Mascherine al chiuso, Crisanti: “Tra 45 giorni potremo toglierle”

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E’ il parere del professore ordinario di microbiologia presso l'Università di Padova. Attualmente, nel nostro Paese, “abbiamo un altissimo numero di persone protette, e quindi se dovessimo fare una previsione a medio e breve termine penso di poter dire che siamo verso la fine dell’emergenza, se non emergono nuove varianti più aggressive penso ne siamo fuori”, ha sottolineato ancora dal suo punto di vista

In Italia, a partire da venerdì 11 febbraio, sarà possibile stare all’aperto senza mascherina. A confermarlo è stato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. L’allentamento della misura di contenimento contro il Covid-19 però è stata frenata dagli esperti del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), secondo cui, “in ambienti all'aperto in cui il distanziamento non è possibile, va considerato l'utilizzo di mascherine per il viso”, al fine di limitare la trasmissione del virus. E come ci si comporterà in ambienti non aperti? “Se continua così, tra un mese e mezzo potremo togliere le mascherine al chiuso”. Lo ha detto, intervenendo a “Un Giorno da Pecora”, in onda su Rai Radio1, Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia presso l'Università di Padova. Attualmente, nel nostro Paese, “abbiamo un altissimo numero di persone protette, e quindi se dovessimo fare una previsione a medio e breve termine penso di poter dire che siamo verso la fine dell’emergenza, se non emergono nuove varianti più aggressive penso ne siamo fuori”, ha sottolineato ancora dal suo punto di vista. “A questo punto le mascherine all'aperto sono inutili, mentre al chiuso hanno ancora un impatto”.

Tra quarta dose e Green pass

Crisanti ha toccato poi anche altri temi, tra cui anche quello legato alla quarta dose del vaccino anti-Covid. “In questo momento credo sarebbe necessario farla solo alle persone più fragili”, ha detto l’esperto, che nel corso di un altro intervento, questa volta ad “Agorà”, su Rai Tre, ha parlato del certificato verde. “Il Green pass non ha bloccato la trasmissione del Covid” ma “ha avuto il grandissimo merito di indurre le persone a vaccinarsi, abbiamo avuto i più alti tassi di Europa”, ha detto. “I casi calano non per il Green pass, ma perché la maggior parte delle persone si sono infettate o sono vaccinate. A questo puto a mio avviso è chiaro che l'effetto è stato raggiunto”, ha continuato. E, che il Green pass non abbia bloccato la trasmissione del Sars-Cov-2, ha sottolineato ancora, “lo testimoniano i 200.000-240.000 casi al giorno che abbiamo visto le scorse settimane ed è nell'esperienza di tutte le famiglie che persone vaccinate, anche con tre dosi, si sono infettate”. A questo punto, secondo Crisanti, “il problema della vaccinazione non è ideologico, ma è un problema di conseguimento di un obiettivo di sanità pubblica. Se l'analisi statistica ci dice che con il 90%-95% di vaccinati la trasmissione è bloccata, la decisione politica deve seguire l'indicazione della scienza”, ha ribadito.

Covid, il conto dei decessi

Nel corso del suo intervento ad “Agorà”, poi, Crisanti ha fatto riferimento anche al numero delle morti causate dal Sars-Cov-2, che in Italia non sarebbero sovrastimate, anzi, “in genere sono sempre stati sottostimati”, ha spiegato. “Io ho abbastanza dimestichezza con la Val Seriana, in Lombardia, dove nella prima ondata sono stati registrati 2.500 decessi da Covid quando invece l'eccesso di mortalità è stato di 6.500. Le persone dovrebbero ragionare prima di dire baggianate”, ha detto l’esperto, in merito all'ipotesi che l'alto numero di decessi legato alla pandemia, nel nostro Paese, sia dovuto ad un calcolo sbagliato, che indicherebbe il Covid come causa primaria anche se il soggetto è morto, da positivo, per altre cause. L'affermazione che più della metà dei morti da Covid sia, in realtà, stata causata da altre condizioni di salute, ha precisato il professore, “non possibile dal punto di vista statistico”. Infatti, ha concluso, “la maggior parte dei decessi Covid riguarda persone di 80-85 anni: la probabilità di una persona di questa età di morire, nell'arco di un giorno, è di una su mille. L'incidenza dei positivi in quella classe di età è 4 per mille”, ha spiegato ancora. Dunque, “la probabilità che una persona in quella fascia di età muoia per cause indipendenti dal Covid e, allo stesso tempo, sia 'casualmente' infettata dal Sars-Cov-2 è pari a 4 su un milione. Moltiplicandolo per 2,5 milioni di 80-85enni che abbiamo in Italia si arriverebbe a 10 persone al giorno”.

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