IT: Welcome to Derry, gli showrunner hanno chiesto aiuto a Stephen King per un episodio

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Camilla Sernagiotto

Camilla Sernagiotto

Immagini da Webphoto e Getty Images

La genesi della serie (in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW) ambientata nell’universo di IT è stata profondamente segnata dalla presenza costante e attiva del Maestro del Maine. La supervisione dell’autore ha permesso alla produzione di affrontare uno dei nodi più complessi dell’intero progetto: raccontare le origini di Pennywise senza snaturarne il fascino oscuro. Un equilibrio delicato, che secondo lo showrunner Jason Fuchs è stato raggiunto proprio grazie alla guida dello scrittore

La serie tv HBO IT: Welcome to Derry (in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW) è stata profondamente segnata dalla presenza costante e attiva di Stephen King, un coinvolgimento che si è rivelato determinante sotto molteplici aspetti creativi. In particolare, la supervisione dell’autore ha permesso alla produzione di affrontare uno dei nodi più complessi dell’intero progetto: raccontare le origini di Pennywise senza snaturarne il fascino oscuro e inquietante. Un equilibrio delicato, che secondo lo showrunner Jason Fuchs è stato raggiunto proprio grazie alla guida dello scrittore.

 

L’influenza del Maestro del Maine è stata decisiva sulla nascita di IT: Welcome to Derry, e il il peso dell’autore è emerso specialmente dietro le scelte più delicate della serie. 
Gli showrunner hanno scelto di non affrontare da soli uno dei nodi centrali della prima stagione, chiedendo esplicitamente il supporto dell’autore per il settimo episodio, quello chiamato a spingersi più a fondo nelle origini di Pennywise e nella figura di Bob Gray. Una decisione che ha inciso in modo sostanziale sull’approccio creativo della serie e sul modo in cui il mistero è stato rielaborato per il piccolo schermo.

Il 7° episodio e la richiesta di supporto a Stephen King

La storia di Bob Gray approfondita nel settimo episodio di IT: Welcome to Derry ha richiesto una consulenza diretta da parte di Stephen King. Il suo coinvolgimento ha permesso agli ideatori della serie di rivedere l’impostazione iniziale e introdurre una modifica narrativa significativa, poi confluita nell’episodio. 

 

La prima stagione di IT: Welcome to Derry è ambientata negli Anni ’60 e ricostruisce il periodo in cui la creatura mostruosa diffonde il panico, prendendo di mira bambini innocenti. Il settimo episodio, in particolare, si concentra sulle origini del vero Pennywise, segnando una differenza importante rispetto al romanzo di Stephen King. Una scelta resa possibile proprio grazie al coinvolgimento dell’autore, che ha accompagnato gli showrunner nel dare forma a questo passaggio delicato.

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Bob Gray

Stephen King figura come collaboratore di IT: Welcome to Derry, e la sua presenza è stata determinante per uno degli aspetti centrali del settimo episodio.

 

A raccontarlo è stato lo showrunner Jason Fuchs, che ha spiegato come l’intervento dell’autore abbia influenzato direttamente la rappresentazione del passato di Pennywise nella serie televisiva.
L’episodio si apre con un flashback ambientato nel 1908, incentrato su Bob Gray, il personaggio che si cela dietro la maschera di Pennywise il Clown danzante.

 

Attraverso questo ritorno al passato, il pubblico scopre perché l’entità abbia assunto proprio quell’aspetto. A differenza del romanzo, la serie concede a Bob Gray uno spazio narrativo più ampio, un approccio che gli showrunner hanno potuto adottare proprio grazie alla collaborazione con Stephen King.

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Il timore di spiegare ciò che nel romanzo resta oscuro

Andy Muschietti, Barbara Muschietti e Jason Fuchs hanno affrontato con grande cautela la decisione di fornire risposte a una storia che, nel romanzo originale, è volutamente avvolta nel mistero. Proprio per questo, il confronto con Stephen King è stato considerato essenziale.

Ai microfoni di ScreenRant, Fuchs ha raccontato quanto fosse complesso trovare il giusto equilibrio tra rispetto del non detto e desiderio di approfondimento.

 

Come ha spiegato lo showrunner: “Se sei un mega fan di Stephen King, come me, Brad e i Muschietti, lo fai con un'enorme cautela. Credo che alcune delle cose più appaganti – non solo in IT, ma in molti dei miei romanzi e opere di genere preferiti – siano i misteri per i quali non si hanno risposte. Ho riflettuto a lungo sui misteri da quando ho letto questo libro a 11 anni. Come fan e come lettore assiduo, adoro non conoscere alcune di queste risposte, eppure le desidero ardentemente. E così pensi: ‘Se vogliamo provare a fornire il contesto su chi era Bob Gray, perché ha scelto la forma di Pennywise, è meglio che siano risposte davvero soddisfacenti. Altrimenti perché farlo?’. Vuoi essere audace come Stephen King nella sua narrazione, sembra l’approccio giusto da seguire, ma allo stesso tempo quando proponi svolte così audaci ti preoccupi”.

