A parlarne è stato Luca Foresti, che in collaborazione con Bending Spoons ha creato l’app di tracciamento che l’Italia ha scelto per tentare di arginare l’emergenza sanitaria legata al coronavirus. Una spiegazione, connessa a questa situazione, è legata al sistema di caricamento dei dati sull’applicazione
L’app Immuni, scelta dall’Italia per il sistema di tracciamento dei contagi di coronavirus, ha recentemente superato il traguardo dei 9.1 milioni di download, come segnalato qualche giorno fa in un post, pubblicato sulla pagina ufficiale di Twitter dell’applicazione. “Immuni è la prima app di tracciamento dei contagi a essere interoperabile a livello europeo, con quelle di Germania e Irlanda. Il #COVID19 non conosce confini, ma con Immuni abbiamo uno strumento in più per contrastarlo”, hanno scritto gli sviluppatori. Ma qualcosa, anche vista la recente impennata nella curva dei contagi, non ha funzionato, specie in virtù delle poche persone che sono state segnalate nel sistema di tracciamento legato ad Immuni e secondo Luca Foresti, che con Bending Spoons ha creato l’app, una spiegazione è legata al sistema di caricamento dei dati.
I numeri di Immuni
Il tema è stato segnalato in un articolo apparso su “Il Sole 24 Ore” e riprende un’intervista dello stesso Foresti a Rainews24. Come confermato dallo sviluppatore, nel nostro Paese il numero di contagiati è alto ma sono state poche le segnalazioni presenti nel sistema di tracciamento legato ad Immuni. I numeri, confermati proprio da Foresti, dicono che i cittadini italiani che hanno scaricato Immuni sono, al momento, 9.161.214, meno di un sesto della popolazione, anche se non è detto che i download corrispondano a singoli utenti, perché alcuni possono aver scaricato Immuni su diversi dispositivi. Nonostante ciò, le segnalazioni di utenti positivi sono state fino ad adesso 999, il che ha generato 19.485 notifiche. Ma dal momento che gli italiani attualmente positivi sono 142mila all’incirca, Immuni avrebbe dovuto segnalare almeno 22mila positivi, non un migliaio. Qui scatta, come detto, l’errore legato al sistema di caricamento dei dati.
Il meccanismo di caricamento dei dati
Il meccanismo viene spiegato bene proprio nell’articolo del quotidiano economico. Nel momento in cui ad un paziente viene riscontrata la positività al coronavirus, il medico curante dovrebbe compiere l’azione di collegarsi con il software della tessera sanitaria, scaricare un codice e consegnarlo al paziente stesso, che a questo punto dovrebbe caricarlo sull’app Immuni. Ma è possibile che qualcuno non segua alla lettera le indicazioni, tra il medico (più probabilmente, sostiene Il Sole) ed il paziente. Che il medico sia tenuto a tale operazione, è segnalato anche nel recente Dpcm firmato dal premier Conte, dove viene specificato che "al fine di rendere più efficace il contact tracing attraverso l'utilizzo dell'App Immuni, è fatto obbligo all'operatore sanitario del Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria locale, accedendo al sistema centrale di Immuni, di caricare il codice chiave in presenza di un caso di positività". Sui motivi legati a questa situazione e sulle reali responsabilità, non si possono avere certezze. Ma, segnala sempre “Il Sole 24 Ore”, se il governo ha precisato nel Dpcm l'obbligo cui è tenuto il medico per far sì che il sistema di tracciamento funzioni a dovere, è possibile che abbia potuto verificare come, nello specifico, questo passaggio non venisse sempre compiuto con precisione.