Concorrenza, dalle concessioni balneari all’energia: dove il governo sta frenando
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In più di un’occasione l’Ocse ha puntato il dito contro Roma, evidenziando come ci siano “leggi obsolete che compromettono la concorrenza, un’economia informale pervasiva e disincentivi alla crescita delle microimprese che ostacolano l’aumento della produttività”. L’ultimo esempio è la direttiva Bolkestein, la cui applicazione è stata ancora una volta prorogata, ma la casistica comprende anche i taxi, le autostrade i servizi pubblici locali
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- “In Italia esistono leggi obsolete che compromettono la concorrenza, un’economia informale pervasiva e disincentivi alla crescita delle microimprese che ostacolano l’aumento della produttività”, ha sottolineato l’Ocse non più tardi di un mese fa
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- Numerosi gli avvisi già nei primi anni Duemila. “Sull’apertura dei mercati siete in forte ritardo”, ammoniva l’Ocse già nel 2000 quando al governo c’era Giuliano Amato. “Avete bisogno di più concorrenza, meno burocrazia, spesa pubblica efficiente”, avvertivano i suoi esperti nel 2003, durante il governo di Silvio Berlusconi. “Esistono troppe aree protette dalla concorrenza”, fu invece il monito proveniente da Parigi durante il secondo governo di Romano Prodi, nel 2006
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- Avvisi che poi sono continuati negli anni seguenti. “Dovreste ridurre le barriere legislative alla concorrenza nelle professioni, il commercio al dettaglio e i servizi locali”, suggeriva l’Ocse nel 2012 all’esecutivo tecnico di Mario Monti. E di nuovo nel 2016 al governo di Matteo Renzi: “È necessario ridurre le barriere alla concorrenza assicurando che le riforme siano pienamente implementate a tutti i livelli”
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- Parole che non sembrano aver trovato applicazione nemmeno ai giorni nostri, come dimostra la vicenda dei balneari per cui, dopo la lettera recapitata da Bruxelles al governo di Giorgia Meloni, è probabile una nuova sanzione da parte dell’Ue
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- Nella sua ultima esternazione l’Ocse cita “leggi obsolete” contro la concorrenza, delle quali esiste una casistica infinita. Si potrebbe ricordare il provvedimento sfornato nel 2014 dal governo Renzi che consentiva la proroga implicita delle concessioni autostradali. Oppure il decreto fiscale del 2017 del successivo esecutivo di Paolo Gentiloni, che secondo l’Antitrust avrebbe fatto risorgere le tariffe minime professionali
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- Eppure, la difesa dei balneari non si può catalogare fra le misure obsolete. L’ultima difesa è stata alzata nel milleproroghe di quest’anno, che ha prorogato le concessioni fino alla fine del 2024 imponendo alle amministrazioni locali di non procedere a gare per i contratti già scaduti. La motivazione con cui il governo italiano si è rifiutato di applicare la direttiva Bolkestein è stata che le coste italiane hanno ancora tanto spazio da assegnare a nuovi operatori, visto che è in concessione appena un terzo delle spiagge
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- Per lo Stato italiano, se gare ci devono essere, che siano soltanto per gli arenili liberi. Un modo di intendere la Bolkestein, emanata nel 2006, con il voto anche dell’Italia, ma approvata già nel 2004, decisamente distante dal suo reale proposito
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- Liberalizzare alcuni settori della vita pubblica e privata è impresa assai difficile in Italia, come dimostra una ricerca effettuata verso la fine degli anni Novanta dal commissario Antitrust Marco D’Alberti che evidenziava come le concessioni pubbliche fossero poco meno di 30. Una eredità dello Stato corporativo di matrice fascista, che nel corso del tempo si era addirittura espanso
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- Eppure, molti sforzi sono stati fatti. Nel 1990 il parlamento approvò sia pure a fatica la legge che ha fatto nascere l’autorità garante della concorrenza. Poi le privatizzazioni, con le leggi che avrebbero dovuto liberalizzare certi servizi pubblici. Tuttavia, nel momento in cui molti settori hanno trovato a fatica il modo per aprirsi, subito è stato trovato il modo di richiudere il tutto, come dimostra il caso delle autostrade, dell’energia elettrica e dei servizi pubblici locali
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- La lista potrebbe benissimo allungarsi, considerando anche i taxi, la benzina, la tassa sugli extraprofitti e la carne prodotta in laboratorio