Europei, Italia – Inghilterra: le raccomandazioni degli esperti per evitare focolai Covid

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In vista degli eventi che riguarderanno la finalissima degli Europei, tra la nazionale di Mancini e quella di Southgate, ecco il parere di alcuni esperti per cercare di evitare che ritrovarsi nelle piazze possa diventare una fonte pericolosa di trasmissione dei contagi da coronavirus

“Se ci sono migliaia di persone in un solo posto, il rischio c'è”, ma il governo britannico “'sta gestendo i rischi”. Lo ha affermato il ministro inglese per le attività produttive, Kwasi Kwarteng, nel corso di un’intervista rilasciata a radio Lbc. Il merito è quello relativo alla decisione delle autorità del Regno Unito, dove si stanno svolgendo gli Europei di calcio, in attesa della finalissima Italia – Inghilterra, di allentare le restrizioni anti-Covid e di ampliare il numero dei tifosi ammessi sugli spalti. Con il rischio, proprio in riferimento all’atto finale previsto a Wembley domenica prossima, che la sfida che varrà il titolo possa trasformarsi in un evento pericoloso per la diffusione dei contagi da coronavirus. “Sono fiducioso che non ci sarà un grande focolaio, ma allo stato attuale non possiamo garantirlo'”, ha comunque sottolineato Kwarteng.

I consigli degli esperti per gli eventi di piazza: Pregliasco

Ma come evitare, effettivamente, che la finale di Euro 2020 possa trasformarsi in un mega evento diffusore dei contagi, anche per chi seguirà la gara in Italia? L’Adnkronos ha raccolto il parere di alcuni esperti. Secondo il virologo Fabrizio Pregliasco, docente alla Statale di Milano, le scene viste durante i festeggiamenti post Italia - Spagna “sono qualcosa di micidiale”, in riferimento alla diffusione del virus Sars-CoV-2. Quelli dei tifosi sono stati, per l’esperto, comportamenti “pericolosi”, un modo per “abbassare la guardia e rendere più facile la vita a questo virus". Si è trattato, in sostanza di “un rischio non calcolato” e, nell’ottica della finale di domenica 11 luglio “non sarebbe male riuscire a organizzare delle cose per quanto possibile controllate”, ha spiegato Pregliasco. Tra le possibilità di cui tenere conto, ad esempio, piazze con ingressi contingentati e utilizzo del Green Pass, sebbene si tratti di situazioni che “sarà difficile” attuare. “E' chiaro che poi i cortei e i caroselli in macchina con i clacson non sono evitabili, ma speriamo di non passare dai clacson alle sirene delle ambulanze”, ha commentato ancora il virologo.

I pareri di Vaia, Andreoni e Menichetti

Secondo Francesco Vaia, direttore dell'Inmi Spallanzani di Roma, si potrà festeggiare anche a distanza, rispetto a Wembley, “ma senza bagordi e con attenzione ai luoghi chiusi”. Come suggerimento, ha sottolineato l’esperto, quello magari di consentire l’accesso alle piazze “solo a vaccinati e tamponati”. Invece, nel caso in cui si sviluppino “assembramenti spontanei tra sconosciuti, meglio proteggersi con il distanziamento o la mascherina”, ha detto. Per Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia presso il Policlinico Tor Vergata di Roma, esiste la forte possibilità “che qualcosa la pagheremo inevitabilmente in termini di contagi, con qualche focolaio”. Anche perché, ha aggiunto, “ogni volta che ci sono assembramenti e una condizione non controllata qualcosa emerge”, ha spiegato. Nel nostro Paese, al momento, “non c'è una grande circolazione e speriamo che eventi e cluster legati alle partite degli Europei siano modesti”. Per il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all'ospedale di Pisa, per partecipare ad eventuali festeggiamenti sarebbe opportuna “almeno una dose di vaccino prima della finale dell'Italia” agli Europei di calcio. E se la nostra Nazionale dovesse trionfare nella finale, ecco che sussiste “un motivo in più perché i giovani si vaccinino”. In vista di un tifo “irrefrenabile", anche la prossima domenica, ha ribadito, le persone “si facciano almeno una dose di vaccino”. Anche se, secondo Menichetti, preoccupa “molto meno questa che è un'intemperanza giovanile non gravissima, rispetto ad un'opposizione sistematica al vaccino da parte di molti ultrasessantenni”.

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