Silvia Romano, dal rapimento in Kenya alla liberazione: le tappe

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Era il 20 novembre 2018 quando la ragazza milanese veniva rapita a Chakama, da una banda di rapitori locali. Dopo essere stata tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato ad Al-Shabaab, la 24enne è stata liberata il 9 maggio 2020 in seguito a un'operazione dell'Intelligence italiana. Il 10 maggio è rientrata in Italia

Circa un anno e mezzo dopo il suo rapimento, Silvia Romano è tornata in libertà (L'ARRIVO A CIAMPINO - FOTO). Era il 20 novembre del 2018 quando la cooperante milanese fu sottratta alla sua attività umanitaria a Chakama, un villaggio a 80 chilometri da Malindi, in Kenya. Le ultime notizie, prima dell'operazione dell'Intelligence italiana che l'ha riportata in libertà il 9 maggio 2020, riferivano che la 24enne era tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato ai jihadisti di Al-Shabaab. Il 10 maggio è tornata in Italia.

Chi è Silvia Romano

Silvia Costanza Romano, 24 anni, si è laureata in Mediazione Linguistica per la Sicurezza e Difesa Sociale al Ciels, il Centro di Intermediazione Linguistica Europea. Nell'estate 2018 ha deciso di partire da sola per l'Africa, per la sua prima esperienza di volontariato in un orfanotrofio a Likoni, gestito dalla onlus “Orphan's Dream”. Silvia ha proseguito le sue attività con la piccola onlus marchigiana “Africa Milele" (che opera nel Paese africano su progetti di sostegno all’infanzia) a Chakama, prima di tornare in Italia. Ma poi ha deciso di continuare con il suo impegno in Africa, dove era tornata ai primi di novembre 2018. La ragazza ha insegnato anche ginnastica artistica in una storica palestra milanese e ha fatto l'istruttrice di acrobatica in un centro sportivo.

Il 20 novembre 2018 il rapimento

Il 20 novembre 2018 Silvia Romano viene rapita durante un attacco armato di un gruppo di otto persone appartenenti a una banda locale che fa irruzione nell'ufficio dell’organizzazione per cui lavora, con fucili e machete. La polizia kenyota rende noto che nell'attacco gli uomini armati hanno "sparato indiscriminatamente" ferendo cinque persone. Un testimone, un ragazzo che studia grazie alla onlus per cui lavora Silvia Romano, racconta che l’obiettivo degli uomini armati era proprio la ragazza e che l'hanno schiaffeggiata e legata con le mani dietro la schiena, prima di portarla via. Silvia è stata portata via senza cellulare e passaporto su una moto, verso una zona boschiva nei pressi del fiume Tana.

I primi arresti

Nei giorni successivi al rapimento si è aperta la difficile fase delle indagini e dei tentativi di arrivare ai rapitori. I primi arresti arrivano un paio di giorni dopo il sequestro: si tratta di 14 persone che non avrebbero fatto parte del command,  ma che “potrebbero avere avuto contatti con il gruppo di sequestratori se non proprio esserne complici”. Vengono poi effettuati altri arresti: a finire in manette sono la moglie e il suocero di uno dei tre sospetti rapitori, di cui intanto vengono diffusi nomi e foto. Per incoraggiare i testimoni, viene promessa una taglia di oltre 25mila euro. Nei primi giorni dal rapimento, le autorità kenyote continuano a far trapelare fiducia: “Abbiamo quasi raggiunto i rapitori”, affermano il 26 novembre. “C'è ottimismo sulla liberazione di Silvia Romano", ribadiscono il 28 novembre, sostenendo che i rapitori sarebbero ormai "accerchiati" nella boscaglia.

La conferma che a Natale era ancora in vita

Passano i giorni, ma la soluzione della vicenda, che sembrava vicina, non arriva. Il 26 dicembre notizie su Silvia Romano arrivano dalle forze dell’ordine kenyote. “È viva ed è ancora in Kenya”, assicura la polizia regionale escludendo che la ragazza sia stata portata nella vicina Somalia. Il comandante della polizia della costa Noah Mwivanda spiega di avere "informazioni cruciali" che lo confermano, ma che non si possono "rivelare". La conferma che la 24enne era sicuramente in vita a Natale arriva da un vertice avvenuto a Roma tra le autorità giudiziarie italiane e kenyote nel luglio del 2019: la ragazza è stata poi ceduta a un’altra banda di sequestratori. 

