Covid, vaccino ai bambini, Rossi (B. Gesù): “La fascia 5-11 anni va immunizzata”

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Lo ha detto, in un'intervista concessa al "Corriere della Sera", il direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Bambino Gesù. "La maggior parte dei contagi riguardano adulti che vivono in famiglie con figli piccoli. Se lasciamo la libertà al Sars-CoV-2 di replicarsi, aumenterà la capacità di dare origine a nuove varianti”, ha riferito l'esperto

“Certo che sono favorevole a vaccinare i bambini di 5-11 anni. Sì e poi sì. Nessuno tra i miei colleghi e neppure tra gli infettivologi risponderebbe diversamente”. E’ il pensiero di Paolo Rossi, direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Bambino Gesù, che in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” ha espresso il proprio punto di vista rispetto alla somministrazione del vaccino anti-Covid nei pazienti più piccoli.

I tre motivi per cui vaccinare i bambini

Perché, dunque, è importante immunizzare anche i bambini? Secondo Rossi, perché in questo momento “gli unici sostegni alla circolazione del virus pandemico oltre ai no vax e agli esitanti, sono i piccoli che non hanno ancora uno strumento di immunizzazione autorizzato nei Paesi europei per la loro età”, ha detto l’esperto. Infatti, ha proseguito, “la maggior parte dei contagi riguardano adulti che vivono in famiglie con figli piccoli. Se lasciamo la libertà al Sars-CoV-2 di replicarsi, aumenterà la capacità di dare origine a nuove varianti”, ha specificato. Ma non è tutto, perché per l’immunologo esiste anche una motivazione di natura medica. “È vero, i giovani che prendono il Covid hanno sintomi lievi, eppure esistono casi di malattia grave. Dall’inizio della pandemia nel nostro centro abbiamo ricoverato 45 pazienti con sindrome infiammatoria multisistemica che all’inizio non conoscevamo. Questo per dire che ignoriamo le conseguenze a lungo termine della malattia”, ha riferito. C’è poi, ancora, un ulteriore motivazione a favore. “I bambini entro il primo anno di vita ricevono l’esavalente che contiene sei vaccini, difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite ed haemophilus influenzae. Per quale ragione bisognerebbe temere la puntura che ora gli proponiamo per metterli al sicuro?”, si è chiesto il direttore della pediatria del nosocomio romano.

Le risposte a chi ha dubbi

Rossi, poi, a chi sostiene che non siano ancora a disposizione evidenze di sicurezza sufficienti per l’uso pediatrico del vaccino, ha detto che “con questo ragionamento un genitore non dovrebbe dare farmaci ai suoi figli visto che solo il 10% viene testato sui neonati e il 50% sugli under 12”. E a chi, invece, propende per la vaccinazione ai bambini, limitatamente a quelli fragili ed escludendo quelli sani, l’immunologo ha spiegato che la vaccinazione “devono averla tutti”. L’esperto, infatti, si è detto “d’accordo solo sul fatto che a ricevere per primi la puntura siano i pazienti con fragilità e magari per loro bisognerebbe seguire uno schema di immunizzazione diverso”. Ma, come notato anche nel reparto del Bambin Gesù dove sono ricoverati i pazienti più complessi positivi al virus, “il 30% degli adolescenti non hanno sviluppato una risposta anticorpale dopo le due dosi”, ha concluso.

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