Scontri al G8 di Genova, l'ex sindaco Pericu: "Serviva una commissione d'inchiesta". VIDEO

Cronaca

Anna Chieregato

"Non abbiamo mai saputo come siano potuti arrivare i black bloc e come siano state prese alcune decisioni sull'ordine pubblico", spiega l'allora primo cittadino del capoluogo ligure, ripercorrendo a piedi i luoghi delle manifestazioni, della zona rossa e degli scontri

"Perché non c'è stata una commissione parlamentare d'inchiesta sul G8 del 2001?".

Se lo chiede ancora oggi, vent'anni più tardi, l'allora sindaco diessino di Genova, Giuseppe Pericu. "Non abbiamo mai saputo come siano potuti arrivare i black bloc e come siano state prese alcune decisioni sull'ordine pubblico". Un lungo racconto a Sky TG24, ripercorrendo a piedi i luoghi delle manifestazioni, della zona rossa e degli scontri (LO SPECIALE - IL LONGFORM). Parole e ricordi scorrono veloci.

"Nessuno ha capito quello che sarebbe accaduto"

"Quella Genova, fino al 2001 fuori dalle carte geografiche, improvvisamente balza sulle prima pagine di tutto il mondo", spiega il professor Pericu nel piazzale della stazione Brignole. Parla della città letteralmente blindata con cancellate nel centro storico e container piazzati nelle strade per spezzare il percorso dei cortei della più grande manifestazione no-global della storia: 300mila le persone in piazza. "No, nessuno ha capito quello che sarebbe accaduto - racconta -. C'erano stati campanelli d'allarme a Seattle, a Nizza, a Napoli e a Göteborg il mese prima dei fatti di Genova. I servizi segreti avevano inviato un documento alla Questura già in primavera, nel quale si prevedeva l'arrivo di 100mila persone in città per la protesta contro il G8. E si costituì un coordinamento per la sicurezza. C'erano agenti segreti di sette Paesi. E alla vigilia del vertice dei Grandi a Palazzo Ducale, mi è arrivata una lettera intimidatoria contenente due proiettili 38 Special".

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"Mi ritrovai in una Genova estranea"

Cala il silenzio mentre attraversa il centro città in un pomeriggio di luglio afoso come vent'anni prima. "Qui non c'erano auto nei giorni del G8", indica Pericu guardando il traffico delle sei di sera. "Genova avrebbe solo dovuto ospitare il G8 - spiega -. Si parlava addirittura di evento glamour. Si parlava di cocktail, ma nessuno ci diceva come dovevano essere organizzate le manifestazioni. Circolava addirittura voce che non ci sarebbero dovute essere. Il Comune nel frattempo lavorava per abbellire la città da via Garibaldi a piazza De Ferrari. Ma Berlusconi di fatto ci escluse. Non sapevo delle grate, non sapevo dei container in piazza della Vittoria per sbarrare l'ingresso dei manifestanti nella zona rossa e mi sono sentito come il padrone di casa a cui spostano i mobili. Mi trovai in una Genova estranea. Da un lato deserta e dall'altra le devastazioni" (LE PAROLE CHIAVE DI QUEL G8).

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"Chirac unico a scusarsi per quanto accaduto"

Un'altra pausa mentre rallenta la camminata, lo sguardo fisso laddove c'era la zona rossa, poco prima di arrivare a Palazzo Ducale che fu sede del vertice dei capi di Stato e di governo. C'era il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi. C'erano il presidente degli Stati Uniti George W. Bush e il primo ministro inglese Tony Blair, il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, il presidente russo Vladimir Putin. "E il presidente francese Jacques Chirac, l'unico a scusarsi con Genova per quanto accaduto", ricorda Pericu.

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Gli errori nell'organizzazione

"La decisione, in sostanza, fu tutta di Roma, e del nuovo governo Berlusconi che cambiò anche molti aspetti dell'organizzazione del G8, alla quale le autorità locali si erano dedicate. E la sensazione fu che la stragrande parte delle forze di polizia fosse impegnata a proteggere la zona rossa da supposti assedianti, e non ci fosse una presenza che noi ritenevamo essenziale nelle altre parti della città".

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L'assedio alla zona rossa

In piazza Dante poi Pericu racconta del 20 luglio 2001. È un flashback. Proprio qui, in maniche di camicia, con il megafono in mano, davanti al leader no-global Vittorio Agnoletto, il sindaco aveva chiesto ai dimostranti di non sfondare la zona rossa per evitare uno scontro che avrebbe provocato una tragedia. "Una giornata, quella di venerdì, in cui si svolge l'assedio alla zona rossa, una minaccia di superamento più virtuale che reale - sottolinea l'ex sindaco di Genova -. Non c'era alcun mezzo che potesse superare la blindatura. Si constatò che la zona rossa era assolutamente impenetrabile e che il vertice si poteva svolgere nella massima sicurezza possibile".

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Situazione di tutt'altro segno, invece, nel resto della città, dove erano all'opera i black bloc: "Chiesi a esponenti del Genoa Social Forum - riferisce Pericu - di rinunciare all'assedio perché le forze dell'ordine potessero intervenire dove erano in atto i danneggiamenti. L'assedio fu tolto. Sembrava tutto finito lì quel pomeriggio, ma mentre mi avviavo verso palazzo Tursi venni convocato in Prefettura - racconta - e mi dissero che in piazza Alimonda avevano sparato a un ragazzo, Carlo Giuliani. Ricordo il dolore profondo del presidente Ciampi. Genova non sarebbe mai più stata come prima". Il G8 svoltò e da evento di grande confronto internazionale divenne uno dei momenti di maggiore tensione in una città che ospitava i leader mondiali.

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"Nessuna commissione d'inchiesta: un errore"

Genova sanguinava. Pericu rivendicava verità e giustizia, mentre le gru raccoglievano vetri e macerie delle distruzioni e le cancellate della zona rossa. Vent'anni dopo ha lo stesso tono e la stessa forza nel denunciare i vuoti di democrazia di fronte al "No" alla commissione d'inchiesta parlamentare: "Ed è stato un grandissimo errore. Un'inchiesta parlamentare avrebbe potuto fare luce sul perché il governo aveva costruito in quel modo il piano di presidio della città, come aveva funzionato la rete di prevenzione per fermare i più violenti, prima che arrivassero in città. I giudici del Parlamento avrebbero potuto verificare se veramente l'obiettivo politico era che il vertice andasse a buon fine". 

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Gli stessi dubbi dopo vent'anni

Vent'anni dopo rimangono gli stessi interrogativi di allora. "Perché non c'era mai stata una verifica sulla reale conoscenza dei movimenti eversivi terroristici e anche di no-global estremisti che potevano prendere Genova come pretesto per le loro azioni criminose? Chi ne è responsabile? Chi aveva deciso la tattica di preparazione per contrastare le azioni di sabotaggio? Perché quei container messi nelle strade di cui neppure io che ero il sindaco sapevo nulla? Per esempio, sapevamo bene invece che nello stadio Carlini c'erano delle cellule eversive pronte a colpire la città e lo avevamo segnalato senza che fosse fatto nulla. Durante il vertice era emersa la non conoscenza investigativa dei black bloc. Eppure venivamo da Göteborg. Perché non li contrastarono efficacemente?". Dopo il G8 arrivarono 7 milioni e mezzo di euro per risarcire i danni della città devastata. Ma la morte di un ragazzo di 23 anni, la violenta repressione delle forze dell'ordine, la vergogna della Diaz e di Bolzaneto restano una ferita aperta. Il punto più buio.

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