Sud, la fuga di cervelli costa più di 4 miliardi: i dati

Economia
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Introduzione

Ogni anno 134mila studenti abbandonano il Meridione per scegliere università del Centro-Nord. È l'allarme lanciato dal report Censis-Confcooperative, che stima come questa fuga di cervelli faccia perdere al Sud oltre 4 miliardi di euro. Ecco tutti i dati

Quello che devi sapere

Un'emorragia di talenti

Delinea un quadro preoccupante l'ultimo report Censis-Confcooperative intitolato "Sud, la grande fuga" e dedicato all'emigrazione dei giovani dagli atenei del Sud a quelli del Nord. In cerca di maggiori prospettive lavorative, ogni anno 134mila studenti abbandonano il Meridione per scegliere università del Centro-nord, contribuendo a un immobilismo sociale e lavorativo che divide ancora di più l'Italia. Come evidenzia il rapporto, si tratta di una perdita non solo economica - stimata in oltre 4 miliardi di euro - ma anche e soprattutto culturale, che priva il Sud di una dirigenza qualificata.

 

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La fuga dei laureati

Inoltre, secondo il report, sono 36mila i laureati al Sud - tra il 2022 e il 2024 - che hanno scelto le regioni centro-settentrionali o l'estero come approdo lavorativo. Giovani ad alta qualificazione, formati con risorse del Meridione, valorizzano le proprie competenze lontano dai luoghi di nascita.

 

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I soldi evaporati dalle università

Dallo studio emerge inoltre che 157 milioni di euro sono evaporati dalle casse degli atenei meridionali. Risorse che si materializzano altrove, nelle università del Centro-Nord, dove rette più salate (2.066 euro contro i 1.173 del Sud) hanno fruttato 277 milioni di incassi. Il conto per le famiglie meridionali sono altri 120 milioni annui di differenziale: il Sud paga di più per vedere partire i propri figli.

 

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La (debole) contro-migrazione

Va detto comunque che 10mila giovani dal Centro-Nord si sono iscritti alle università del Sud e che invece di versare 21,1 milioni di rette alle università settentrionali, ne hanno pagati 12 a quelle del Mezzogiorno, ma è una contro-migrazione debole che non  compensa gli effetti economici e sociali della fuga dei giovani dal Sud.

 

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Come invertire la rotta?

"La strada per invertire la rotta esiste: investire in innovazione, formare in ambiti strategici, aprire finestre internazionali". A dirlo è il presidente di Confocooperative, Maurizio Gardini. "Il sistema dell'istruzione, dell'università e della ricerca è l'unica via per collocare il Mezzogiorno sulla frontiera tecnologica e restituirgli competitività, l'unica strada per non continuare a guardare quel treno partire senza ritorno", prosegue Gardini.

 

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Le città universitarie più ambite

Dalla ricerca emerge inoltre come Roma, Milano e Torino siano le città universitarie più ambite: Roma con 32.895 studenti che rappresentano il 16,4% sul totale degli iscritti nelle sedi universitarie della provincia; Milano con 19.090 studenti (pari al 10,1% sul totale); Torino con 16.840 studenti (pari al 15,7% sul  totale). Ogni laureato rappresenta un investimento di 112mila euro - pubblico e privato - dalle elementari fino alla pergamena. I 13mila partiti per l'estero equivalgono a 1,5 miliardi di euro bruciati. I 23mila trasferiti al Centro-nord pesano 2,6 miliardi; di qui gli oltre 4 miliardi di costo

 

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L'interazione con il territorio

"Per revertire questo trend negativo bisogna non solo potenziare le collaborazioni  degli atenei del Sud con quelli del Nord, ma anche favorirne le interazioni con i loro territori locali, attraverso progetti comuni di cross-contaminazione e linee di ricerca in grado di rispondere alle esigenze di formazione dei portatori di interesse locali", suggerisce Maria Pia Abbracchio, responsabile Università di Azione.

 

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Giovani italiani in fuga all'estero

Un altro recente dossier, intitolato “Giovani all’estero: tra opportunità di lavoro e voglia di crescita” e realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, ha analizzato più in generale la fuga di cervelli all'estero. Nel 2024, secondo i dati Istat diffusi ad aprile 2025, oltre 93mila giovani italiani tra i 18 e i 39 anni hanno trasferito la propria residenza all'estero segnando un incremento del 107,2% rispetto al 2014 (quando furono "solo" 45mila). Nello stesso anno, però, sono rientrati quasi 22mila giovani italiani, una cifra percentualmente in aumento rispetto al passato. Per questo motivo, secondo la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, il fenomeno di espatrio dei giovani italiani non può più essere letto solo in termini di "fuga di cervelli".

 

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Il ritorno in Italia

Secondo il dossier, i giovani italiani, infatti, partono per formarsi, crescere e sperimentare nuovi contesti professionali. La mobilità giovanile all’estero aumenta, ma è sempre più consapevole, progettuale e spesso temporanea. Due giovani su tre, infatti, considerano possibile un ritorno in Italia, a patto che si creino condizioni più favorevoli: non solo salari più competitivi (91,5%), ma anche valorizzazione del merito (78%), reali opportunità di crescita professionale (71,2%) e una maggiore cultura manageriale nelle imprese (42,9%).

 

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Perché i giovani italiani espatriano?

Solo il 26,5% dei giovani intervistati nel dossier della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha indicato la mancanza di lavoro in Italia come motivo principale della partenza. Più spesso a motivare la scelta sono il desiderio di fare un’esperienza diversa (40,5%), la disponibilità di una buona opportunità (22,5%) e la volontà di arricchire il proprio curriculum in chiave internazionale (18,5%). Un fenomeno trasversale che interessa tutto il territorio nazionale - dal Nord al Sud - e che riflette l’evoluzione di una generazione sempre più orientata verso carriere globali.

 

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