Covid, Palù (Aifa): “Restrizioni giuste, più dati per capire la variante Omicron”
Salute e BenessereLo ha spiegato, nel corso di un'intervista concessa al "Corriere della Sera", il virologo del Cts e presidente dell'Agenzia Italiana del Farmaco. E’ giusto “essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive e individuali, vedi ricorso alla mascherina e al tampone: le restrizioni in arrivo sono necessarie”, ha poi aggiunto
E’ giusto “essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive e individuali, vedi ricorso alla mascherina e al tampone: le restrizioni in arrivo sono necessarie”. Lo ha affermato, in un’intervista concessa al “Corriere della Sera”, Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e virologo del Comitato Tecnico Scientifico (Cts). E, sulla diffusione della variante Omicron nel nostro Paese, ha sottolineato che “non è scontato che in poche settimane diventi prevalente in Italia. Non abbiamo dati sufficienti per affermarlo”, ha detto, prima di valutare l’impatto effettivo della nuova mutazione del virus Sars-CoV-2.
I numeri attuali sulla diffusione di Omicron
La cautela nelle valutazioni, ha spiegato Palù, deriva dal fatto che “attualmente ci basiamo sui dati del Sudafrica, dove il nuovo ceppo virale ha preso il predominio, sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei e sui pochi studi eseguiti”. Ma proprio la situazione sanitaria sudafricana risulta “diversa e, oltretutto, disponiamo di elementi troppo scarsi per trarne conclusioni e chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso”, ha precisato. I numeri, considerando il territorio europeo e con i dati aggiornati al 14 dicembre, dicono che “i casi di Omicron erano 2-3 mila su alcune centinaia di migliaia. Nel Regno Unito sabato scorso sono stati riportati 10.000 nuovi casi sui circa 90mila positivi al virus”, ha riferito, mentre “l’Italia ha individuato sinora poco più di 80 sequenze Omicron in quanto svolge un’attività di sequenziamento molto bassa: siamo penultimi in Europa con la Spagna”.
Le caratteristiche della mutazione del virus
Come inquadrare, con quanto disponibile ad oggi, la variante Omicron? Secondo Palù, la stessa “presenta circa 35 mutazioni sulla proteina Spike che gli è necessaria per agganciare le cellule umane e che costituisce la base del vaccino”. La maggior parte di tali mutazioni “sono state identificate in precedenti varianti come responsabili della capacità del virus di eludere la sorveglianza del sistema immunitario e di infettare efficacemente la cellula ospite”, ha detto ancora. Non si sa però ancora nel dettaglio “se quella che viene descritta come maggiore capacità diffusiva di Omicron sia dovuta ad un processo infettivo più efficiente o ad una maggiore abilità di evadere l’immunità”, ha spiegato il virologo. Sottolineando come, in base ad alcuni studi non ancora pubblicati, “per fermare il nuovo virus ci vuole una quantità di anticorpi 10-40 volte superiore a quelli che bastano a neutralizzare il ceppo originale”. Nel paragone con la variante Delta, poi, non è ancora certo se Omicron sia più o meno virulenta. “L’esperienza del Sudafrica che sembrerebbe indicarlo non fa testo. La popolazione sudafricana è più giovane di quella europea, il tasso di copertura vaccinale è intorno al 25% e attualmente il Paese si trova nell’estate australe”, ha commentato.
L’importanza della terza dose
E’ anche “troppo presto” per sostenere “con certezza” che chi si infetta a causa della variante Omicron possa manifestare sintomi leggeri. Risulta più chiaro, invece, che due dosi di vaccino anti-Covid non bastino per frenarla. “Omicron riesce a sfuggire agli anticorpi sia sviluppati dal vaccino sia dall’infezione. Con due dosi ci si può reinfettare”, ha detto Palù in conclusione. Importante, a questo punto, risulta l’inoculazione della terza dose “booster” che, “non solo funziona, ma è il completamento del ciclo come avviene per quasi tutti i vaccini. È uno schema che rientra nella storia della vaccinologia, non bisogna pensare che la necessità di fare i richiami è la prova del fallimento di questi anti-Covid”. La terza dose, in sostanza, è bene “farla per una semplice esigenza di tutela della salute e come approccio prudenziale”, ha sottolineato il presidente di Aifa.