Studio svela legame fibrosi cistica-infezione Sars-Cov-2
Esiste un legame tra fibrosi cistica e l'infezione del virus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia di Covid 19. A metterlo in luce è uno studio - pubblicato su Nature Communications - che vede coinvolta anche l'Università di Ferrara secondo cui, fanno sapere dall'ateneo estense in una nota, "il prodotto del gene Cftr, la cui mutazione causa la fibrosi cistica, regola l'ingresso del virus nelle cellule umane". La scoperta, viene sottolineato, spiega "il motivo per cui le persone che soffrono di fibrosi cistica siano di fatto 'protette' dall'infezione che causa la Covid19, oltre ad offrire importanti spunti per lo sviluppo di nuove terapie contro il virus". La ricerca è stata coordinata da Marco Cipolli e Valentino Bezzerri del Centro Fibrosi Cistica dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e ha coinvolto numerosi ricercatrici e ricercatori dell'Università di Ferrara. "Lo studio" - argomentano Cipolli e Bezzerri - "ha preso spunto dalla nostra sorprendente osservazione che i pazienti con fibrosi cistica, che producono livelli bassi o alterati della proteina Cftr funzionalmente carente, sono protetti contro l'infezione da Sars-Cov-2. Con questo studio siamo riusciti a dimostrare qual è il meccanismo molecolare da cui dipende tale fenomeno" In particolare, aggiunge Bezzeri, "abbiamo scoperto che la proteina chiave della fibrosi cistica, Cftr, è co-localizzata con il recettore-Ace2, responsabile dell'entrata di Sars-Cov-2 nelle cellule. Abbiamo dunque dimostrato come il gene Cftr regoli l'espressione e la localizzazione del recettore del virus Sars-Cov-2". Quindi, sottolineano i ricercatori ferraresi , Alessandro Rimessi e Paolo Pinton, autori delle analisi di microscopia a fluorescenza, "se il gene Cftr è espresso a bassi livelli o difettivo nella sua funzione, la localizzazione del recettore Ace2 viene completamente alterata" e questo concludono altre due ricercatrici, Valentina Gentili e Roberta Rizzo, "comporta un'inibizione dell'entrata di Sars-Cov-2 nelle cellule e una pesante interferenza con la replicazione del virus. Questi risultati suggeriscono un possibile ruolo per inibitori di Cftr come potenziali antivirali" Ed è questo il caso, concludono i ricercatori Alessia Finotti, Chiara Papi, Monica Borgatti e Roberto Gambari, "di una molecola che 'mima' l'attività del microRNAa miR-145-5p, la cui capacità di reprimere l'espressione del gene Cftr era stata dimostrata da studi pregressi di Unife finanziati dalla Fondazione Fibrosi Cistica".