Numerosi processi negli anni successivi al G8 di Genova del 2001 portarono nelle aule dei tribunali i fatti accaduti in quei giorni di luglio, dalla morte di Carlo Giuliani alle violenze avvenute alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. A 20 anni di distanza, e a processi ormai conclusi, la "pacificazione" però sembra ancora lontana, forse anche a causa di una giustizia che non è stata in grado di dare risposte
Anni di indagini, decine di udienze, e una verità processuale rimasta monca. Tanto che a 20 anni di distanza dai fatti del G8 di Genova del 2001 la "pacificazione" sembra ancora lontana (IL RACCONTO - LO SPECIALE - IL LONGFORM).
Carlo Giuliani e i manifestanti
Carlo Giuliani aveva 23 anni quando viene ucciso da un colpo di pistola esploso da Mario Placanica, carabiniere giovanissimo anche lui. Accusato di omicidio, viene prosciolto durante l'udienza preliminare. La sua posizione archiviata per legittima difesa, così come chiesto dal pm. Nessun processo verrà mai celebrato. In quegli stessi giorni oltre 300 manifestanti vengono arrestati per devastazione, saccheggio e resistenza. La maggior parte di loro viene rilasciata nel giro di poche ore. Vanno a processo in 25, le condanne diventano definitive per 10 di loro, per un totale di circa 100 anni di carcere.
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I processi per la "macelleria messicana"
Finisce davanti ai giudici anche la cosiddetta "macelleria messicana" avvenuta all'interno della scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto, quella a cui Amnesty International si riferisce parlando della "più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale". Tra una miriade di 'non ricordo' e di contraddizioni, si celebrano due processi paralleli che portano in aula le violenze avvenute la sera del 21 luglio durante l'irruzione all'interno della Diaz, e poi continuate nella caserma di Bolzaneto approntata come centro di identificazione dei fermati, e dove si stima che nei giorni delle manifestazioni transitarono circa 300 persone.
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La Diaz e la prescrizione
Dei 346 poliziotti che fecero irruzione alla scuola Diaz, mentre 149 carabinieri circondavano l'istituto, vanno a giudizio in 28. La gran parte di coloro che parteciparono alle violenze fisiche e psicologiche non è mai stata identificata. Il 5 luglio 2012 la Corte di Cassazione conferma in via definitiva solo la condanna per falso aggravato per 25 poliziotti presenti al blitz, compresi diversi alti funzionari del Viminale poi decaduti dai loro incarichi a causa dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Nessuno viene condannato per lesioni gravi, il reato è ormai prescritto. Durante quell'irruzione vengono arrestate 93 persone, tutte posizioni poi archiviate. I feriti furono 61, tre dei quali in prognosi riservata e uno in coma. Il reato di tortura non fu contestato a nessuno perché non esisteva. Entrerà nell'ordinamento italiano solo nel 2017 (STRASBURGO: I RICORSI DEI POLIZIOTTI DELLA DIAZ SONO "INAMMISSIBILI").
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I 120 capi d'imputazione per Bolzaneto
Finiscono a processo anche 45 imputati per un totale di 120 capi d'imputazione, accusati delle violenze avvenute all'interno della caserma di Bolzaneto, dove i fermati venivano accolti con un "Benvenuti ad Auschwitz", ricostruiranno i magistrati. Il 14 giugno 2013 la Cassazione emette 7 condanne e 4 assoluzioni. Per tutti gli altri imputati i reati vengono dichiarati estinti per prescrizione. Negli anni successivi la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo condanna lo Stato italiano per ben due volte per i fatti del G8 di Genova e per non aver condotto indagini efficaci. Scontate le pene, molti funzionari hanno ripreso le loro carriere raggiungendo livelli apicali. Molti di loro oggi sono questori, capi dipartimento o prefetti.