Sua Baudità “l’ho inventato io”, grammatica televisiva di Pippo Baudo

Guardiano delle tradizioni televisive, Pippo Baudo è stato definito un conduttore che apparteneva alla categoria di chi “è la televisione” più che di chi la fa. Fin dagli esordi negli anni ’60, Baudo ha abbracciato un’idea di spettacolo nazional-popolare, capace di parlare a tutta l’Italia. Le sue trasmissioni univano la signora di provincia e l’avvocato metropolitano, i ragazzini e i nonni, perché quando c’era lui in video, lo show era davvero “per tutti”. Non a caso Baudo amava definirsi un “padrone di casa” più che un presentatore: accoglieva il pubblico come fossero ospiti in salotto, con stile rassicurante e autorevole. Lo chiamavano Superpippo, un nomignolo quasi regale – e il suo scettro era il microfono. In un’epoca segnata da pochi canali e grandi ascolti unificati, Baudo divenne il garante dell’unità popolare sul piccolo schermo, incarnando la TV stessa come pochi altri. Baudo era onnipresente nei palinsesti: negli anni d’oro sembrava non ci fosse fascia oraria o programma che non l’avesse al timone. Da Domenica In a Fantastico, da Serata d’onore ai Festival di Sanremo, la sua bulimia di programmi lo rese ubiquo – a volte perfino eccessivo – al punto che l’Italia intera “guardava Baudo, anche quando magari avrebbe voluto cambiare canale”. Questa presenza costante e familiare contribuì a fare di lui un volto di cui il pubblico si fidava istintivamente: un’istituzione della TV di Stato, saldo come una colonna portante in un panorama in evoluzione. In mezzo ad altri giganti come Mike Bongiorno, Corrado o Raimondo Vianello, Baudo era quello più “Rai”, il pilastro istituzionale attorno a cui ruotava il piccolo schermo italiano. “L’ho inventato io!”: il talent scout dei record Oltre che cerimoniere, Pippo Baudo è stato un formidabile talent scout, al punto che nella cultura pop è nata la battuta – divenuta un tormentone grazie alle parodie di comici come Gianfranco D’Angelo – che Baudo rivendichi di aver inventato chiunque: “L’ho inventato io!”. In effetti, l’elenco degli artisti scoperti o lanciati da Superpippo è impressionante. Dietro la sua figura da presentatore istituzionale c’era il fiuto del cacciatore di talenti, capace di vedere “la scintilla prima degli altri”. Sin dagli anni ’70 Baudo scrutava palcoscenici minori e provini in cerca di volti nuovi: fu lui, ad esempio, a notare un giovanissimo comico genovese che si esibiva in un cabaret milanese nel 1977. Baudo lo portò subito in TV, cambiandogli persino il nome d’arte in uno più memorabile: nacque così Beppe Grillo, lanciato prima nel quiz Secondo voi e poi tra i mattatori del varietà Luna Park. Sul fronte del ballo e dello show, Baudo scoprì per caso in una discoteca romana una talentuosa ballerina californiana di 18 anni: Heather Parisi. Dopo un provino nel 1978, la fece debuttare l’anno seguente in prima serata, nello show del sabato sera Luna Park, consegnandola al successo con la celebre sigla “Disco Bambina”. Qualche anno più tardi, fu Baudo a lanciare colei che sarebbe diventata la “rivale” per antonomasia della Parisi: la giovanissima Lorella Cuccarini, scovata mentre danzava in uno spot pubblicitario e subito arruolata nel corpo di ballo di Fantastico 6 per raccogliere l’eredità di Heather in TV. La Cuccarini grazie a Baudo spiccò il volo: con lui condusse un altro Fantastico, il varietà Festival su Canale 5 durante la parentesi di Pippo a Mediaset, e approdò perfino alla co-conduzione del Festival di Sanremo 1993. Anche la musica deve molto all’intuito di Baudo. Fu lui a “battezzare” sul palco di Sanremo Giovani una ragazza romagnola appena diciottenne di nome Laura Pausini, che vinse l’edizione 1993 con La solitudine prima di diventare una star internazionale. E ancora, vide il potenziale di una giovane Giorgia: la portò al Festival nel 1993 tra le Nuove Proposte , la richiamò l’anno successivo e la incoraggiò fino alla vittoria tra i Big nel 