Dal settore energetico a quello automobilistico fino alla moda e al cibo, sono numerose le grandi compagnie che dall'inizio del conflitto hanno deciso di andarsene da Mosca e dintorni
L’economia russa non sta risentendo solo delle sanzioni che molti governi hanno deciso di applicare dopo l'invasione dell'Ucraina, ma anche della scelta di diverse compagnie di disinvestire o tagliare sempre più i ponti con Mosca, come diretta conseguenza delle decisioni prese dai governi o per problemi legati alla sicurezza
Heineken, dopo lo scoppio della guerra, ha annunciato di aver interrotto la produzione, la pubblicità e la vendita di birra in Russia. Poi, il 25 agosto 2023, ha formalizzato la vendita delle sue attività nel Paese. "Heineken SA ha venduto le sue attività in Russia al gruppo Arnest. La vendita segue l'ottenimento delle necessarie autorizzazioni e completa il processo avviato nel marzo 2022 per ritirarsi dalla Russia", ha annunciato il gruppo olandese. La cessione è avvenuta alla cifra simbolica di un euro e “probabilmente produrrà perdite per 300 milioni di euro”
Tra le aziende che hanno detto "addio" alla Russia c'è anche la Michelin, che ha venduto le sue attività in Russia a un distributore locale di varie marche di pneumatici, la Power International Tires. A renderlo noto, il 26 maggio 2023, è stata l'agenzia russa Interfax citando un comunicato della compagnia francese
Nell’elenco di realtà che hanno preso provvedimenti subito dopo lo scoppio del conflitto ci sono anche Maersk e MSC, le due più grandi aziende di spedizione tramite container. La prima, che è danese, ha annunciato che non accetterà più ordini da e per la Russia. La seconda ha preso una decisione simile, specificando che continuerà tuttavia ad accettare ordini per merci essenziali come cibo e medicine. Anche Dhl ha sospeso i servizi di consegna
Shell ha comunicato che intende uscire dalle joint venture con Gazprom e che ha intenzione di mettere fine al suo coinvolgimento nel progetto di gasdotto Nord Stream 2. "Siamo scioccati dalla perdita di vite umane in Ucraina, che deploriamo come il risultato di una aggressione militare senza senso che minaccia la sicurezza europea", ha detto il Ceo del gigante petrolifero, Ben van Beurden
Una decisione importante è stata presa anche da Bp, che esce dalla sua partecipazione azionaria nella russa Rosneft. "L'attacco della Russia in Ucraina è un atto di aggressione che sta avendo tragiche conseguenze nell'area", ha detto l’amministratore delegato Bernard Looney. "La decisione che abbiamo preso come consiglio di amministrazione non è solo la cosa giusta da fare, ma è anche nell'interesse di lungo termine di Bp". Lo stesso ha fatto la norvegese Equinor
Il colosso francese TotalEnergies, invece, ha fatto sapere che "non apporterà più capitali a nuovi progetti in Russia". Ha preso le distanze da Mosca anche Exxon pianificando una uscita graduale dal Paese
Oltre alle compagnie energetiche, si sono mosse anche le aziende automobilistiche. Renault ha chiuso le attività a Mosca, così come la svedese Volvo, Volkswagen, Jaguar Land Rover, Renault e General Motors. Mazda habloccato le forniture di parti di ricambio
Anche Ford ha sospeso le sue attività nel Paese fino a data da destinarsi. Lo ha annunciato la stessa compagnia in una nota, sottolineando di non avere "significative attività" in Ucraina. "Abbiamo però un forte contingente di ucraini che lavora a Ford in tutto il mondo e continueremo a sostenerli"
La Ferrari ha deciso di sospendere la produzione di veicoli per il mercato russo fino a nuovo avviso. "Continuiamo a monitorare da vicino la situazione nel rispetto di tutte le regole, regolamenti e sanzioni", ha detto in una nota la Casa di Maranello
Adidas, intanto, ha sospeso la collaborazione con la federcalcio russa, come ha resonoto il portavoce della società che, nel 2020, ha generato il 2,9% del proprio fatturato nelle regioni "Russia, Ucraina e Csi"
Ha lasciato definitivamente la Russia, e non riaprirà più i suoi negozi, Nike. Il colosso dello streetwear lo ha deciso a giugno 2022, dopo aver sospeso tutte le sue attività nel Paese già a marzo
