Un anno di proteste della Gen Z nel mondo: dal Nepal alla Bulgaria

Per troppo tempo giudicati inerti e inebetiti dagli smartphone, i Gen Z, nati tra il '97 e il 2012, hanno conquistato il centro della scena nell'anno che ci lasciamo alle spalle, come protagonisti dei movimenti di protesta che hanno attraversato decine di Paesi, del cosiddetto "Sud globale" ma non solo: dall'America all'Asia, passando per l'Europa e l'Africa. I giovani ribelli che si sono imposti sulle prime pagine internazionali sono distanti, ma vicini. Usano per organizzarsi le piattaforme social, che rispetto ai tempi delle Primavere arabe si sono evolute e massificate. Passano dal virtuale alla piazza con estrema disinvoltura, senza bisogno di avere alle spalle formazioni partitiche. In molti di questi teatri internazionali, i post-Millennial sono stati capaci di essere avanguardia, mobilitando nelle fasi successive delle rivolte settori sempre più ampi della società e trasformando battaglie generazionali in transgenerazionali. Culture diverse e specifiche, ma un terreno comune di riferimenti che passa anche per i manga e gli anime giapponesi. Ricostruiamo, aiutandoci con delle tessere fotografiche, il puzzle di questo dissenso che ha attraversato il globo e che ha avuto il volto di ventenni e ragazzi, in molti casi, ancora adolescenti. Tra le proteste a trazione giovanile degli ultimi dodici mesi forse quelle in Nepal sono state le più emblematiche per la piena iniziativa della Gen Z e le ragioni che hanno innescato la rivolta: l'oscuramento su scala nazionale di numerosi social media imposto dal governo. Il "ban" è stato la scintilla che ha fatto esplodere la rabbia contro la classe dirigente e contro i luoghi del potere, oggetto di attacchi e atti vandalici, mentre dall'altro lato la risposta della polizia è stata dura e denunciata fin da subito dagli attivisti per i diritti umani. Le dimissioni del presidente Sharma Oli e lo scioglimento del parlamento non sono bastati ad arginare la rivolta. La partecipazione è cresciuta in modo incontrollato, al punto che nella scelta della nuova premier, la prima donna del Paese himalayano, hanno avuto un ruolo centrale i giovani dimostranti. Il nome di Sushila Karki, ex giudice classe 1952, è emerso da un voto online sulla piattaforma Discord, una app gratuita di messaggistica. Karki è considerata un simbolo della lotta alla corruzione e sarà premier ad interim fino alle elezioni che si svolgeranno il prossimo marzo. Il bilancio delle violente proteste in Nepal è stato di 70 morti, centinaia di feriti e decine di arresti. Se si dovesse scegliere una bandiera comune per questo grande movimento transnazionale che ha raggiunto ogni latitudine, sarebbe certamente una effigie dal fondo nero con un teschio, due ossa incrociate e un cappello di paglia. Già perché il celebre manga "One Piece" è assurto a simbolo non solo in Asia. Da Kathmandu a Città del Messico, le avventure e disavventure della ciurma di pirati che affrontano un governo corrotto e repressivo sono, del resto, una proiezione della lotta dei giovani Gen Z contro l'establishment. Prima le manifestazioni contro il governo di Prabowo Subianto scatenate da un controverso bonus destinato ai deputati, percepito come stridente e inaccettabile in un contesto di tagli alla sanità e di austerità. Poi la morte di un rider 21enne, travolto da un blindato delle forze dell'ordine, che ha detonato la rabbia e frustrazione della piazza nei confronti degli abusi di potere da parte dell’esercito e della polizia. Anche in Indonesia i Gen Z sono stati protagonisti indiscussi. Come in Nepal la violenza è stata una faccia della medaglia. 8 i morti, mentre gli arresti sono stati nell'ordine delle migliaia. I giovani scesi in piazza in massa, a marzo 2025, in Turchia hanno conosciuto solo il potere di Erdogan, che dal 2003 ha retto le sorti del Paese, prima come premier, poi come presidente e infine come "Sultano", diminuendo via via gli spazi di libertà di espressione nel Paese diviso tra Asia e Europa. La causa scatenante delle grandi manifestazioni è stato l'arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e principale oppositore di Erdogan, con l'accusa di corruzione. Un'indagine a cui un pezzo di Paese non crede affatto e che ritiene sia servita esclusivamente a "fare fuori" politicamente il più pericoloso avversario del presidente e del suo partito, l'Akp. Il pugno di ferro delle autorità è andato di pari passo con la censura online e la chiusura degli account ribelli. I Gen Z hanno preso la testa delle proteste, pagandone le conseguenze con arresti e cariche. Un movimento tanto forte non si registrava dal 2013 e dalle proteste di Gezi park che furono represse nel sangue, con 4 morti e 8mila feriti. L'arresto di Imamoglu è stato interpretato con un atto di persecuzione aperta contro l'opposizione, che ha segnato per questo un'ulteriore stretta autoritaria in un Paese già irrimediabilmente compromesso sotto il profilo democratico. Il