L'omaggio a Pippo Baudo, signore della televisione italiana

Spettacolo
Giuditta Avellina

Giuditta Avellina

Con la morte di Pippo Baudo si chiude un capitolo fondamentale della cultura popolare italiana. Conduttore di 13 Festival di Sanremo, inventore di format e talent scout, Baudo ha incarnato per oltre cinquant’anni l’idea stessa di televisione, diventando un punto di riferimento per generazioni di spettatori.

Un volto, una voce, un tempo: Pippo Baudo, nato a Militello Val Di Catania, non è stato solo un conduttore, ma la televisione stessa. La sua morte chiude un’epoca che ha formato l’immaginario collettivo italiano. C’è un’Italia che si riconosceva in un salotto comune, fatto di varietà, di sigle cantate a memoria, di domeniche davanti allo schermo. In quell’Italia, per più di cinquant’anni, c’era un uomo sempre lì: Pippo Baudo. È morto oggi a 89 anni, e con lui se ne va un pezzo della nostra memoria più intima, popolare e insieme elegante.

L’uomo che ha inventato la tv che conosciamo

Baudo non era semplicemente “un” conduttore. Era “il” conduttore. Con un rigore mai ingessato e una capacità rara: trasformare lo studio televisivo in un luogo familiare, e lo spettatore in un interlocutore diretto. La sua voce, calda e inconfondibile, era una bussola. La sua postura, la sua autorevolezza naturale, costruivano un senso di affidabilità. Se la tv ha avuto una grammatica, Baudo ne è stato l’autore. Non a caso lo chiamavano “Super Pippo”: non solo perché sapeva tenere la diretta, gestire incidenti, improvvisare quando serviva, ma perché era in grado di tenere insieme mondi diversi — musica, informazione, intrattenimento — con un equilibrio che pochi hanno raggiunto.

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Pippo Baudo ha legato indissolubilmente il suo nome al Festival di Sanremo: lo ha condotto tredici volte (1968, 1984, 1985, 1987, 1992, 1993, 1994, 1995, 1996, 2002, 2003, 2007, 2008), più di chiunque altro, attraversando epoche musicali e generazioni di interpreti. Ha saputo scoprire talenti, lanciare carriere, scrivere pezzi di storia pop italiana. Ma non è stato solo Sanremo. Domenica In, Fantastico, Serata d’onore: Baudo ha plasmato il concetto stesso di varietà televisivo, creando format che restano scolpiti nella memoria collettiva. Con lui, la tv era grande intrattenimento ma anche servizio pubblico: spettacolo popolare senza mai perdere di vista la qualità.

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Il maestro di più generazioni

Per decenni, chiunque volesse diventare “qualcuno” nello spettacolo italiano passava da Pippo Baudo. È stato talent scout, padrino, mentore, ha scoperto e lanciato artisti come Lorella Cuccarini, Heather Parisi, Eros Ramazzotti. La sua capacità di leggere il talento prima degli altri lo rendeva un riferimento assoluto. Eppure, dietro l’immagine di “padre televisivo”, c’era un uomo che non si accontentava: curioso, colto, sempre attento alla contemporaneità e per questo ha saputo rinnovarsi senza mai snaturarsi.

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La perdita di un’epoca

La morte di Pippo Baudo non è solo la fine di una vita, ma la chiusura simbolica di un’epoca, la televisione "alla Pippo Baudo". La sua figura appartiene a quella televisione generalista che oggi non esiste più, ma che ha formato la coscienza collettiva di un Paese. Con lui se ne va una tv che univa e non divideva, che radunava famiglie e generazioni attorno allo stesso schermo. Non era soltanto un conduttore. Era un collante culturale, un rito civile, una voce che dava sicurezza.

Un addio che è un arrivederci

Oggi che l’Italia lo saluta, resta una certezza: Pippo Baudo continuerà a vivere negli archivi Rai, nei ricordi di chi è cresciuto con lui, nelle canzoni scoperte e nei volti lanciati. E soprattutto in quella memoria affettiva che lega la nostra vita privata alla storia pubblica del Paese. Perché in fondo, se la tv è stata “la finestra sul mondo” per milioni di italiani, Pippo Baudo è stato il volto che, più di chiunque altro, si affacciava da quella finestra. E non ci salutava soltanto. Ci ha accompagnato per una vita intera.

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