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Cesare Battisti: omicidi, condanne, la fuga, l'arresto in Bolivia e il ritorno in Italia

Mondo

L'ex terrorista deve scontare l'ergastolo per quattro omicidi in concorso avvenuti alla fine degli anni '70 in Italia. Nel 1981 era evaso dal carcere di Frosinone ed è fuggito all'estero. Arrestato in Bolivia è stato riportato in Italia nel gennaio 2019

Membro dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), condannato in contumacia in Italia all’ergastolo per quattro omicidi in concorso compiuti alla fine degli anni Settanta, la storia di Cesare Battisti è degna di un romanzo - fatto di arresti, evasioni, fughe ed estradizioni mancate - ambientato tra il nostro Paese, la Francia, il Messico e il Brasile. L’ultimo capitolo però ha la cornice della Bolivia, dove l’ex terrorista è stato arrestato il 12 gennaio 2019 (LE FOTO DELLA CATTURA - IL VIDEO DEL PEDINAMENTO - LE REAZIONI) dopo una lunga latitanza è stato rimandato direttamente in Italia per scontare la pena dell’ergastolo. Il 25 marzo 2019 arrivano le prime ammissioni e confessa quattro omicidi: "Ho fatto del male, chiedo scusa". (COME FUNZIONA L'ESTRADIZIONE E QUALI I TEMPI). Nel novembre 2019 la Cassazione ha respinto il suo ricorso per tramutare l'ergastolo in una pena diversa. Ecco la sua storia.

Cesare Battisti, chi è?

Cesare Battisti nasce nel 1954 a Cisterna di Latina, in una famiglia di contadini. A 18 anni viene arrestato per la prima volta per una rapina a Frascati, poi qualche mese dopo finisce ancora in manette per un sequestro di persona. Da un reato all’altro, Battisti nel 1977 è nel carcere di Udine per aver aggredito un sottufficiale dell’Esercito. In cella conosce Arrigo Cavallina, ideologo dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo). Una volta libero, Battisti inizia a partecipare a una serie di azioni di eversione dei Pac.

Cosa ha fatto

Battisti è stato condannato per aver preso parte o fornito “copertura armata” anche a quattro omicidi sul finire degli anni Settanta. Il 6 giugno 1978, Andrea Santoro è il primo a cadere sotto i colpi dei Pac. A 52 anni vive con la moglie e i tre figli, a Udine, dove è a capo con il grado di maresciallo del carcere di via Spalato. A sparare, secondo gli inquirenti, sono Battisti e una complice. Per i Pac quello è il battesimo del fuoco. Nel 1979, arrivano gli altri tre omicidi: due a Milano e uno vicino a Mestre. Il 16 febbraio, nel giro di poche ore, vengono uccisi nel capoluogo lombardo il gioielliere Pierluigi Torregiani e a Mestre il macellaio Lino Sabbadin. Le due vittime avevano in comune una cosa: in precedenza avevano sparato e ucciso un rapinatore. Per il delitto di Torregiani, Cesare Battisti è stato poi condannato in quanto mandante e ideatore. Due ore dopo il delitto Torregiani, alle 18 viene assassinato Lino Sabbadin. In questo secondo omicidio, Battisti viene accusato di aver fornito "copertura armata”. Il 19 aprile 1978, Andrea Campagna, agente della Digos milanese, viene ucciso con cinque colpi di pistola nella zona della Barona. Due telefonate al Secolo XIX e a Vita rivendicano l'omicidio a nome dei Proletari armati per il comunismo. Di questo delitto Battisti viene accusato di essere stato l'esecutore materiale.

La fuga in Francia e il periodo in Messico

Cesare Battisti viene arrestato nuovamente, ma stavolta per banda armata, nel 1979. Detenuto nel carcere di Frosinone, mentre è in corso l'istruttoria, il 4 ottobre 1981 riesce a evadere e a fuggire in Francia. Per un anno vive da clandestino a Parigi, dove conosce la sua futura moglie. Poi si trasferisce con la compagna in Messico dove nasce la sua prima figlia. Durante il soggiorno messicano, i giudici italiani lo condannano in contumacia all'ergastolo per quattro omicidi. Battisti torna a Parigi dove, nel frattempo, sono andate a vivere la moglie e la figlia. Nella capitale francese fa il portiere di uno stabile, ma frequenta una comunità di rifugiati italiani. Battisti inizia a scrivere romanzi noir. Resta in Francia fino al 2004, quando viene concessa l'estradizione. In agosto, però, Battisti fugge e torna latitante.

La cattura in Brasile e l’estradizione mai concessa

Per qualche anno non si hanno notizie di Battisti, fino a quando il 18 marzo 2007 viene arrestato in Brasile. L’ex esponente dei Pac, però, si rivolge allo Stato sudamericano e chiede lo status di rifugiato politico, che ottiene all’inizio del 2009, dopo una prima richiesta respinta a novembre 2008. La concessione dello status di rifugiato politico ha creato forti dissapori tra Italia e Brasile. Il Tribunale supremo federale (Stf) brasiliano, il 18 novembre 2009, dichiara illegittimo lo status di rifugiato politico concesso dal governo, ma la decisione definitiva spetta al presidente Lula da Silva che il 31 dicembre 2010, nell'ultimo giorno del suo mandato presidenziale, decide di non concedere l'estradizione (COME FUNZIONA).