sindaco di Istanbul decaduto e rinchiuso nel carcere di Silivri rischia 2mila anni di carcere. I continui tagli all’acqua e all’elettricità, la corruzione dilagante, il nepotismo, le enormi disuguaglianze: questi i motivi per cui migliaia di Gen Z hanno manifestato per tre settimane in Madagascar. Il risultato è stato la fuga del Capo di Stato Andry Rajoelina e l'insediamento del successore, il colonnello Michael Randrianirina che ha promesso di coinvolgere i rappresentanti della Gen Z nel processo di formazione del nuovo governo. Cosa succederà davvero nella fase 2? Una domanda che si sono posti in molti e non senza un certo scetticismo sulla reale discontinuità con il passato della nuova leadership. In Kenya si protesta dal 2024. Autoritarismo, cattiva gestione economica, misure impopolari come l'innalzamento delle tasse sul pane, e poi la morte di un blogger politico, il 31enne Albert Ojwang, arrestato con l’accusa di aver diffamato un poliziotto sui social e trovato in seguito morto. Se un anno dopo si è tornati in piazza, un fattore determinante è stato la reintroduzione delle imposte su alcuni beni essenziali, che erano state revocate. Che a guidare il movimento siano stati i Gen Z non stupisce considerando che nel Paese ci sono 53 milioni di abitanti, di cui 18 milioni nati tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni '10 del Duemila. Si fanno chiamare Generazione Z 212, dove 212 sta per il prefisso telefonico del Marocco, e hanno individuato delle questioni centrali attorno alle quali sviluppare la contestazione: diritti, giustizia sociale, trasparenza della Cosa pubblica. Anche qui, però come in altri Paesi, c'è un fatto tragico all'origine delle grandi manifestazioni: la morte di otto donne nel giro di poche settimane nel reparto di ostetricia dell'ospedale pubblico della città di Agadir, a causa delle disastrose condizioni della struttura e più in generale della sanità marocchina. I giovani marocchini non hanno più intenzione di restare in silenzio rispetto a delle scelte politiche considerate scellerate: finanziare le ristrutturazioni di stadi in vista della Coppa del mondo e non quelle di scuole e ospedali. Hanno invocato l'insurrezione pacifica sullo sfondo di una crisi politica cronicizzata: la presidente Dina Boluarte, destituita ad ottobre, era accusata di non aver fatto abbastanza per contrastare il dilagare della criminalità organizzata. Ma la Gen Z in Perù non punta solo alla rimozione di un leader o di un governo, ma a un "reset" più drastico. I giovani protestatari hanno trovato in altre categorie degli alleati nella lotta, come gli autotrasportatori decisi a contrastare la riforma del sistema pensionistico. Mentre un nuovo presidente ad interim ha prestato nel frattempo giuramento, si attendono le elezioni previste per aprile 2026. Ci spostiamo in Messico, dove ad essere contestate sono le politiche della presidente Sheinbaum, salita al potere un anno fa come prima donna a ricoprire la carica. Non hanno convinto le sue scelte sulla sicurezza nel contesto di un Paese percepito come sempre più in mano ai narcotrafficanti. A novembre una grande manifestazione guidata dalla Gen Z, e partecipata in modo trasversale, ha visto scontri con la polizia e un centinaio di arresti. Primo novembre 2024: la pensilina della stazione ferroviaria della seconda città serba, Novi Sad, crolla rovinosamente uccidendo 16 persone. È l'inizio di una stagione di proteste guidate dagli studenti universitari che è ancora in corso. Il disastro di Novi Sad è giudicato da una parte di Paese come la prova che "la corruzione uccide" ed è necessario un urgente cambio di leadership. Per questo chi scende in piazza chiede a gran voce elezioni anticipate. Il presidente Vucic e il partito Sns, al timone da oltre un decennio, sono i bersagli di un movimento che si è esteso con il passare dei mesi. Un'ondata così forte di contestazione non si registrava in Serbia dai tempi di Milosevic. Con la Bulgaria chiudiamo questo giro del mondo. Una legge di bilancio considerata ingiusta è lo sfondo di una mobilitazione che ha portato alla caduta, o meglio alle dimissioni, del governo in carica, dopo alcune settimane di manifestazioni. La partecipazione giovanile è ed è stata fondamentale. Non solo il malcontento nei confronti della manovra, ma un sentimento di insoddisfazione più generalizzato per un sistema politico percepito come nepotista, corrotto e inefficiente. Quando l'esecutivo ha cercato di fare marcia indietro, era ormai troppo tardi. Mentre il Paese, già Ue, si prepara a entrare nell'eurozona il primo gennaio 2026, restano ancora tante incognite e punti di domanda su quale sarà il ruolo futuro di una Gen Z che ha fatto irruzione sulla scena pubblica in modo audace. I giovani bulgari vogliono costruire un Paese migliore per non essere costretti ad andare via. "Dateci una ragione per restare" si leggeva sugli striscioni.

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Ludovica Passeri