1995 con Come saprei. Quando un allora sconosciuto tenore cieco di nome Andrea Bocelli fece parlare di sé nel 1993 duettando con Zucchero in Miserere, Baudo si assicurò di consacrarlo al grande pubblico: lo volle fortemente a Sanremo 1994, dove Bocelli trionfò tra le nuove voci con Il mare calmo della sera, dando inizio a una carriera mondiale. Anche alcuni big della canzone erano passati dal suo laboratorio: Eros Ramazzotti, ad esempio, muoveva i primi passi proprio su palchi presentati da Baudo negli anni ’80, e andando ancor più indietro nel tempo fu Baudo a dare una chance decisiva al giovane Al Bano negli anni ’60, invitandolo a esibirsi nel gioco musicale Settevoci. Perfino il trio comico più amato d’Italia – Anna Marchesini, Massimo Lopez e Tullio Solenghi, alias Il Trio – deve molto a Superpippo: fu lui a portarli alla ribalta come protagonisti di Fantastico 7 nel 1986, intuendo la comicità irresistibile dei loro sketch surreali. Insomma, dalla danza al cabaret, dal pop al bel canto, Baudo ha fatto da talent scout a intere generazioni di artisti, giustificando col suo curriculum quella sua bonaria vanteria: in un certo senso, l’ha “inventati” tutti lui. Imprevisti in diretta e momenti da storia della TV Essere il volto-simbolo della TV italiana significava anche trovarsi al centro di eventi imprevedibili e talvolta drammatici, con milioni di telespettatori collegati. Pippo Baudo ha saputo gestire in diretta alcuni momenti entrati negli annali della televisione, confermandosi all’occorrenza non solo conduttore ma perfino “arbitro dell’ordine pubblico, pronto a salvare persino la vita in diretta”. Emblematica resta la serata del Festival di Sanremo 1995: durante la finale, un uomo di 47 anni di nome Pino Pagano minacciò di gettarsi nel vuoto dalla balaustra della galleria del Teatro Ariston. In quegli attimi concitati, fu proprio Baudo ad arrampicarsi fin lassù tra il pubblico, a parlarci faccia a faccia e a convincerlo a desistere. La scena ebbe un enorme impatto: Superpippo celebrato come eroe nazionale, l’uomo che ferma i suicidi in TV. Qualcuno, col senno di poi, insinuò persino che potesse essere stata una messinscena studiata a tavolino per risollevare gli ascolti – un’ipotesi mai provata, che però testimonia quanto quell’episodio sia rimasto impresso nell’immaginario collettivo, a riprova della fama “salvifica” di Baudo. A distanza di anni, lo stesso Pagano scrisse di essersi pentito e di essere stato “consigliato male” da chi lo spinse a quel gesto, alimentando il mistero ma anche la leggenda mediatica di quella serata. Non era la prima né l’ultima volta che Baudo si trovava a improvvisarsi domatore del caos sul palco di Sanremo. Già nel 1992 aveva fronteggiato in diretta l’incursione del disturbatore noto come “Cavallo Pazzo” che irruppe sul palco urlando accuse di brogli sulle votazioni del Festival. Baudo mantenne il controllo e fece allontanare l’invasore, smentendo poi le sue farneticazioni . Un altro momento delicato avvenne al Festival del 1987, quando nel bel mezzo della serata finale arrivò la notizia della morte improvvisa del grande tenore Claudio Villa. Toccò a un commosso Baudo interrompere la gara, salire sul palco con la voce rotta dall’emozione e annunciare al pubblico la scomparsa dell’artista, chiedendo un ultimo applauso in suo onore. Anche questo è rimasto un fotogramma indelebile: l’uomo delle feste nazional-popolari che si fa carico, in diretta TV, di comunicare un lutto nazionale, incarnando il tatto e la solennità del caso. Baudo ha mostrato sangue freddo persino davanti ai capricci delle superstar internazionali. Celebre a tal proposito l’aneddoto del Sanremo 1995: la presenza di Elton John era annunciata in pompa magna, ma all’ultimo momento il divo inglese – già atterrato a Nizza – rifiutò di esibirsi per questioni contrattuali. Baudo non si perse d’animo e trasformò la defezione in uno sketch: fece portare in scena una gigantesca torta con 25 candeline , e soffió lui stesso sulle candeline insieme alle vallette, proclamando con ironia che “noi siamo più gentlemen di un gentleman inglese!”