La revoca dello status di rifugiato nel 2017

Nell’ottobre del 2017, il caso Battisti fa ancora discutere. L’ex terrorista viene arrestato all’inizio del mese mentre sta fuggendo in Bolivia dal Brasile, pochi giorni dopo che il presidente brasiliano Michel Temer si era espresso sull'estradizione in Italia. Lo stesso Temer, sempre a ottobre 2017, revoca lo status di rifugiato a Battisti e dà ordine di estradarlo in Italia. Ma l’ex terrorista fa ricorso ai giudici del Tribunale Supremo Federale che rinviano la decisione e concedono misure alternative agli arresti in carcere.

L'era Bolsonaro e l'arresto in Bolivia

Di Battisti si torna a parlare nell’ottobre 2018: Jair Bolsonaro, candidato di estrema destra a presidente del Paese, promette al ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini l’estradizione dell'ex terrorista. Dopo la vittoria alle presidenziali di Bolsonaro, alla fine di ottobre 2018, Cesare Battisti fa perdere le sue tracce, finché il suo legale non precisa: si è semplicemente spostato da Cananeia - dove risiede - a San Paolo, dove si è riunito con i suoi rappresentati legali. Due mesi dopo, nel dicembre 2018, il Brasile annuncia: "Cesare Battisti deve essere arrestato per evitare il pericolo di fuga in vista di un'eventuale estradizione". A ordinare l’arresto, con un provvedimento immediatamente esecutivo, è un magistrato del Supremo tribunale federale, lo stesso che nell'ottobre dell'anno precedente gli aveva concesso misure alternative al carcere. Il presidente uscente Temer firma il decreto, e Battisti sparisce. Il Brasile ammette che "potrebbe aver lasciato il Paese" e diffonde le foto di possibili travestimenti. Battisti risulta latitante fino alla cattura avvenuta in Bolivia il 12 gennaio 2019.

L'arrivo in Italia 

Il 14 gennaio 2019, l'ex terrorista dei Pac atterra allo scalo romano di Ciampino con un volo partito la sera precedente dalla Bolivia. Ad attenderlo i ministri Salvini e Bonafede. Successivamente viene portato nel carcere di Oristano, dove resta in isolamento. Battisti sconterà l'ergastolo senza benefici dopo le condanne per 4 omicidi negli anni '70. "Ora so che andrò in prigione", ha detto agli uomini dell'antiterrorismo una volta giunto nel suo Paese d'origine. Intanto, i pm di Milano aprono nuova inchiesta sulla rete di protezione, anche italiana, di Battisti. Si tratta di un'indagine “esplorativa”, senza ipotesi di reato né indagati. 

L'ammissione di quattro omicidi

Il 25 marzo 2019, poco più di due mesi dopo il suo arrivo in Italia, e dopo quasi 40 anni di latitanza, Cesare Battisti ammette per la prima volta, davanti al pm di Milano, la sua responsabilità dei quattro omicidi per cui è stato condannato (IL RACCONTO DEGLI AGENTI CHE LO HANNO CATTURATO). Tutto quello che è stato ricostruito nelle sentenze definitive sui Pac, "i 4 omicidi, i 3 ferimenti e una marea di rapine e furti per autofinanziamento, corrisponde al vero. Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari delle vittime". Queste le ammissioni dell'ex terrorista, che al magistrato ha spiegato: "Io parlo delle mie responsabilità, non farò i nomi di nessuno". Lo stesso Battisti, successivamente conferma di "non aver avuto alcuna copertura occulta" e rivela di essersi "avvalso della sue dichiarazioni di innocenza per ottenere appoggi dell'estrema sinistra in Francia, Messico e Brasile, e dello stesso Lula". 

Il ricorso respinto contro l'ergastolo

Battisti a marzo 2019 spiega agli inquirenti che nei 37 anni passati in latitanza è stato “aiutato da partiti, gruppi di intellettuali, soprattutto nel mondo editoriale, come sostegno ideologico e logistico”. I suoi legali chiedono di trasformare l’ergastolo in 30 anni (al netto della detenzione scontata sarebbero 20) perché la procedura di espulsione dalla Bolivia sarebbe stata illegittima e dovrebbe invece applicarsi l’estradizione dal Brasile. Ma la Procura si oppone: “Non è stata una procedura di estradizione ma di espulsione”. Per questo motivo non è valido l’accordo tra il nostro Paese e il Brasile. A maggio 2019 la Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato la pena definitiva dell'ergastolo per Battisti respingendo la richiesta della difesa di commutare la pena del carcere a vita in 30 anni. I legali dell’ex terrorista fanno ricorso in Cassazione ma il 19 novembre la Suprema corte ha dichiarato inammissibile la richiesta, confermando quindi l'ergastolo per Battisti. L'ex membro del Pac a gennaio 2020 cerca di ottenere un permesso dalle autorità italiane per parlare via Skype, dal carcere di massima sicurezza sardo, con il suo figlio brasiliano, un bambino di 6 anni avuto con l'ex compagna Priscila Luana Pereira. Il legale di Battisti, Davide Steccanella, attende una decisione in merito dopo aver presentato una richiesta.

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