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Il mestiere dell'attrice: Silvia D'Amico, Carlotta Gamba e Beatrice Grannò a Sky 20 anni

Cinema

Intervistate dal critico Gianni Canova le tre interpreti hanno parlato della loro professione in occasione del talk “Il mestiere dell’attrice” nell’ambito delle celebrazioni di “Sky 20 anni”. Di seguito un estratto dei loro interventi. VIDEO

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A Roma, nella splendida e suggestiva cornice del Museo Nazionale Romano – Terme di Diocleziano, Silvia D'Amico (A Casa tutti bene - La serie, Christian, Comandante), Carlotta Gamba (Quando, America Latina, Dantee Beatrice Grannò (Security, The White Lotus) hanno partecipato oggi al talk “Il mestiere dell’attrice” nell’ambito delle celebrazioni di “Sky 20 anni” (LA DIRETTA). Le tre talentuose interpreti, stimolate dalle domande del critico Gianni Canova, hanno raccontato come vivono la loro professione. 

SILVIA D'AMICO: “IL MESTIERE DI ATTRICE? HO AVUTO LA FOLGORAZIONE”

Ho capito che avrei voluto fare questo lavoro da subito – ha raccontato Silvia D’Amico -, si risponde un po’ tutti così a questa domanda ma per me è effettivamente così, è vero. Avevo sei o sette anni quando la maestra mi disse che c’era una scuola chiamata Silvio D’Amico. Ho avuto la folgorazione, ho deciso che avrei voluto fare quello e poi ho fatto quella scuola”. Rispondendo poi a una domanda sull’importanza di frequentare o meno una scuola, D’Amico ha detto che “non è necessaria in assoluto, un talento se esiste e brilla poi trova le sue vie. Per quanto mi riguarda la scuola è stato il terreno in cui mi è stato permesso anche di sbagliare, è importante in questo mestiere riuscire a perdonarsi gli errori, fare tentativi e prove e poi cambiare completamente. L’accademia ti mette davanti a moltissime possibilità, poi quando si esce si sceglie cosa essere”. 

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CARLOTTA GAMBA: “LA PASSIONE PER LA RECITAZIONE È CRESCIUTA CON ME”

Per Carlotta Gamba invece la passione per il mestiere di attrice “è cresciuta insieme a me, ho iniziato da piccola a fare teatro ed è una cosa che non ho mai più perso, la recitazione è diventata sempre più grande e importante. Pian piano è diventato il mio sogno e per adesso è il mio lavoro”.

Quanto alla formazione, “in questo lavoro non va per tutti allo stesso modo e non inizia allo stesso modo, per me la scuola è stata importante perché mi ha dato la possibilità di andare in scena a teatro, mi ha aiutato a conoscere il teatro e le opere teatrali, ad acculturarmi. Per quanto riguarda il cinema però quando ho iniziato a farlo ho iniziato davvero ad imparare cosa vuol dire fare cinema, prima è difficile insegnarlo”. 

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BEATRICE GRANNÒ: “LA RECITAZIONE È IL CONTENITORE CHE TIENE INSIEME TUTTO”

Beatrice Grannò ha invece spiegato di essere “sempre stata affascinata dal mondo della performance: facevo musica, facevo danza. La recitazione è arrivata più tardi, cercavo qualcosa che potesse fare da “contenitore” a tutte queste cose che mi piaceva fare e in un certo senso l’attrice era la strada più giusta”.

La scuola  - ha detto poi - non ti rende più o meno bravo, ma ti dà quella consapevolezza che serve in questo lavoro, perché è un lavoro sempre imprevedibile. Nei momenti di difficoltà ricordarsi del perché hai scelto di farlo sicuramente aiuta e ti dà anche una rete dalla quale ti puoi rialzare e reinventare. La scuola è importante per avere una carriera più felice.

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E' più difficile piangere, morire o baciare?

Spazio anche per domande sugli aspetti più pratici della recitazione, con Canova che ha chiesto alle tre attrici se sia più difficile fingere di piangere, baciare o morire.

Morire è difficilissimo – ha detto Silvia D’Amico -, è difficile coordinarsi con il respiro, ha poco a che fare con l’immedesimazione e più con la tecnica”, mentre per Carlotta Gamba lo è di più “baciare. Certamente si finge, ma in me quando recito c’è un senso di sincerità. Per me l’amore è un tasto importante, quindi baciare mi mette agitazione”.

Per Beatrice Grannò invece “sono difficili entrambe le cose, morire e baciare. Quando al bacio togli il trasporto emotivo diventa una cosa davvero strana, ci vuole un attimo per entrarci dentro. Invece non mi è mai capitato di morire in scena. Li però bisogna fare ricerca, capire di quale morte si sta morendo”.