. Il pubblico apprezzò lo spirito e ancora una volta Pippo salvò la baracca, volgendo un potenziale fiasco in un momento di spettacolo. Il Re del varietà e di Sanremo Se c’è un palco che più di ogni altro è legato indissolubilmente al nome di Pippo Baudo, questo è quello del Festival di Sanremo. Per ben tredici edizioni – un record assoluto – Baudo ha retto le redini dello show italiano più seguito, plasmando a tal punto la kermesse canora da poterne rivendicare la paternità: “Il format di Sanremo l’ho inventato io”, amava sottolineare con malcelato orgoglio. In effetti, molte delle formule che oggi diamo per scontate al Festival portano la sua firma. Fu Baudo a imporre dagli anni ’90 la struttura moderna su cinque serate, trasformando Sanremo in un evento lungo quasi una settimana. Fu sempre lui a consacrare il leggendario jingle “Perché Sanremo è Sanremo”, commissionato al Maestro Pippo Caruso, che ancora oggi riecheggia in ogni edizione. E fu Baudo a inaugurare la tradizione – poi diventata un cliché – della coppia di vallette bionda e bruna sul palco dell’Ariston: nel 1995 affiancò a sé Anna Falchi e Claudia Koll , prima combinazione del genere destinata a “spopolare a lungo” in molte edizioni successive. Con Baudo al timone, Sanremo divenne il “suo” regno personale: non si limitava a condurre, ma governava il Festival, proteggendolo dagli imprevisti e imprimendo la propria impronta su ogni dettaglio. Nel 1994 assunse per la prima volta anche il ruolo di direttore artistico, partecipando attivamente alle scelte musicali, perfino suggerendo modifiche ai brani in gara. È famosa la sua attenzione pignola: ad esempio consigliò a una giovane Giorgia di tagliare e aggiustare la canzone E poi per renderla più efficace– e l’anno seguente Giorgia avrebbe vinto con un pezzo perfetto. Baudo ha portato a Sanremo non solo nuove voci ma anche uno spettacolo totale, arricchito da ospiti di caratura mondiale. Durante le sue edizioni, sul palco dell’Ariston sono sfilate star come Louis Armstrong , i Queen e i Duran Duran, Madonna, Whitney Houston , fino alle dive del cinema come Sharon Stone – che Baudo riuscì a strappare a un bacio sul palco, mandando in visibilio i fotografi. Le serate condotte da Pippo registravano ascolti oggi inimmaginabili, con punte di 17 milioni di spettatori , numeri che cementavano lo status del Festival come vero rito collettivo nazionale. “Non tredici Festival, ma il suo Festival”, si è scritto: Baudo “non conduceva Sanremo, lo plasmava”, ed ogni edizione sotto di lui portava inconfondibilmente “il suo zampino salvifico”. Sua Baudità: stile inconfondibile e lessico televisivo A rendere unico Pippo Baudo non sono state solo le scelte artistiche, ma anche il suo stile personale, quella che potremmo chiamare la “grammatica baudiana”. Alto, con una voce tonante dall’inconfondibile accento catanese che non ha mai voluto camuffare, Baudo dominava la scena con la presenza di un mattatore di altri tempi. Aveva gesti diventati iconici, come il dito indice alzato a zittire la platea o a dare enfasi a un annuncio, e una risata fragorosa e contagiosa che faceva subito “famiglia”. La sua fisicità comunicativa riempiva lo schermo: “imponente e rassicurante, teatrale ma diretta”, un corpo fatto apposta per illuminare i salotti degli italiani. Baudo sapeva essere formale e liturgico quando serviva – per questo il critico Aldo Grasso lo definì “un parroco sull’altare” della TV – ma anche ironico e autoironico. In più di un’occasione è stato il bersaglio privilegiato di gag e irruzioni comiche, dalle quali usciva invariabilmente con classe. Storica rimane la “aggressione affettuosa” subita a Sanremo 1980 da un giovane Roberto Benigni: il comico toscano fece irruzione in scena abbracciando Baudo come un tronco e stampandogli un bacio in bocca, mentre