House of the Dragon, un esordio potente ed emozionante. Trama e recensione dell'episodio 1

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Gabriele Lippi

Il ritorno a Westeros comincia con un prologo e la voce narrante di Emma D'Arcy, per poi precipitare lo spettatore da subito dentro l'azione e le trame di corte. Un esordio decisamente convincente sotto ogni profilo. L'episodio, in onda il 22 agosto alle 3 del mattino in contemporanea con gli USA su Sky Atlantic, è disponibile on demand su Sky e in streaming su NOW

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House of the Dragon, episodio 1: la trama

Nell’anno 101 A.C., re Jaehaerys è in là con gli anni e senza eredi. Per questo convoca il Grande Concilio perché scelga tra i pretendenti al trono della sua stirpe. I due candidati più forti sono la principessa Rhaneys, la discendente più anziana del re, e il principe Viserys, il cugino. La scelta ricade sul secondo, perché la prima è una donna, e non c’è mai stata una regina sul trono di spade.

Nel nono anno del regno di Viserys I, 172 anni prima della nascita di Daenerys Targaryen, il Re ha già una giovane figlia adolescente, Rhaenyra, e attende un altro figlio dalla moglie Aemma. Per celebrare l’arrivo del nascituro, che il Re spera essere un maschio per poter sistemare la questione dell’erede, viene indetto un grande torneo a cui parteciperanno i signori delle casate di tutto il regno. Le tensioni però iniziano a montare, con tre città libere che si sono alleate e, soprattutto, con le mosse di Daemon, fratello di Viserys e comandante della Guardia Cittadina.

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Daemon, che su consiglio del Primo Cavaliere del Re Otto Hightower è stato destituito prima dalla carica di Maestro delle Leggi e poi da quella di Maestro del Conio, ha fondato un nuovo corpo, le Cappe Dorate, con cui intende imporre l’ordine ad Approdo del Re usando violenza e terrore, massacrando con esecuzioni sommarie presunti delinquenti per farne un esempio. Le azioni di Daemon dividono il Concilio Ristretto tra chi, come Lord Corlys Velaryon, marito di Rhaenys, lo sostiene, e chi, come Otto Hightower, vi si oppone. Daemon è inoltre spesso assente, si fa vedere poco a corte, preferisce frequentare i bordelli e nutre una segreta ambizione per il Trono di Spade. Solo la nipote Rhaenyra sembra avere un buon ascendente su di lui.

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Rhaenyra intanto non sembra aver alcun interesse a diventare erede al Trono di Spade. Consapevole del suo destino, preferisce cavalcare il suo drago Syrax e passare le giornate con Alicent Hightower, figlia di Otto e sua grande amica. Il Re, affetto da una piaga di origine ignota che non permette alle ferite di rimarginarsi correttamente, attende la nascita del figlio, sempre più sicuro che si tratterà di un maschio, e organizza il torneo. Proprio all’avvio dei Giochi, la Regina Aemma entra in travaglio.

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Mentre il torneo prosegue e Daemon sconfigge un avversario dopo l’altro, compreso Gwayne Hightwoer, figlio di Otto, prima di venir sconfitto dal dorniano sir Criston Cole, il parto si fa sempre più complicato. Il bambino, infatti, mostra i piedi e non c’è modo di rigirarlo. L’unica soluzione proposta a Re Viserys è quella di tagliare il ventre di Aemma per salvare la vita al figlio, in cambio di quella della moglie. Viserys compie la difficile scelta, vede Aemma morire dissanguata tra le sue braccia e di lì a poco perde pure il figlio ed erede. Al funerale è Rhaenyra, sconvolta dal dolore, a dare al drago il comando per incenerire le due salme: dracarys.

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La questione della successione si riapre. Il Concilio Ristretto si divide. Daemon sarebbe l’erede più scontato, secondo la tradizione, ma rimane inviso a molti membri della corte. Viserys continua a difenderlo, ma si fa largo la possibilità di nominare erede Rhaenyra. Sarebbe la prima volta di una donna sul Trono di Spade e non tutti i membri del Concilio sono d’accordo. Corlys prova addirittura a riproporre il nome di sua moglie, Rhaenys, la Regina che non lo fu mai, ma l’ipotesi viene immediatamente scartata.

