Tumori, nuove speranze dagli anticorpi “bispecifici”: gli studi

Salute e Benessere

Sono stati testati con esito positivo su cellule umane e sui topi, aprendo la strada ad una nuova, possibile, immunoterapia. Come emerso da tre diversi studi, guidati dagli esperti della Johns Hopkins University School of Medicine, la caratteristica specifica di questi anticorpi a doppia azione è quella di legare la cellula tumorale e allo stesso tempo i linfociti T del sistema immunitario, agendo come un ponte che facilita il riconoscimento e l'eliminazione delle cellule malate, tralasciando quelle sane

Possono sconfiggere il tumore, riuscendo a colpire direttamente i bersagli molecolari che fino ad oggi erano considerati irraggiungibili: si tratta dei nuovi anticorpi a doppia azione che gli studiosi chiamano “bispecifici” e la cui caratteristica specifica è quella di poter legare la cellula tumorale e allo stesso tempo anche i linfociti T del sistema immunitario, diventando così una sorta di ponte che facilita il riconoscimento e l'eliminazione delle cellule malate, non coinvolgendo quelle sane. La validità di questo approccio scientifico, che potrebbe dare il via ad una nuova immunoterapia più facile e sicura, è stata dimostrata su cellule umane e nei topi in tre studi lavori di ricerca, guidati dagli esperti della Johns Hopkins University School of Medicine e pubblicati sulle riviste “Science”, “Science Immunology” e “Science Translational Medicine”.

I tre studi sul tema

Ma cosa è emerso, nello specifico, da questi studi? Nel primo, i ricercatori hanno puntato l’attenzione su bersaglio tumorale molto sfuggente, localizzato in gran parte nel nucleo delle cellule e per questo irraggiungibile per molte terapie: si tratta della proteina p53, definita un “oncosoppressore” che in molti tumori risulta mutato e spento. Gli esperti hanno potuto dimostrare che nei topi malati di mieloma multiplo, proprio gli anticorpi “bispecifici” sono riusciti a riconoscere e legare la proteina mutata anche quando era meno evidente sulla superficie delle cellule tumorali, inducendo così i linfociti T a distruggerle in modo selettivo. Nel secondo studio, invece, gli studiosi si sono concentrati su cellule umane prelevate da tumori di polmone e pancreas. In questo caso gli anticorpi hanno dimostrato di poterle annientare in maniera mirata, agendo su un altro target piuttosto nascosto, ovvero la proteina mutata RAS. Infine, l'ultimo studio, condotto sempre su cellule umane e topi, ha dimostrato l'efficacia contro diversi tipi di leucemia e linfoma di alcuni anticorpi “bispecifici”, progettati per legare diversi bersagli molecolari presenti sui linfociti T malati.

Una nuova immunoterapia non personalizzata

I risultati di questi tre studi, in definitiva, indicano che la ricerca sugli anticorpi “bispecifici” può condurre ad una strada promettente, con la speranza di giungere ad una nuova immunoterapia più facile da usare in quanto non personalizzata, a differenza, per esempio, delle terapie Car-T basate sui linfociti T del paziente stesso modificati in laboratorio e poi reintrodotti nell’organismo. Per usufruire del tutto del potenziale di questi nuovi anticorpi, però, ci sono ancora ulteriori step da superare, come spiegato da Jon Weidanz, immunologo dell'Università del Texas. Secondo l’esperto, gli anticorpi sono piccole molecole che finiscono per essere eliminate in fretta dal sangue e, proprio per questo motivo, occorrerà pensare ad un metodo di somministrazione che consenta di mantenere nel tempo una concentrazione corretta del farmaco in circolazione.

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