Lo ha sottolineato una ricerca condotta dal professor Crisanti e da esperti dell’Università di Padova e dell’Imperial College di Londra, sulla popolazione di Vo’ Euganeo, paese cluster del coronavirus in Veneto
A Vo' Euganeo, paese cluster del coronavirus in Veneto, più del 40% delle infezioni da Covid-19 sono state asintomatiche. Lo sottolinea un lavoro di ricerca, a firma anche del professor Andrea Crisanti, condotto dagli specialisti dell’Università di Padova e dell’Imperial College di Londra, relativo ai risultati delle prime due tornate di tamponi sulla popolazione del comune padovano, salito agli onori della cronaca in piena pandemia e che ha rappresentato la base scientifica per le azioni di sorveglianza attuate dalla Regione Veneto. La ricerca, pubblicata sulla rinomata rivista scientifica "Nature", dimostra come "non si rilevi alcuna differenza statisticamente significativa nella carica virale delle infezioni sintomatiche rispetto a quelle asintomatiche". Si tratta di un risultato che, come affermano gli esperti, conferma che potenzialmente, anche le infezioni asintomatiche o paucisintomatiche potrebbero contribuire alla trasmissione di Sars-CoV-2.
I risultati dello studio
La storia legata a questa ricerca viene raccontata con dovizia di particolari proprio sul portale dell’Imperial College, dove i ricercatori sostengono che test diffusi, l'isolamento delle persone infette e il lockdown abbiano effettivamente fermato l'epidemia. La città di Vo’, con una popolazione di quasi 3.200 persone, è stato il primo comune italiano in cui si è verificato un decesso per Covid-19, il 21 febbraio. Il comune veneto era stato messo in quarantena immediata per 14 giorni. Durante questo periodo, i ricercatori hanno sottoposto a test la maggior parte della popolazione, sia all'inizio del blocco (test sull'86% dei cittadini) sia dopo due settimane (72%). I test hanno rivelato che all'inizio del blocco, il 2,6 % della popolazione (73 persone) era positivo al virus Sars-CoV-2, mentre dopo un paio di settimane solo l'1,2 % (29 persone) risultava positivo. In entrambi i casi, circa il 40 % dei casi positivi non ha mostrato sintomi ed è stato attestato dunque su pazienti asintomatici. Oltre ad identificare la percentuale di casi asintomatici, il team di esperti ha anche scoperto che le persone asintomatiche avevano una "carica virale" simile ai pazienti sintomatici. I risultati hanno mostrato ancora che sono stati necessari in media 9,3 giorni per eliminare il virus dal corpo dei positivi. Un altro dato interessante emerso è che nessuno dei bambini di età inferiore ai dieci anni coinvolti nello studio è risultato positivo, nonostante molti vivessero con familiari infetti. Si tratta di un dato, dicono ancora i ricercatori, in netto contrasto con quello che riguarda gli adulti che vivono a fianco di persone infette, che molto probabilmente si sarebbero dimostrati positivi a loro volta.
Il controllo della malattia
Il professor Andrea Crisanti, condirettore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova e del Dipartimento di Scienze della Vita presso l’Imperial College, ha dichiarato che questa “ricerca mostra che i test di tutti i cittadini, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno sintomi, forniscono un modo per gestire la diffusione della malattia e prevenire le epidemie. Nonostante la trasmissione ‘silenziosa’ e diffusa, la malattia può essere controllata", ha spiegato. "Questo approccio di sperimentazione e rintracciamento del virus ha avuto un impatto enorme sul decorso dell'epidemia in Veneto rispetto ad altre regioni italiane e si propone come modello per sopprimere la trasmissione dello stesso e limitare il notevole onere per il sistema di salute pubblica, economica e sociale", ha aggiunto Crisanti. Ilaria Dorigatti, che ha partecipato allo studio, ha confermato poi che "lo studio su Vo’ dimostra che l'identificazione precoce dei cluster di infezione e l'isolamento tempestivo dei casi di infezioni sintomatiche e asintomatiche possono sopprimere la trasmissione e contenere un'epidemia nella sua fase iniziale, il che è particolarmente rilevante oggi, dato l'attuale rischio di nuovi cluster di infezione e di una seconda ondata di trasmissione”.