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Mentre Re Viserys, in lutto, riceve il conforto di Alicent Hightower, invitata dal padre Otto a recarsi nelle camere del sovrano per consolarlo, Daemon organizza una festa in un bordello con i membri della Guardia Cittadina. Durante questa festa tiene un discorso in cui parla da erede al Trono di Spade e chiama il figlio morto di Viserys “Erede per un giorno”. La voce però circola, Otto Hightower la riferisce al Re, che fa convocare il fratello e infuriato gli chiede conto di quelle sue parole. Daemon prova a difendersi dicendo che ognuno esprime il lutto a modo suo, ma Daemon non ne vuole sapere, lo bandisce dalla corte e nomina Rhaenyra sua erede. I signori delle casate del Regno giurano fedeltà a Viserys e alla sua erede designata.

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Il tanto atteso giorno del ritorno a Westeros è arrivato. Tre anni dopo l’ultimo episodio di Il Trono di Spade, HBO e Sky, in contemporanea, hanno mandato in onda la prima puntata di House of the Dragon, prequel dedicato alle vicende della casata dei Targaryen. E dopo averlo visto non si può dire non sia valsa la pena dell'attesa, che ogni preoccupazione è dissipata, che questo inizio sembra promettere esattamente la serie che aspettavamo e speravamo di vedere.

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House of the Dragon parte forte da subito, la voce narrante di Emma D’Arcy ci introduce nel contesto con un prologo parlato puntuale e funzionale, l’origine della caduta della Casata dei draghi, il seme di una dinastia che cospira contro sé stessa. Il ritorno ad Approdo del Re è confortante per i fan, con quella fotografia calda che aveva caratterizzato l’ambientazione anche in Game of Thrones. Tra le due serie c’è continuità nella narrazione così come nell’aspetto visivo. E nel coraggio. House of the Dragon è una serie che non ha paura di mostrare i muscoli fin dall’inizio, con una quantità di sesso e violenza che non sembra patire edulcorazioni di alcun genere.

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Il primo episodio ci introduce personaggi e contesto, ma lo fa attraverso l’azione e gli intrighi di corte che erano stati tipici già della prima serie HBO tratta dai romanzi di George R.R. Martin. Rispetto all’inizio della serie originale, il salto di qualità produttivo è evidente, la differenza di budget si percepisce tutta, e non solo per la presenza di enormi draghi animati in cgi fin dalla seconda scena (quasi una dichiarazione di intenti allo spettatore, un manifesto implicito delle volontà degli showrunner, una promessa di spettacolarità). Convincono le scene d’azione, come i combattimenti del torneo, convincono costumi e scenografie.

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Poi ci sono i personaggi e gli interpreti. Caratterizzati benissimo i primi, capaci di interpretazioni di alto livello fin da subito i secondi. Il Viserys di Paddy Considine è un re che prova a giocare la carta della diplomazia e della morbidità, per scelta più che per debolezza, ma che per questo rischia di finire vittima delle macchinazioni di corte. Il Daemon di Matt Smith è spietato, in lui sembra scorrere realmente il gene della follia Targaryen. La Rhaenyra di Milly Alcock è una giovane donna che sembra volersi accontentare di un posto nel mondo non all’altezza del suo potenziale. Olivia Cooke dipinge innocenza sul volto della sua Alicent, Rhys Ifans dà saggezza e profondità a quello di Otto Hightower.

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In poco più di un’ora, il primo episodio offre picchi emotivi notevoli per i fan, come la scena in cui per la prima volta viene pronunciata la parola “dracarys” o la conversazione in cui Viserys racconta alla figlia Rhaenyra la profezia che sarà poi al centro delle vicende de Il Trono di Spade. Ma House of the Dragon non è un inside joke, un prodotto riservato al club di chi ha visto Game of Thrones. È una serie che sta in piedi in maniera autonoma, perfetto starting point anche per un pubblico nuovo. Include, non esclude, presenta tematiche rilevanti (la questione di genere su tutte) in maniera naturale e avvincente. E se il buon giorno si vede dal mattino, ci aspettano ancora tante ore di altissima tv.

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