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La domanda chiave posta agli showrunner

Tra i molti interrogativi emersi durante la scrittura, uno ha assunto un peso particolare: Stephen King approverebbe?

Jason Fuchs ha spiegato che questa domanda è stata rivolta direttamente all’autore, trasformandolo in un punto di riferimento costante per le scelte narrative più rischiose.
Come ha dichiarato lo showrunner: “La benedizione di avere Stephen King come partner e collaboratore in una serie come questa è che non dobbiamo lasciare che queste paure restino senza risposta”.

 

Il confronto si è concentrato soprattutto sulla figura di Bob Gray e sulla sua reale natura. Fuchs ha chiarito i dubbi alla base del dialogo creativo: “Se si pensa a Bob Gray nel contesto dei film, è molto poco chiaro quanto sia reale e quanto non lo sia. Nei film, sentiamo la storia che IT racconta a Beverly Marsh nel Capitolo Due, quando assume le sembianze della signora Kersh. Lei racconta a Beverly di suo padre, il clown, e di come si è avvicinato a lei. Ma è reale? È una storia vera o è una storia inventata da IT? Esisteva davvero un Bob Gray o è parte integrante della menzogna? Queste sono le domande che ci interessavano”.

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La supervisione creativa di Stephen King

La presenza di Stephen King ha rappresentato una vera e propria rete di sicurezza per IT: Welcome to Derry. Jason Fuchs ha raccontato a ScreenRant che avere l’autore come guida ha reso più semplice affrontare le decisioni legate agli elementi centrali della storia.

 

Come ha spiegato: “Il vantaggio di avere Stephen King come partner e collaboratore in una serie come questa è che non dobbiamo lasciare irrisolte queste paure. Possiamo avere la rete di sicurezza rappresentata da Stephen King, a cui rivolgerci e dire: ‘Ecco cosa stiamo pensando. E se questa fosse la storia? E se questo fosse il motivo?’”.
Pur muovendosi tra entusiasmo e timore, la produzione sapeva di poter contare su un confronto diretto con l’autore, pronto a indicare se la direzione intrapresa fosse coerente con la sua visione.

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Il rapporto di Stephen King con gli adattamenti

Il coinvolgimento di Stephen King in IT: Welcome to Derry si inserisce in una riflessione più ampia sul suo rapporto con le trasposizioni delle proprie opere. Nel corso degli anni, lo scrittore ha espresso più volte opinioni critiche su adattamenti che, a suo giudizio, si sono discostati troppo dal materiale originale.

 

Sono note le sue posizioni critiche nei confronti di Shining diretto da Stanley Kubrick e di Firestarter firmato da Mark Lester. Come molti autori, King tende a privilegiare adattamenti che mantengano una forte fedeltà alla struttura e ai temi dei romanzi.

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I consigli di King a chi adatta i suoi libri

In un’intervista rilasciata all’Associated Press, Stephen King ha condiviso una riflessione rivolta a registi e sceneggiatori interessati a lavorare sulle sue opere: “Quando ti discosti dalla storia che ho scritto, lo fai a tuo rischio e pericolo. Io so quello che sto facendo e non sono certo che gli sceneggiatori lo sappiano sempre, o che lo sappiano sempre i produttori e i registi”.

 

Questa dichiarazione aiuta a comprendere perché King abbia scelto di essere così presente nella produzione di IT: Welcome to Derry, seguendo da vicino l’autenticità del racconto destinato alla televisione.

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Un paragone con George R.R. Martin

Anche George R.R. Martin ha espresso nel tempo una certa attenzione critica verso le trasposizioni televisive. In un intervento pubblicato sul suo blog, lo scrittore ha raccontato come talvolta i creatori delle serie cerchino di reinterpretare una storia altrui con l’intento di migliorarla, rischiando però di allontanarsi dallo spirito originario.

 

Il grado di coinvolgimento degli autori, da un lato George R.R. Martin e dall’altro Steophen King, è risultato dunque molto diverso. 
George R.R. Martin è rimasto coinvolto nel processo creativo di Il Trono di Spade fino alla quarta stagione, periodo durante il quale ha partecipato alla scrittura e discusso alcune scelte narrative con gli showrunner. Successivamente ha dovuto ridurre la sua presenza per concentrarsi sui romanzi, lasciando la serie proseguire senza il suo contributo diretto quando il materiale letterario si è esaurito dopo la quinta stagione.

 

Il confronto con IT: Welcome to Derry mette in evidenza come la partecipazione costante di un autore, come nel caso di Stephen King, possa offrire un supporto importante nel gestire passaggi narrativi complessi, senza che questo diventi un giudizio sul valore complessivo di altri percorsi produttivi.

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