Trasferita in Somalia

Per mesi non trapela quasi nulla da parte degli inquirenti e del governo italiano. A fine settembre 2019, il Giornale, in un articolo che cita fonti dei servizi italiani, afferma che la giovane, dopo il rapimento, sarebbe stata costretta all'islamizzazione e a sposarsi in Somalia con un uomo legato all'organizzazione che la terrebbe in ostaggio. Una ricostruzione, questa, poi smentita dagli inquirenti. Sempre a fine settembre Agi, citando una fonte di intelligence, riferisce che "Silvia è viva e si sta facendo di tutto per riportarla a casa”. Il 18 novembre viene confermata dagli inquirenti l’ipotesi che la 24enne sia in Somalia nelle mani di un gruppo islamico.

Il processo per i rapitori

Degli otto autori materiali del rapimento, cinque sono attualmente ricercati mentre due sono stati arrestati. Un terzo soggetto finito in manette, un cittadino somalo di 35 anni, trovato in possesso di una delle armi in quel villaggio, ha ammesso le sue responsabilità. Il processo per i tre rapitori, Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibraiam Adam Omar, doveva tenersi a luglio ma è stato rinviato per due volte, la seconda perché Adam Omar, in libertà su cauzione e considerato l'uomo più pericoloso dei tre, non si è presentato all'ultima udienza, quella del 14 novembre. I giudici lo dichiarano “formalmente" latitante.

Le richieste di trasparenza a 12 mesi dal rapimento

Passa un anno dal rapimento e alcuni politici e membri di associazioni chiedono a più riprese al governo di fare chiarezza sulla vicenda. Pippo Civati, leader di Possibile, in un tweet scrive: "Credo sia doveroso che a un anno di distanza ci sia una comunicazione ufficiale del nostro esecutivo sulla situazione di Silvia Romano. Troppe le voci ufficiose, troppe le mezze verità, troppi i pettegolezzi”. Nino Sergi, fondatore e presidente emerito di Intersos e Policy Advisor di Link 2007, fa nuovamente sentire la sua voce inviando una seconda lettera aperta al generale Luciano Carta, direttore dell'Aise, i servizi di intelligence esterni. “Dodici mesi sono tanti - scrive Sergi -. A chi attende la sua liberazione sembrano interminabili".

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L'annuncio della liberazione

È il 9 maggio del 2020 quando, a sorpresa, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia su Twitter la liberazione di Silvia Romano. La volontaria è stata ritrovata durante un'operazione dell'Aise, diretta dal generale Luciano Carta e condotta con la collaborazione dei servizi turchi e somali. La ragazza è stata liberata a 30 chilometri da Mogadiscio. L'operazione è avvenuta in condizioni estreme perché la zona era stata colpita dalle alluvioni nei giorni precedenti. Successivamente, Silvia Romano è stata portata in sicurezza nel compound delle forze internazionali nella capitale somala. "Sono stata forte e ho resistito, non vedo l'ora di rientrare in Italia", ha detto la ragazza poco dopo la sua liberazione.

L'arrivo in Italia

Il 10 maggio torna in Italia: il suo volo atterra intorno alle 14 all'aeroporto di Ciampino. La giovane scende dalla scaletta dell'aereo indossando una veste tradizionale islamica verde. Sul volto una mascherina come protezione contro il coronavirus, che ha tolto momentaneamente per sorridere e salutare. Poi un lungo abbraccio con i genitori e la sorella. Ad attenderla anche il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. "In questo momento di grande difficoltà, un segnale che lo Stato c'è", commenta Conte. Di Maio rivolge un pensiero agli "altri cittadini italiani ancora in stato di prigionia all'estero, lavoreremo per riportarli a casa: l'Italia non lascia indietro nessuno. Il lavoro continuerà".

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