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G8 di Genova, da Carlo Giuliani all'assalto alla scuola Diaz: cosa accadde 21 anni fa

Cronaca fotogallery
20 lug 2022 - 06:30 30 foto

I fatti avvenuti dal 19 al 22 luglio 2001, a margine dello svolgimento della riunione dei capi di governo, sconvolsero il mondo e segnarono la fine di un'epoca. Dagli scontri in piazza ai black bloc, dalle Tute Bianche alla fine del movimento no-global, ecco il racconto per immagini di cosa successe in quei pochi ma indelebili giorni

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Sono passati 21 anni dai fatti del G8 di Genova, avvenuti dal 19 al 22 luglio 2001 a margine dello svolgimento del vertice dei capi di governo. Dalla morte di Carlo Giuliani alla "macelleria messicana" della scuola Diaz, dagli scontri in piazza ai black bloc, dalle Tute Bianche alla fine del movimento no-global: ecco cosa accadde

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18 LUGLIO - La città si preparò ai cortei dei giorni seguenti. Le misure di sicurezza prevedevano una zona gialla, ad accesso limitato, e una zona rossa severamente vietata. Per separarle furono installate inferriate e grate

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LE MISURE - Furono poste sotto controllo strade e autostrade, chiusi il porto, le stazioni ferroviarie e l'aeroporto di Genova-Sestri Ponente, nonché sigillati i tombini per paura di attacchi dinamitardi

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IL CONCERTO - La sera del 18, in piazza Kennedy, le manifestazioni del G8 cominciarono con una festa: in 20mila ballarono e cantarono al concerto di Manu Chao. Dal palco risuonò il discorso di Vittorio Agnoletto, portavoce nazionale del Genoa Social Forum, la rete di movimenti, partiti, associazioni e società civile di contestazione no-global

G8 di Genova: che fine hanno fatto i protagonisti
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19 LUGLIO - In attesa dei due grandi cortei di venerdì e sabato, il giorno prima dell’inizio del G8 si svolse una manifestazione per la rivendicazione dei diritti degli immigrati a cui parteciparono molti gruppi stranieri, cittadini genovesi, rappresentanti della Rete Lilliput e anche un piccolo gruppo di anarchici

Carlo Giuliani, 21 anni fa la morte al G8 di Genova
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IL PRIMO CORTEO - Venne stimata la presenza di circa 50mila persone e non si registrarono incidenti. Nel corso della giornata crebbe l'affluenza in città di gruppi organizzati e di singole persone, alloggiati nelle aree predisposte nelle varie zone del capoluogo ligure

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20 LUGLIO/L'INIZIO DEL G8 - Nella mattinata di venerdì 20 luglio iniziò la riunione tra i capi di governo. A guidare l’incontro il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che a Palazzo Ducale accolse Gerhard Schroeder (Germania), Jacques Chirac (Francia), Jean Chrétien (Canada), Junichiro Koizumi (Giappone), Tony Blair (Regno Unito), George W. Bush (Usa), Vladimir Putin (Russia), Romano Prodi e Guy Verhofstadt (Unione europea)

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I CORTEI - Erano state organizzate diverse manifestazioni in varie zone della città. Un corteo di lavoratori in sciopero, tra piazza Montano a Sampierdarena e piazza Di Negro, si svolse senza incidenti. Rete Lilliput, Rete Contro G8, Legambiente e Marcia mondiale delle donne prevedevano un sit-in davanti ai varchi della zona rossa

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LA ZONA ROSSA - I Cobas e il Network per i Diritti Globali sfilarono per i temi del lavoro. Era previsto un corteo di Attac, dell'Arci, di Rifondazione Comunista, della Fiom-Cgil, dell'Uds e dell'Udu. Le Tute Bianche, con il leader Luca Casarini, partirono dallo stadio Carlini intenzionate a violare la zona rossa, così come Globalise Resistance e Attac France da piazzale Kennedy

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I BLACK BLOC - Il 18 luglio, il Gsf aveva segnalato alle forze dell'ordine la possibile infiltrazione di alcuni elementi violenti tra le fila delle Tute Bianche, allo scopo di compiere atti di vandalismo e screditare l'immagine della manifestazione

