
Inchiesta Covid, cosa emerge dalle carte dei pm? Le accuse in 10 punti
La Procura di Bergamo ha notificato la fine delle indagini e iscritto nel registro degli indagati 15 persone, tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e anche l’attuale governatore di Regione Lombardia Attilio Fontana. Ecco quali sono i presunti errori imputati alle autorità politiche e sanitarie che si trovarono a fronteggiare l’aumento incontrollato dei casi di coronavirus

Le morti, le indagini e, adesso, le conclusioni. L’inchiesta, avviata dalla Procura di Bergamo nell'aprile 2020 in seguito alle presunte anomalie nella gestione dei pazienti all'ospedale di Alzano Lombardo all'inizio dell'emergenza Covid, ha prodotto oggi i primi risultati: i pm, infatti, contestano all'ex premier Giuseppe Conte e all'ex ministro della Salute Roberto Speranza, oltre che ad altri 15 indagati, diversi errori di valutazione e scelte politiche, che secondo le stime non permisero di salvare le vite di oltre 4mila persone
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GLI INDAGATI – Tra i nomi illustri presenti nel registro degli indagati ci sono l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, l’attuale governatore di Regione Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera. Presenti anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell'allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo, l'ex capo della protezione civile Angelo Borrelli e anche ai vertici sanitari locali
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IL PIANO PANDEMICO – I pm hanno segnalato come uno degli errori più gravi commessi dalle autorità in quel periodo fosse il mancato aggiornamento del piano pandemico, rimasto fermo al 2006 e per giunta nemmeno applicato, nonostante le raccomandazioni dell’Oms
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I DATI IGNORATI – Secondo gli inquirenti, Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e altri, tra cui componenti del Cts e dirigenti ministeriali, avevano "a disposizione", almeno dal 28 febbraio 2020, "tutti i dati" per "tempestivamente estendere" la zona rossa anche alla Val Seriana. Erano contenuti nel "Piano Covid elaborato da alcuni componenti del Cts coordinati dal prof. Stefano Merler”
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LE AZIONI ALTERNATIVE – Al direttore dell’Iss, Silvio Brusaferro, i pm contestano “di non aver dato attuazione al Piano pandemico, nonostante le raccomandazioni provenienti già dal 5 gennaio 2020 dall’Oms, e di aver prospettato azioni alternative, così impedendo l'adozione tempestiva delle misure in esso previste”
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LA ZONA ROSSA – Altro errore contestato dai pm, soprattutto all’attuale governatore di Regione Lombardia Attilio Fontana e all’ex premier Giuseppe Conte, è la mancata istituzione della zona rossa nell’area della Val Seriana, in particolare nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. A sorprendere gli inquirenti è soprattutto la mancata azione come nel Lodigiano, dove dopo i primi casi si era istituita una zona rossa
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LA ZONA GIALLA – A questo proposito i pm contestano a Regione Lombardia una mail, inviata il 28 febbraio 2020, in cui si chiedeva al presidente del Consiglio di mantenere la più blanda zona gialla anche per la settimana dal 2 all'8 marzo, nonostante la situazione fosse molto critica
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MANCATO CENSIMENTO – Non avrebbe adottato "le azioni per garantire trattamento e assistenza", tra cui "censire e monitorare i posti letto" di "malattie infettive", "non aggiornandoli mensilmente in violazione di quanto previsto dal Piano Pandemico regionale". Questa è la contestazione di epidemia colposa mossa all'ex assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera

ASSENZA DI MATERIALE E FORMAZIONE - Lo stesso Gallera non avrebbe verificato "tempestivamente la dotazione di Dpi", tra cui mascherine, tute e guanti, né garantito "l'adeguata formazione del personale sanitario", come previsto anche dal Piano pandemico nazionale, seppur datato al 2006. Condotte che avrebbero, come quelle degli altri indagati per l'epidemia, causato, secondo la Procura di Bergamo, una "diffusione incontrollata" del virus Covid-19

L’OSPEDALE DI ALZANO – Altro errore che i pm contestano, specie alle autorità locali, è stato il repentino ripensamento del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano, chiuso e riaperto nel giro di tre ore. Secondo i pm le autorità del presidio sanitario avrebbero dichiarato il falso in merito alle misure anti-Covid predisposte e mentito sulla sanificazione

LA CURA DEGLI OPERATORI SANITARI – Inoltre, l’ospedale non avrebbe predisposto le necessarie misure anti-contagio per gli operatori sanitari, ammalatisi poi in 35

I PAZIENTI – Un altro discorso riguarda i pazienti: secondo la procura il direttore generale dell'Ats di Bergamo Massimo Giupponi avrebbe dichiarato il falso sostenendo come i pazienti affetti fossero stati trasferiti presso altri centri. In realtà, queste persone rimasero “parcheggiate” al pronto soccorso di Alzano per diversi giorni. Giupponi, inoltre, rimase “inerte” rispetto all'adozione di possibili provvedimenti di sua competenza, come ad esempio l'applicazione del piano pandemico locale antinfluenzale, adottato dall'Ats nel 2007
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