H&M prima ha sospeso tutte le vendite nel Paese, poi a luglio è arrivato l'annuncio: la catena abbigliamento uscirà dal mercato in Russia. "Dopo matura riflessione, constatiamo che è impossibile continuare la nostra attività in Russia, tenuto conto della situazione", ha dichiarato in un comunicato aziendale la direttrice generale del gruppo svedese, Helena Helmersson. H&M, secondo i dati diffusi sul suo sito, aveva 150 punti vendita in Russi, Paese che costituisce il suo 6° mercato al mondo, con il 4% delle vendite totali del gruppo nel quarto trimestre del 2021
E così anche Apple ha sospeso la vendita di tutti i suoi prodotti in Russia, come affermato dalla stessa società in una nota, annunciando che rimuoverà RT News e Sputnik dai suo App Store fuori dalla Russia
Anche Samsung sospende le spedizioni di telefoni e chip alla Russia. Lo ha annunciato l'azienda, sottolineando che "monitorerà attivamente la situazione in Russia". Secondo quanto riportato dall'agenzia Bloomberg, la società ha affermato inoltre che devolverà 6 milioni di dollari per gli sforzi umanitari
Coca-Cola ha a sua volta sospeso le attività in Russia. Lo ha annunciato la società in una nota, sottolineando che "continuerà a monitorare la situazione"
Alla lista si unisce PepsiCo che sospende la vendita di Pepsi Cola e altre delle sue bevande in Russia. Sospesi anche gli investimenti di capitale e la pubblicità
McDonald's, dopo le minacce di boicottaggio, aveva annunciato a marzo la chiusura temporanea di tutti gli 850 punti vendita nel Paese. Ma poi, il 16 maggio 2022, ha comunicato l'uscita dalla Russia, con la vendita completa delle sue attività a un acquirente locale. Gli 850 punti vendita sono stati acquisitidalla società Sistema Pbo e ribattezzati "Vkousno i totchka", cioè "Delizioso e basta" che hanno riaperto con la nuova veste a giugno
Dopo quasi 15 anni in Russia non è più possibile bere i caffè e le bibite di Starbucks. Dopo aver chiuso i 130 punti vendita in territorio russo, l’azienda americana ha annunciato l'abbandono ufficiale del mercato russo a fine maggio 2022. Il colosso delle caffetterie ha assicurato che pagherà ai suoi 2mila dipendenti russi gli stipendi per sei mesi
Visa e Mastercard hanno sospeso le operazioni e i servizi di rete in Russia. Le carte emesse dalle banche russe non saranno più supportate dalla rete Mastercard. Inoltre, anche qualsiasi Mastercard emessa al di fuori del Paese non funzionerà presso i commercianti o gli sportelli automatici russi
Anche PayPal ha annunciato la sospensione di tutti i suoi servizi in Russia e ha bloccato tutti i pagamenti elettronici a partire dal 18 marzo 2022. Invece il 23 giugno, Cisco, produttore statunitense di apparecchiature per le telecomunicazioni, ha affermato che chiuderà tutte le sue attività in Russia e Bielorussia, abbandonando completamente i due Paesi. In precedenza aveva già sospeso le operazioni commerciali, comprese le vendite e i servizi, nei due Paesi
Anche Prada ha sospeso le sue attività in Russia, come hanno riportato i media internazionali sottolineando che il gruppo, a cui fanno capo anche i marchi Miu Miu, Church's e Car shoe, ha annunciato di sospendere "le attività retail in Russia. La nostra preoccupazione principale è per tutti i colleghi e le loro famiglie colpiti dalla tragedia in Ucraina ai quali continueremo a garantire supporto"
Anche Levi Strauss & Co ha deciso di lasciare il mercato russo dopo 29 anni di presenza nel Paese. Lo fa sapere la Tass aggiungendo che la storica marca made in Usa ha interrotto le spedizioni dei suoi prodotti e sta cercando un acquirente per le sue attività di vendita al dettaglio in Russia. Una fonte ha dichiarato ai media russi che la turca Fiba Holding A.S. sarebbe un potenziale compratore
Nestlè ha bloccato le consegne di beni non essenziali in Russia. Lo si legge in una nota in cui la multinazionale ha sottolineato che la decisione esclude i beni di prima necessità. Sospese con effetto immediato le esportazioni dei prodotti a marchio Nespresso e Sanpellegrino, così come sono stati fermati gli investimenti in pubblicità. Oltre il 90% dei prodotti Nestlè venduti in Russia escono dai 6 impianti locali del gruppo, dove operano oltre 7mila persone. Sospese le esportazioni di beni non di prima necessità nei Paesi della Csi