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I PRIMI SCONTRI - Nel primo pomeriggio iniziarono le tensioni. Alla stazione Brignole alcuni black bloc attaccarono con molotov e sassi i carabinieri, che risposero caricando i manifestanti con lacrimogeni. Contatti violenti anche tra le due anime del corteo, con la corrente pacifica che cercò di allontanare gli infiltrati

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IL CARCERE DI MARASSI - Parte dei black bloc si allontanò dalla zona rossa, dirigendosi verso il carcere nel quartiere Marassi. Qui danneggiarono le telecamere e il portone. I manifestanti pacifici tentarono di fermarli, la polizia restò a distanza

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VIA TOLEMAIDE - Nel frattempo, circa 300 carabinieri con blindati e camionette si dirigeva verso piazza Giusti per sedare disordini. Per non bloccare il corteo pacifico che da corso Gastaldi si dirigeva verso via Tolemaide, avrebbero dovuto aggirare la zona. Ma, per quello che fu definito un errore a causa della scarsa conoscenza della città, si ritrovarono davanti alla testa del corteo, facendo da tappo

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LE CARICHE - I carabinieri caricarono per alcune centinaia di metri la testa del corteo autorizzato, guidato dalle Tute Bianche, bersagliandolo di lacrimogeni. Le vie di fuga erano state chiuse e, pur cercando riparo nelle stradine laterali, i manifestanti subirono pestaggi dalle forze dell’ordine. Negli anni successivi, la grande quantità di lacrimogeni respirati quel giorno causò problemi respiratori cronici e dermatologici a molti tra i presenti

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PIAZZA ALIMONDA - Alcuni manifestanti reagirono alle cariche dei carabinieri, preparando barricate improvvisate con cassonetti rovesciati. Iniziato lo scontro, i carabinieri non riuscirono a disperdere i manifestanti e indietreggiarono. Nella "ritirata", una Land Rover Defender, con a bordo tre carabinieri (tra cui il 20enne Mario Placanica) restò bloccata in piazza Alimonda

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L’ESTINTORE - Una quindicina di persone attaccò il mezzo. Uno degli aggressori scagliò un estintore contro la Land Rover. Dall'interno uno degli occupanti lo colpì con un calcio, facendolo rotolare a terra in direzione di un manifestante con il volto coperto da un passamontagna, identificato in seguito come Carlo Giuliani, che si trovava a diversi metri dal mezzo. Il ragazzo raccolse e sollevò l’estintore con le mani sopra la testa, ma venne raggiunto da un colpo di pistola allo zigomo

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CARLO GIULIANI - Erano le 17:27 quando Giuliani fu colpito dal colpo esploso da Placanica. Il 23enne cadde a terra e fu investito due volte dal mezzo, che ripartì dopo lo sparo. Dopo l’accaduto, le forze dell’ordine rioccuparono la piazza e circondarono il corpo. Nessuno venne fatto avvicinare. Il personale medico arrivò dopo circa mezz’ora, quando Giuliani era già morto

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LA NOTIZIA DELLA MORTE - La notizia circolata inizialmente parlava di un ragazzo spagnolo ucciso da un altro manifestante con un sasso. Solo verso le 22 venne diffuso il nome del 23enne e il coinvolgimento delle forze dell’ordine nella sua morte

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PIAZZA MANIN - Nel frattempo, la manifestazione organizzata da Rete Lilliput procedeva con anche i gruppi di don Andrea Gallo e alcuni commercianti dell'equo-solidale. Con le mani pitturate di bianco come simbolo di pace, proseguirono fino a quando non vennero intercettati dai black bloc. Gli attivisti formarono un cordone per non mischiarsi, ma quando la polizia arrivò in piazza Manin caricò i manifestanti pacifici provocando decine di feriti

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21 LUGLIO - La notizia dell’uccisione di Carlo Giuliani e gli scontri del giorno precedente portarono a diverse richieste di annullamento della manifestazione del sabato, che però il Gsf respinse. Il corteo doveva svolgersi lungo corso Italia, per concludersi nella zona della Foce. Come il giorno prima, anche qui si infiltrarono i black bloc, che si resero protagonisti di scontri, incendi e distruzioni di auto, banche e negozi

