Premiato con il Leone d'Oro nel 2015, il regista Lorenzo Vigas torna in concorso alla Mostra con un film che riflette sul concetto di paternità. SEGUI LA DIRETTA
È noto a tutti: Le colpe i padri ricadono sui figli. L’assioma è confermato da La Caja, in concorso alla 78.ma Mostra del Cinema di Venezia. (LA DIRETTA - LO SPECIALE), Il regista venezuelano Lorenzo Vigas torna quindi al Lido dopo essersi portato a casa nel 2015 il Leone d’Oro con la sua opera prima "Ti guardo" (Desde allá), primo film in lingua spagnola e prima pellicola sudamericana a vincere l'ambito riconoscimento. Ambientata tra i cieli azzurri del Messico, un’opera che chiude la trilogia del regista dedicata alla paternità iniziata nel 2004 con il cortometraggio "Los elefantes nunca olvidan"
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La Caja, le emozioni sepolte in una scatola
È molto pericoloso rimuovere le proprie emozioni, rinchiudere i sentimenti, nasconderli in un’anonima scatola, ovvero in una “Caja”, come recita il titolo del film. Soprattutto se riguardano la figura paterna. Fëdor Dostoevskij diceva: “Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno. Tuttavia, nel caso del giovane protagonista del film, il papà è soltanto un’anonima urna metallica. Sicché cerchi altrove, un guida, un riferimento, soprattutto se ti senti solo e perduto tra le sconfinate pianure del Nord del Messico.-
La Caja è anche un ritratto amaro della condizione dei lavoratori occasionali in America Latina. Sfruttati, vessati, senza diritti né sindacati, la mano d’opera è imprigionata 14 ore al giorno in capannoni, tra macchine da cucire e apparecchi per la stiratura. La concorrenza della Cina è molto vicina. Le orientali hanno le mani piccole e sono rapidissime. Sicché le pause non esistono per i latinos e se ti lamenti, ti liquidano in senso letterale.
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La Caja, di i lavoro si muore
Il contrasto fra gli sterminati paesaggi naturali e gli angusti ambienti della fabbrica amplificano i tormenti del ragazzo a cui manca il padre e pure un’etica del lavoro. Per riempire quel vuoto che mangia l’anima, e non solo, il protagonista si affida a un ruvido capo del personale, a cui mancano i principi elementari della legalità. La Caja si trasfigura quindi nella metafora di un continente, ossia l’America Latina, spesso sedotta e abbandonata dalla figura di un leader, un presidente padre che soverchia il suo popolo e i suoi figli. Ma se si scava in profondità, oltre a cadaveri dei desaparecidos sepolti nelle fosse legali, si scopre che il re è nudo. Il padre adorato e cercato può essere un mostro che sarebbe stato opportuno non riesumare.
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La Caja, la trama del film
lHatzin, un adolescente di Città del Messico, è in viaggio per recuperare i resti del padre, trovati in una fossa comune tra gli immensi cieli e i vuoti paesaggi del nord del Messico. Ma l’incontro casuale con un uomo fisicamente somigliante al padre lo riempie di dubbi e speranze su dove questi sia davvero finito.