Il gruppo francese di articoli sportivi Decathlon, sotto pressione dall'inizio della guerra in Ucraina, ha a sua volta annunciato la sospensione delle sue attività in Russia, a causa di problemi di approvvigionamento. "Decathlon è costretto a sospendere il funzionamento dei suoi negozi", ha scritto la società Mulliez, che fino ad allora aveva mantenuto le attività dei suoi marchi Auchan e Leroy-Merlin in Russia
Johnson & Johnson ha dichiarato l'interruzione della vendita di prodotti per la cura della persona in Russia, ma continua a fornire medicinali e dispositivi medici nel Paese poiché questi sono esclusi dalle sanzioni occidentali. Tuttavia, non prende più pazienti negli studi clinici sui farmaci che stava conducendo in Russia. L'azienda ottiene circa l'1% delle sue vendite dalla Russia
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Koch Industries è un colosso industriale globale che in Russia, con la sua controllata Guardian Industries, produce vetro in due stabilimenti dove lavorano 600 persone. Dopo più di un mese in cui ha sfidato le pressioni dell'opinione pubblica continuando a fare affari in Russia nonostante l'invasione dell'Ucraina, Koch Industries ha infine annuciato lo stop degli affari con Mosca
Anche Philip Morris ha affermato in una nota l'abbandono di Mosca. "Il consiglio di amministrazione e i manager stanno lavorando sulle opzioni per uscire dal mercato della Russia in modo ordinato", si legge. "I nostri sforzi nelle ultime settimane sono stati nell'assicurare la sicurezza dei nostri colleghi ucraini. Siamo solidali con gli innocenti uomini, donne e bambini che stanno soffrendo", ha affermato l'amministratore delegato Jacek Olczak, sottolineando che la società ha "più di 3.200 dipendenti in Russia e continua a sostenerli, anche pagando i salari"
Dopo la pioggia di critiche che si è abbattuta sulle dichiarazioni del ceo di Uniqlo, Tadashi Yanai, a proposito dell'iniziale decisione di non interrompere la propria attività sul suolo russo, il colosso giapponese della moda ha fatto marcia indietro e ha annunciato la sospensione della vendita dei propri capi d'abbigliamento in Russia
Altre aziende non si sono ancora mosse, ma stanno valutando il da farsi. Nelle prime fasi del conflitto si sono mosse anche diverse realtà italiane che hanno interessi in Russia. Eni, per esempio, ha deciso di vendere la propria quota congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia)
Particolarmente delicata è poi la situazione delle banche. Come è emerso, quelle italiane sono fra le più esposte al mondo verso la Russia con 25,3 miliardi dollari ai quali vanno aggiunte altre esposizioni potenziali come i quasi 6 miliardi di garanzie
Assicurazioni Generali ha deciso di lasciare i tre posti nel board di Ingosstrakh, la compagnia russa di cui detiene il 37,5%: escono Paolo Scaroni, Luciano Cirinnà, responsabile dell'area Austria Centro Est Europa e Russia, e Giorgio Callegari, ex numero uno di Generali Russia. Il gruppo italiano chiude inoltre l'ufficio di rappresentanza a Mosca e le attività di Europ Assistance nel Paese
Anche Zurich Insurance ha ceduto le sue attività in Russia a 11 componenti dello staff locale che opereranno sotto un diverso marchio. Lo ha comunicato la compagnia assicurativa svizzera che esce così dal mercato russo, dove possiede ha una quota dello 0,3% con premi lordi per 34 milioni di euro
A luglio del 2022, Lego ha annunciato di cessare l'attività commerciale e "di porre fine alla sua partnership" con il distributore russo Inventive Retail Group, "che possedeva e gestiva 81 negozi" a nome del colosso danese. Lego taglierà anche i posti della "maggior parte del proprio personale con sede a Mosca", ha specificato il gruppo
Il 14 ottobre 2022 anche la Danone ha annunciato di aver iniziato la cessione del controllo delle sue attività in Russia (Edp) e intende disinvestire dalla sua unità "latticini e prodotti a base vegetale" che costituisce la maggior parte del suon business nel Paese mantenendo solo il suo ramo di nutrizione infantile. Il colosso dell'agroindustria francese spiega che l'operazione comporta una svalutazione nel bilancio fino a 1 miliardo di euro. Le attività locali, nei primi 9 mesi dell'anno, hanno rappresentato il 5% delle vendite nette di Danone