
Mes, com’è cambiata la posizione dell’Italia in 11 anni e otto governi: da Monti a Meloni
È il 2012 quando il trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità viene firmato da 17 Paesi membri, dopo mesi di negoziati. Da quel momento a Palazzo Chigi ha visto la guida di diversi presidenti del Consiglio più o meno favorevoli alla ratifica, spesso condizionati dalla maggioranza che sosteneva l’esecutivo

La ratifica del Mes fa traballare la maggioranza dopo il parere favorevole del ministero dell’Economia che stona, non poco, con la posizione da sempre contraria del presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma la storia italiana del Meccanismo europeo di stabilità inizia da lontano, dal 2012, quando il trattato che istituiva il Mes veniva firmato da 17 Paesi membri: da quel momento si sono succeduti a Palazzo Chigi diversi governi con altrettante differenti posizioni sulla questione
Ministero dell'Economia promuove il Mes, tensioni nella maggioranza
MARIO MONTI - Presidente del Consiglio dal 16 novembre 2011 fino al 28 aprile 2013, l’attuale senatore a vita è stato sempre favorevole al Mes. “Contro la crisi servono firewall più alti”, è il mantra di Monti nei mesi di un negoziato che vede Angela Merkel guidare gli scettici. Il tira e molla si esaurisce dopo il sì del governo tedesco e il Meccanismo entra nella sua piena operatività
Mes, cosa succede se l'Italia non lo ratifica entro la fine dell'anno
ENRICO LETTA - Il governo di Enrico Letta da aprile 2013 a febbraio 2014 non ha avuto quasi mai tra i suoi nodi principali il Mes. L’ex segretario del Pd ha sempre sottolineato l'utilità del Meccanismo, ma è proprio durante il suo governo che emergono le posizioni anti-Mes di tre partiti: il M5S, la Lega e Fratelli d’Italia
Cos'è il Mes e come funziona
MATTEO RENZI - Tra i più assidui assertori del Mes, Matteo Renzi, nei suoi due anni e dieci mesi al governo, ha sempre escluso la possibilità di fare ricorso al fondo salva-Stati ma, negli anni successivi, non ha mai arretrato su un punto: “È irresponsabile non ratificarlo”
Carlo Bonomi a Sky TG24: "Usare le risorse del Mes per politiche industriali". VIDEO
PAOLO GENTILONI - A Renzi succede Paolo Gentiloni, fino alle elezioni di marzo 2018. E la posizione dell'attuale commissario agli Affari Economici, sul punto, non è mai cambiata: non ratificare il Mes “è autolesionista”
GIUSEPPE CONTE I - Il governo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte arriva, nella primavera del 2018, mentre a Bruxelles entra nel vivo il negoziato per la riforma del salva-Stati. Sono i mesi dello scontro tra M5S e Lega e l'Unione europea sull'utilità del Meccanismo, con il premier in carica nel delicato ruolo di pontiere
GIUSEPPE CONTE II - È il governo giallo-rosso quello che, all'Eurogruppo del gennaio del 2021 (ministro dell’Economia Roberto Gualtieri) firma la riforma del Mes. Conte, dopo una serie di rinvii, ritiene l'accordo sufficiente. A dicembre, in una drammatica seduta alle Camere, replicando a Matteo Salvini e Giorgia Meloni dichiara: “Chi vuole l'Italia fuori dall'euro lo dica”. Il sì al Mes, tuttavia, spacca il M5S

MARIO DRAGHI - Sul Mes Mario Draghi ha sempre preso tempo anche perché sorretto da una maggioranza che, sulla ratifica del Meccanismo, si sarebbe spaccata. “Con gli attuali tassi di interesse non è una priorità”, spiega Draghi ai partiti durante le consultazioni prima della fiducia al suo governo

GIORGIA MELONI - Contraria al Mes da quando è all'opposizione, Giorgia Meloni, da presidente del Consiglio, “non ha cambiato idea”, ha ribadito più volte. Il Meccanismo, è la sua tesi, va riformato e “non ha senso” ratificarlo senza prima che si concluda il negoziato sul Patto di stabilità

Tuttavia il 21 giugno 2023 il capo di gabinetto del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, in un parere tecnico sostiene che la ratifica del Mes non produrrebbe "nuovi o maggiori oneri", non si intravede "un peggioramento del rischio" e anzi potrebbe portare a un miglioramento del rating dell'Italia. Considerazioni che mettono alla prova il muro sin qui eretto da Meloni alla ratifica e generano tensione nel centrodestra. Anche perché i più irremovibili sull'argomento sono nella Lega, il partito di Giorgetti
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