A che punto siamo con la lotta alla disoccupazione giovanile in Europa?

Qualche anno fa l’Unione europea si è data un obiettivo preciso: portare la quota di NEET tra i 15 e i 29 anni sotto il 9% entro il 2030. I NEET, acronimo inglese di “Not in Education, Employment, or Training”, sono le persone che non lavorano, né sono inserite in percorsi di istruzione o formazione. Una condizione che non ha effetti negativi solo sui singoli, causando perdite di competenze e aumentando il rischio di ottenere minori redditi in futuri, ma anche sulla società nel suo complesso, poiché alte percentuali di NEET influiscono negativamente sulla crescita economica e sull’aumento delle disuguaglianze. Per contrastare questo fenomeno, l’Ue e suoi Paesi membri hanno messo in campo provvedimenti legislativi con l’obiettivo di diminuire l’abbandono scolastico e favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro – uno di questi è il cosiddetto “Garanzia giovani”. Più disoccupati al sud e nell'est europa Nel 2024 la percentuale media di NEET nell’Ue ammontava all’11%, quindi ancora sopra il target. Uno sguardo più approfondito rivela tuttavia forti differenze a livello nazionale: nove Paesi hanno già centrato o superato il traguardo, altri cinque registrano una percentuale tra il 9 e il 10% e sono dunque molto vicini a raggiungerlo, mentre i restanti tredici sono ancora più o meno distanti. Generalmente, i tassi più alti si registrano nei Paesi dell’Europa orientale e meridionale, con Grecia , Lituania , Italia e Romania tutti sopra quota 14%. La distanza tra alcuni Paesi è dunque marcata: in Romania la percentuale di giovani NEET è quattro volte quella dei Paesi Bassi, il paese che registra la percentuale più bassa a livello europeo . Nel decennio 2014-2024, tuttavia, la situazione complessiva è nettamente migliorata. Nell’Unione europea, in media, la percentuale di NEET è diminuita di 4,7 punti; i migliori progressi si sono registrati in Grecia , Bulgaria , Croazia , Italia e Irlanda . Fanno eccezione solo Lituania e Lussemburgo, dove i tassi sono saliti rispettivamente di 1,8 e 3,4 punti percentuali, e la Danimarca, dove la percentuale è rimasta stabile. Ciò dimostra che le misure messe in campo dall’Unione europea hanno avuto fin qui un effetto positivo, soprattutto se contiamo che nel decennio precedente – tra il 2004 e il 2014 – senza alcun intervento la media Ue era rimasta invariata. Stringendo lo sguardo sulle regioni, notiamo che il divario non sussiste solo tra Paesi, ma anche al loro interno, e in particolare per quanto riguarda l’Italia. Nel nostro Paese ci sono regioni come le province autonome di Trento e Bolzano e il Veneto che hanno già raggiunto l’obiettivo europeo del 9%, mentre altre come la Calabria, la Sicilia e la Campania che registrano percentuali addirittura più alte rispetto alla Romania. Le tre regioni del sud sono infatti fanalino di coda non solo a livello nazionale, ma anche europeo, piazzandosi rispettivamente al terzultimo, quartultima e sestultimo posto tra le regioni dei Paesi Ue con i tassi più alti di giovani NEET.

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A che punto siamo con la lotta alla disoccupazione giovanile in Europa?

Gianluca De Feo