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L’esorcista - Il credente, il diavolo colpisce ancora. La recensione del film horror

Cinema

Paolo Nizza

Arriva nella sale cinematografiche italiane, dal 5 ottobre, il sequel del capolavoro firmato da William Friedkin nel 1973. Diretto da David Gordon Green e prodotto dalla Blumhouse, una dolente sinfonia dell’orrore, tra possessioni demoniache e riti religiosi. Un’opera che segna il ritorno sullo schermo di Ellen Burstyn nel ruolo della madre di Regan MacNeil

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Il tempo passa, il diavolo resta. E il suo più grande inganno è ancora quello di farci credere che non esista. Sicché cinquant’anni dopo l’epocale lungometraggio diretto da William Friedkin che cambiò per sempre la storia del cinema (e non solo quella del genere horror), L’esorcista – Il credente torna a raccontarci la perpetua sfida tra il bene e il male nata tra le pagine del romanzo di William Blatty pubblicato nel 1971. Ci vuole un infinito coraggio e una certa dose di incoscienza a ripercorre quella antiche scale sui cui gradini trovava la morte padre Karras. Ma Jason Blum e la Blumhouse production non hanno paura di Niente e di Nessuno. Come accaduto per la saga di Halloween, la casa di produzione americana riscrive il mito. Non a caso in cabina di regia troviamo David Gordon Green, già autore della trilogia che ha rivoluzionato sul grande schermo l’efferata epopea del silente serial killer noto come Michael Myers. Si sa: il diavolo e Dio abitano nei dettagli.

L'Esorcista - Il Credente, la trama del film

Un’apotropaica lotta tra cani rabbiosi ci introduce nelle atmosfere di L’esorcista – Il credente. Siamo a Port-au-Prince, la capitale dell’Isola di Haiti. Nella repubblica caraibica, il vudu gioca in casa e purtroppo anche i terremoti. Ed è proprio un sisma di inaudita potenza a togliere la vita a Sorenne, moglie, in dolce attesa, di Victor Fielding, fotografo di talento. Per la coppia l’esotica vacanza si trasforma in tragedia. Tredici anni dopo, ritroviamo l’uomo in una cittadina della Georgia. Il vedovo non ha ancora completamente elaborato il lutto. Afflitto dai sensi di colpa, Victor trova nella figlia Angela l’unica gioia della sua esistenza. Ma alla bambina manca la madre. Così insieme alla sua amica del cuore Katherine, la ragazza decide di bigiare la scuola per recarsi nel bosco con la speranza, attraverso un rituale, di comunicare con la genitrice defunta. Tuttavia, bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché il cerimoniale risveglierà l’Inferno e i suoi seguaci.

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Il diavolo, probabilmente

Cambiando i nomi dei demoni il risultato non cambia. Se nel film di Friedkin, il satanasso rispondeva al nome di Pazuzu, in L’esorcista – Il credente, il mefistofelico antagonista è Lamashtu, diabolica creatura mesopotamica, ghiotta di neonati. D’altronde, come insegna il Vangelo di Marco, "il mio nome è legione, perché siamo in molti”. Ma in sintonia con lo Zeitgeist cinematografico contemporaneo, il film non attinge soltanto al cattolicesimo e ai suoi testi sacri. Dai riti musulmani ai dybbuk ebraici, dai  testi zoroastriani ai  manoscritti del Mar Morto, l’opera ci dimostra che l’esorcismo è uno dei più antichi rituali umani e alberga in ogni cultura, in ogni Paese nella storia. E, a differenza dello sfortunato e involuto sequel del 1977 che si intitolava L’esorcista – L’eretico, la pellicola griffata Blumhouse pone l’accento sulla fede e sull’inclusività. Parimenti all’horror Talk To Me, anche questa volta è il desiderio di comunicare con la propria madre morta a spalancare le porte dell’Inferno. E l’assordante illustrato da Ingmar Bergman nella sua celeberrima trilogia ad aprire la via al male. In un mondo in cui la cognizione del dolore langue, l’elaborazione del lutto  latita e la morte viene rimossa, è ostico credere a “Colui che è”. Più facile farsi tentare da “Colui che tu vuoi che io sia”.

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Vedere per credere

Riulta assai apprezzabile, almeno quanto le gocce di angostura in un cockail Manhattan, che in L’esorcista – Il credente, i jumpscare non siano ad libitum. Anzi come nella pellicola datata 1973, l’orrore si insinua lento e inesorabile come la più consueta delle serpi in seno. Make up ed effetti speciali si palesano con parsimonia ed efficacia e le sequenza. A guadagnarne sono la tensione e la suspense. Insomma, il terrore corre sul filo dell’attesa. E gli omaggi (in)diretti alle scene cult della pellicola di Friedkin non risultano appicicati con lo sputo. Ça va sans dire, la nequitosa ferocia e il politicamente scorretto degli anni Settanta non abitano qui. Le blasfeme giaculatorie, spolmonate da Laura Betti (la voce di italiana di Pazuzu) sarebbero inconcepibili ai nostri giorni. Eppure, il film ci offre una sua perturbante asperità. La fine dell’innocenza, la sofferenza di chi non ha alcuna colpa inquietano sempre sul grande schermo, se filmate con onestà e senza vacui gigionismi. E basta la presenza di Ellen Burstyn che a 90 anni riprende il ruolo della la madre della posseduta e giovane Regan McNeil (Linda Blair) ad ammantare il film di un’aurea lontana e magica. Forse è ancora attuale il proverbio che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Epperò, visto le enormi aspettative e il confronto con una pietra miliare non solo del cinema horror, L’esorcista – Il credente funziona più di tanti film horror velleitari e puerili. Vedere per credere.

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