Pippo rimaneva impassibile cerimoniere sacrificale di fronte a quel rito quasi sacrilego. Fu una memorabile collisione tra ordine e caos: da una parte Baudo, simbolo dell’ortodossia televisiva, dall’altra l’irriverenza anarcoide di Benigni – e il pubblico impazzì dal ridere. Ventidue anni dopo, nel 2002, Baudo era di nuovo a Sanremo e di nuovo Benigni lo scelse come spalla per uno sketch clamoroso: in diretta, approfittando di una gag iniziata da Fiorello, Benigni gli mise le mani addosso scherzosamente, palpandolo nelle parti intime davanti a un’Italia intera divertita e sbigottita. Baudo anche in quell’occasione non si scompose più di tanto – al massimo arrossì – dimostrando di sapersi prestare al gioco senza perdere autorevolezza. Il suo lessico televisivo è diventato modello per generazioni successive. Non a caso, il soprannome affibbiatogli da Piero Chiambretti – “Sua Baudità” – rende l’idea di una maestà conferitagli nell’immaginario catodico. E il termine “baudiano” è ormai entrato nel gergo televisivo per indicare un certo modo classico e solenne di organizzare uno show. Lo ha usato di recente un altro popolare presentatore come Carlo Conti, riferendosi proprio a Sanremo: “il mio Festival è baudiano, una meravigliosa messa cantata, un rito collettivo meraviglioso che ci ha insegnato Pippo Baudo a fare”. In questa frase c’è tutta l’eredità di Baudo: l’idea della TV come rito collettivo, quasi religioso , e il riconoscimento di aver scritto le regole del gioco che ancora oggi i suoi epigoni seguono. Oltre il piccolo schermo: l’uomo e l’eredità Dietro il personaggio pubblico, c’era un Pippo Baudo dalle mille risorse. Pochi ricordano, ad esempio, che Baudo è stato anche un apprezzato autore musicale: prima di diventare un volto noto della TV era un pianista con la passione del jazz, e negli anni ’60 e ’70 firmò canzoni di successo. Sua è “Donna Rosa”, brano portato al successo da Nino Ferrer e diventato un momento cult del programma Settevoci, così come “Una domenica così”, interpretata da Gianni Morandi “La musica è stata la mia compagna di vita”, confessò Baudo in più di un’intervista, e anche da conduttore non ha mai abbandonato quella vena creativa, dimostrando di saper intrecciare spettacolo e musica in ogni occasione. Anche la sua vita privata ha spesso incrociato la scena: indimenticabile il lungo matrimonio con il soprano Katia Ricciarelli, una storia d’amore seguitissima dai media al punto da sembrare una soap opera nazionale. Per anni formarono la coppia “lirico-televisiva” per eccellenza, come due personaggi usciti da un melodramma italiano. Con Pippo Baudo si chiude davvero un’era della televisione. Quella in cui il presentatore era insieme garante, guida, autorità e volto familiare. Quella in cui la TV – il tubo catodico – univa il Paese intero attorno a pochi grandi eventi condivisi. Dopo di lui, il panorama mediatico si è frammentato in centinaia di canali, piattaforme e streaming, e figure accentratrici così totalizzanti non ce ne sono più state. Baudo stesso, nella sua lunghissima carriera, ha conosciuto il gusto del trionfo ma anche qualche inciampo . Eppure, fino all’ultimo, Superpippo ha mantenuto la sua aura di monumento vivente dello spettacolo. Una delle ultime apparizioni su un palco di primo piano fu il 7 febbraio 2018, proprio a Sanremo, quando venne invitato a celebrare la storia del Festival: con la voce incrinata dall’emozione, la rosa bianca all’occhiello, Baudo lesse una commossa “lettera d’amore” al pubblico dell’Ariston, ripercorrendo oltre mezzo secolo di memorie televisive. Oggi quell’eco risuona più forte che mai. Pippo Baudo non c’è più, ma rimane l’eco di un tempo in cui la TV era davvero una sola, e porta il suo nome. In fondo, se esiste un alfabeto della televisione italiana, molte delle lettere più importanti – dalla A di Auditel alla S di Sanremo – quelle le ha inventate lui.

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Giuditta Avellina