Si è trattato della più grande interruzione della storia che ha interessato più di 190 Paesi nel mondo. Ora, come emerso nella dichiarazione congiunta del direttore Regionale per l'Europa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Hans Kluge e del ministro della Salute, Roberto Speranza, al termine di un summit con 53 Paesi, l’obiettivo è la riapertura in totale sicurezza per evitare “effetti gravi in termini di istruzione e di salute”
La diffusione dell’epidemia del nuovo coronavirus ha contribuito a creare “la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia, colpendo quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 Paesi e la nostra regione non fa eccezione". Sono state queste le parole contenute nella dichiarazione congiunta del direttore Regionale per l'Europa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Hans Kluge e del ministro della Salute, Roberto Speranza, al termine del summit con 53 Paesi che si è svolto proprio in data odierna.
Evitare “effetti gravi su istruzione e salute”
La chiusura delle scuole in piena emergenza, è emerso dalla dichiarazione, "è stata vitale". Ora, obiettivo primario è quello di determinare la riapertura degli Istituti in "modo sicuro" anche in virtù del fatto che lo stop delle scuole potrebbe provocare effetti gravi in termini di istruzione e di salute, inclusa quella mentale, lo sviluppo sociale e il rischio eventuale di trovarsi in un ambiente familiare violento. E si tratterebbe dell'impatto più pesante possibile soprattutto per quei bambini che vivono in situazioni vulnerabili e di indigenza. “Diritto alla salute e diritto all’istruzione devono camminare insieme. Oggi, in rappresentanza dell’Italia, ho promosso con l’Oms una conferenza sulla riapertura delle scuole in sicurezza. Questa è la vera priorità delle prossime settimane in tutti i Paesi del mondo”, ha twittato invece il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla sua pagina ufficiale.
Alcuni temi del summit
Una "coalizione tra i nostri Stati membri per informare delle nostre azioni e andare avanti congiuntamente per attuare le migliori misure possibili sull'offerta di un'istruzione scolastica sicura per tutti". Questo il primo punto degli impegni sottoscritti nella dichiarazione congiunta tra Oms e i 53 Paesi. Le nazioni europee si sono impegnate poi a condividere una serie di dati per raccogliere più informazioni sull'impatto del Covid-19 sui bambini, le loro famiglie e le comunità in funzione delle politiche future. "Non possiamo lasciare che i bambini diventino le vittime nascoste di questa pandemia", hanno detto gli esperti.
Come ridurre il rischio di contagio in classe
Dal summit sono emerse quattro misure chiave utili per favorire la riduzione del rischio negli ambienti scolastici, a partire dalle norme di igiene base, passando al distanziamento, a politiche specifiche per bambini a rischio con esigenze di apprendimento o condizioni di salute speciali, fino a regole per docenti in condizioni di salute particolari, vulnerabili alle infezioni più gravi. In particolare, si legge nella dichiarazione, "è realistico preparare e pianificare la disponibilità dell' apprendimento online per integrare l'apprendimento scolastico nel prossimo anno scolastico". Si tratta di una misura "necessaria in caso di chiusure temporanee, o durante la quarantena episodica, o a integrazione per l'apprendimento scolastico in circostanze in cui i bambini alternano la presenza scolastica per rispettare le esigenze di allontanamento fisico nelle aule più piccole", hanno spiegato gli esperti.
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Il ritorno a scuola in Europa
Intanto, proprio in Europa, le scuole si stanno apprestando alle riaperture, dalla Francia passando per l'Inghilterra e la Spagna. Il ritorno tra i banchi degli studenti avverrà con regole diverse da nazione a nazione. Se Parigi, ad esempio, imporrà le mascherine in ogni circostanza per alunni e insegnanti, nel Regno Unito il dispositivo di protezione individuale potrà essere utilizzato a discrezione degli istituti in situazioni in cui non si possano mantenere le distanze. In Italia, il dibattito sulla mascherina in classe ha già diviso la comunità scientifica. Dopo Massimo Galli, responsabile del reparto Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, secondo cui sei ore in classe con la mascherina rappresentano “un’utopia”, anche Luca Richeldi, direttore dell'Uoc di Pneumologia del Policlinico Gemelli Irccs di Roma e membro del Comitato Tecnico Scientifico, ha appoggiato la tesi “Non è realistico pensare che gli studenti indosseranno sempre la mascherina”, ha dichiarato nel corso di un intervento ad Agorà Estate, su Rai 3. “Bisogna trovare una misura di buon senso. Per esempio, si potrebbe pensare di farla indossare ai ragazzi quando non sono seduti e possono arrivare a una distanza attraverso la quale potrebbe essere trasmissibile il virus. Però è un tema ancora aperto a livello mondiale, non solo da noi”, ha aggiunto il presidente della Società italiana di Pneumologia (Sip).