Israele Palestina, il piano in dodici punti dell'Ue per una soluzione a due stati
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È un piano di dodici punti quello preparato dall'alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrell, con l'intento di porre fine alla spirale di violenza in Medio Oriente. Non si tratterebbe di un piano di pace, come lo stesso Borrell ha precisato, ma un piano per la soluzione a due Stati: ecco le sue specifiche
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- Un piano per porre fine al conflitto in Medio Oriente, quello preparato da Josep Borrell, che parte dall’urgenza con cui l'Unione europea deve affrontare la situazione umanitaria a Gaza, la guerra e gli attacchi terroristici. Per fare ciò, l'Ue deve prepararsi per la futura sicurezza di israeliani e palestinesi, per la stabilizzazione dei territori occupati e per una rapida ripresa. Tale preparazione per il dopoguerra include necessariamente un'iniziativa volta a porre fine ai conflitti di lunga data nell'area
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- Borrell avverte che è necessario promuovere una pace globale quanto prima poiché, in assenza di un processo per raggiungere la soluzione a due Stati, qualsiasi meccanismo di governance e di sicurezza istituito a Gaza o altrove sarà percepito come un'estensione dell'occupazione e una negazione dei diritti dei palestinesi, e creerà quindi ulteriori rischi per la sicurezza della regione e dell'Europa
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- L’alto rappresentante dell’Ue per la politica estera garantisce che non c'è altra soluzione credibile e globale se non quella di uno Stato palestinese indipendente che esista fianco a fianco con Israele, in pace e sicurezza, con la piena normalizzazione e lo sviluppo sostanziale della sicurezza e della cooperazione economica tra Israele, Palestina e la regione, compresi i maggiori Stati arabi
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- Secondo Borrell, non è realistico presumere che israeliani e palestinesi parteciperanno, nel prossimo futuro, ai negoziati bilaterali senza una forte partecipazione internazionale. I palestinesi avranno bisogno di un'Olp rivitalizzata per presentare un'alternativa politica a Hamas, mentre gli israeliani dovranno trovare la volontà politica per impegnarsi in negoziati significativi verso una soluzione a due Stati. È quindi responsabilità degli attori esterni, come l'Ue, contribuire a preparare il terreno per una pace globale
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- Un altro punto è relativo all’organizzazione di una conferenza preparatoria per la pace sulla base dei risultati dell'incontro "Peace Day Effort", co-organizzato a margine dell'ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite dallo stesso Borrell, a nome dell'Ue, dall'Egitto, dalla Giordania, dall'Arabia Saudita e dal Lega degli Stati Arabi e, se possibile, insieme agli Stati Uniti
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- Questa conferenza dovrebbe convocare ministri degli Esteri e capi di importanti organizzazioni internazionali disposti e in grado di contribuire alla pace regionale globale. Questi, a loro volta, potrebbero organizzare incontri separati con ciascuna delle parti in conflitto
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- I coordinatori della conferenza dovrebbero presentare una bozza iniziale di un quadro per un piano di pace e invitare tutti gli Stati interessati e le organizzazioni internazionali a contribuire al suo sviluppo futuro, nonché un'agenda per completarlo entro un anno
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- Borrell poi afferma che il piano deve combinare e stabilire nel modo più pratico possibile gli elementi centrali di una pace globale tra le parti in conflitto, rispettando le pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e basandosi sui precedenti sforzi internazionali
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- I coordinatori dovrebbero consultarsi il più possibile con le parti in conflitto, ma porteranno avanti il lavoro indipendentemente dal fatto che l'una o l'altra delle parti non sia pronta a partecipare
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- Una volta ultimato, il piano deve essere proposto alle parti in conflitto. In quel momento, gli Stati e le organizzazioni internazionali coinvolte nel processo dovranno indicare le conseguenze che prevedono per entrambe le parti, se si raggiungerà o meno un compromesso
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- Come ultimo punto in agenda, Borrell sostiene che lo sviluppo del piano deve essere accompagnato da sforzi paralleli: per esempio, la fine dell'attuale guerra, la garanzia della ripresa, della ricostruzione di Gaza e delle comunità colpite nel sud di Israele, e il rafforzamento della legittimità democratica dell’Autorità Palestinese