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CORSO ITALIA - Per tenersi lontano da scontri e lacrimogeni il corteo deviò dalla strada originaria. Ma le cariche della polizia iniziarono su corso Italia mentre ancora stava arrivando la coda del corteo, spezzandolo praticamente in due. Il secondo spezzone del corteo pacifico fu costretto a sciogliersi

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LE CARICHE SUL CORTEO AUTORIZZATO - Le persone che si trovavano nella parte finale del primo spezzone si dispersero, inseguite dalle forze dell'ordine nelle vie del quartiere. Molti manifestanti riportarono ferite da trauma e disturbi dovuti all'inalazione dei gas lacrimogeni. Tanti furono salvati dagli abitanti della zona, che offrirono riparo negli androni dei palazzi

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LA NOTTE TRA IL 21 E 22 LUGLIO - La scuola Diaz e la scuola Pascoli erano state concesse dal comune di Genova al Genoa Social Forum come sede del loro media center. In seguito alle forti piogge che avevano allagato i campeggi, furono usate anche come dormitori dai manifestanti e dai giornalisti, perlopiù stranieri e tutti accreditati

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LA SCUOLA DIAZ - Secondo il verbale della polizia, nella notte di sabato si decise per una "perquisizione" all'interno della scuola poiché si sospettava la presenza di simpatizzanti dei black bloc. I poliziotti con il supporto dei carabinieri si presentarono in tenuta antisommossa: l'intervento divenne violento

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"MACELLERIA MESSICANA" - Nel pestaggio furono ferite 82 persone, 63 portate in ospedale, delle quali tre in prognosi riservata e uno, il giornalista Mark Covell, in coma. Furono fermati 93 attivisti, di cui molti portati fuori in barella. Le prime immagini all’interno della scuola, con i muri sporchi di sangue, fecero il giro del mondo: finirono sotto accusa 125 poliziotti, compresi dirigenti e capisquadra. Fu definito un pestaggio da "macelleria messicana" dal vicequestore Michelangelo Fournier

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BOLZANETO/1 - Le persone fermate e arrestate durante i giorni del G8 furono condotte nella caserma di Bolzaneto, che era stata individuata come centro di primo riconoscimento. A proposito dei fatti lì accaduti, la Cassazione parlò di "completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto". I fermati accusarono le forze dell'ordine di violenze fisiche e psicologiche

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BOLZANETO/2 - Le persone fermate riferirono anche di episodi di tortura: oltre ai pestaggi, furono costrette a stare ore in piedi, in posizioni umilianti, senza avere la possibilità di recarsi al bagno né ricevere cure mediche. Alcuni furono costretti a spogliarsi e a subire minacce di stupro. Riferirono anche di un clima di "euforia" tra le forze dell'ordine che infierivano sui manifestanti mentre invocavano ideologie dittatoriali e cantavano slogan di matrice fascista, nazista e razzista

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DOPO IL G8 - In un rapporto sui fatti di Genova, Amnesty International ha definito l'operato delle forze dell'ordine durante il G8 come "la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale". Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato all'unanimità che con l'irruzione della scuola Diaz è stato violato l'articolo 3 sul "divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti"

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I PROCESSI - Negli anni successivi, lo Stato italiano subì alcune condanne in sede civile per gli abusi commessi dalle forze dell'ordine. Nei confronti di funzionari pubblici furono aperti procedimenti in sede penale per gli stessi reati. Altri procedimenti furono aperti contro alcuni manifestanti per i disordini durante i cortei

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SENZA COLPEVOLI - Circa 250 dei procedimenti contro esponenti delle forze dell'ordine per lesioni furono archiviati a causa dell'impossibilità di identificare i responsabili: quasi tutti avevano il volto coperto da caschi antisommossa o da fazzoletti. Inoltre, ai tempi in Italia non esisteva il reato di tortura (introdotto solo nel 2017). Tutt'oggi non è previsto un numero identificativo per gli agenti. La magistratura ritenne effettivamente avvenuti i reati contestati, anche nell'impossibilità di identificare i colpevoli

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