere giù utilizzata in alcuni Paesi. Diversi esperti giudicano positiva questa soluzione, mentre altri, pur sdoganandola, invitano comunque a fare approfondimenti
Dopo lo stop al vaccino AstraZeneca agli under 60, il ministro della Salute Roberto Speranza rassicura sull’indicazione a effettuare, per chi ha già avuto la prima dose del vaccino anglo-svedese, una vaccinazione eterologa, ovvero l'utilizzo di una seconda dose con un vaccino anti-Covid diverso rispetto a quello utilizzato per la prima somministrazione: è sicura e ci sono studi che dimostrano come possa dare una risposta immunitaria anche migliore. Ma gli esperti restano divisi tra chi giudica positiva tale soluzione e chi invita invece ad un approfondimento
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Il ministro Speranza ha sottolineato: "La vaccinazione eterologa è già utilizzata da Paesi importanti come la Germania da diverse settimane, ma anche in altre aree del mondo, e i risultati sono incoraggianti. Vi sono alcuni studi che testimoniano come la risposta immunitaria sia persino migliore di quella con due dosi dello stesso vaccino"
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È chiaro, ha sottolineato ancora Speranza, che "nel momento in cui, come è avvenuto, le autorità scientifiche del nostro Paese ribadiscono tutte insieme un'indicazione di questo tipo, io penso che come sempre dobbiamo affidarci agli scienziati"
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Il timore di fare il richiamo con un vaccino diverso è immotivato, ribadiscono all'agenzia Agi fonti vicine al Comitato tecnico scientifico. Al contrario, chi ha avuto la prima dose del vaccino AstraZeneca e farà la seconda con Pfizer o Moderna otterrà una copertura maggiore
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In un’intervista al Corriere della Sera, Fabio Ciciliano, segretario del Cts, sottolinea che non è la prima volta che si ricorre a una vaccinazione eterologa: è già accaduto con l’influenza e l'epatite B, ad esempio. E non è l'Italia la prima a orientarsi verso questa direzione. La combinazione di sieri diversi è già stata approvata, in seguito ad attente valutazioni, in Francia, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia e Regno Unito
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"Ormai gli studi sono inconfutabili" e gli esperimenti sul campo "stanno dimostrando la maggiore efficacia della vaccinazione eterologa", afferma il presidente dell'Aifa, Giorgio Palù. "Sono su centinaia di persone questo è vero", ma sono pubblicati in pre-print da diverse Università europee "e dimostrano che utilizzando due formulazioni diverse si stimola meglio il sistema immunitario perché si attiva sia l'immunità innata intrinseca che quella adattativa" e "anche quei timori che c'erano dei primi dati sulla maggior reattogenicità stanno tutti sparendo"
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“Uno studio inglese e uno spagnolo indicano che dopo AstraZeneca si può fare un vaccino a Rna messaggero, ottenendo un buon risultato dal punto di vista della risposta anticorpale”, ha dichiarato il professor Silvio Garattini dell’istituto Mario Negri di Milano, decano dei farmacologi italiani. "A livello di sicurezza non c’è problema. D’altra parte non ci sono ragioni teoriche per pensare che non si possano usare due vaccini diversi”

Rassicura anche Sergio Abrignani, immunologo dell'Università di Milano e membro del Cts. La vaccinazione eterologa, sostiene l'esperto, "non è una sperimentazione. Sappiamo che sono vaccini estremamente sicuri. Per tutti i lavori pubblicati all'estero con la combinazione dei due vaccini, sappiamo che sono sicuri e anzi migliorano la risposta immunitaria". Per questo, Abrignani definisce una "stupidaggine" parlare di cavie a fronte del ricorso a due dosi con vaccini diversi

Parla di una soluzione “ottimale” Guido Rasi, ex direttore generale dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema) e attualmente consulente del commissario per l'emergenza Francesco Paolo Figliuolo. In questo modo, spiega, “si tolgono elementi di rischio e si aggiungono elementi di flessibilità alla campagna vaccinale”. Da un punto di vista teorico dell'immunologia, sottolinea, “tale approccio è positivo, perché se il sistema immunitario riceve stimoli diversi per una stessa malattia, dunque da vaccini diversi, ci si aspetta che risponda in maniera ancora più efficace”

Favorevole a una seconda dose di un vaccino diverso rispetto alla prima anche Roberto Cauda, direttore dell'Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma: dovrebbe funzionare poichè “sia il Dna sia l'Rna utilizzati dai diversi vaccini sono tutti diretti verso la proteina Spike del virus. Quindi non c'è una particolare diversità e la sollecitazione della risposta anticorpale dovrebbe essere garantita anche dal 'mix', come indicano alcuni studi preliminari anche se va detto che non ci sono numerosi dati pubblicati”

“Ci sono dati ottenuti a Oxford che suggeriscono che i vaccini a Rna messaggero siano un po’ più efficaci nel dare produzione di anticorpi. Mentre i vaccini ad adenovirus come sono un po’ più efficaci nel dare una risposta dei direttori dell’orchestra immunologica, i linfociti T. Quindi c’è un razionale nel cercare di avere il meglio dei due mondi. Ma abbiamo pochi dati, ottenuti in Spagna e in Regno Unito. E noi abbiamo bisogno di dati per ragionare” ha spiegato Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano)

Diversa l'opinione del virologo dell'Università di Milano Fabrizio Pregliasco che, pur "sdoganando" la vaccinazione eterologa, sottolinea comunque la necessità di un atteggiamento di cautela. "Credo che questo mix si possa fare e diversi studi già presenti confermano ciò, ma è chiaro che si tratta di studi su numeri ridotti e che non valutano eventi avversi nel medio termine. Per questo, sono ancora necessari una serie di approfondimenti che formalizzino ufficialmente questa possibilità"

Alla luce della "scelta di precauzione che si è fatta rispetto al vaccino AstraZeneca, per minimizzare i sia pur minimi rischi esistenti - ha quindi ribadito Pregliasco - penso che la strategia del mix possa essere attuata, ma parallelamente vanno fatti degli approfondimenti"

Più scettico anche il professor Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell'Università di Padova: “Dal punto di vista della vaccinazione eterologa, non ci sono abbastanza i dati per dire che si possa fare. E senza i dati, io non mi vaccinerei. Dal punto di vista teorico non dovrebbero esserci problemi, ma senza trial, senza dati a supporto di questa cosa, non si può fare. Lo dobbiamo al cittadino”

“Forti dubbi” quelli espressi da Massimo Andreoni, direttore di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, “sull'opportunità di estendere la vaccinazione eterologa all'intera platea degli under-60 e penso che l'esigenza di mescolare i vaccini si ponga solo per i soggetti che alla prima vaccinazione con AZ abbiano avuto rilevanti disturbi neurologici

“È chiaro - precisa Andreoni - che si sta vivendo una situazione di particolare tensione e bisogna dare delle risposte tranquillizzanti alle persone. È però anche vero che i dati evidenziano come i rari episodi trombotici non siano rilevati dopo la seconda dose di AstraZeneca e bisogna tenere presente che la modifica della scheda vaccinale con un mescolamento di vaccini ha ad oggi una sperimentazione modestissima solo su pochi casi”