Cina, dopo l’inchiesta di Ap: “Nessun ritardo nelle comunicazioni a Oms sul virus”
Salute e BenesserePechino, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, è intervenuta dopo la diffusione di alcuni documenti da parte dell’Associated Press, negando di aver comunicato in ritardo dati relativi al virus o di averli nascosti
Pechino non ci sta e nega la ricostruzione della Associated Press che ha pubblicato sul suo sito un’inchiesta, basata sulla documentazione riservata dei vertici dell'agenzia dell'Onu, secondo la quale la Cina avrebbe comunicato in ritardo i dati sul coronavirus e, in alcuni casi, li avrebbe nascosti. Il Paese asiatico ha voluto respingere, di fatto, le accuse legate ai ritardi nelle comunicazioni all'Organizzazione Mondiale della Sanità nelle fasi iniziali della pandemia del Covid-19. "Non so da dove vengano questi 'documenti interni', ma le storie collegate sono del tutto inconsistenti rispetto ai fatti", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, rispetto all'inchiesta di Ap secondo cui questo comportamento avrebbe provocato grande frustrazione tra i ranghi dell'agenzia di Ginevra.
L’inchiesta di Ap
In base alla documentazione pubblicata dall’Associated Press, emergerebbe dunque un dietro le quinte ben differente rispetto alle lodi pubbliche fatte di recente dall'Oms a Pechino. L’inchiesta sottolinea che, nonostante i complimenti, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sarebbe stata molto irritata per non aver ricevuto tempestivamente le comunicazioni adeguate e necessarie per combattere la diffusione del coronavirus. I ritardi, stando sempre alle carte in mano all’agenzia di stampa statunitense, sarebbero stati motivati da “un ferreo controllo sull’informazione e dalla competizione interna al sistema sanitario cinese”. Il quadro che emerge dall’inchiesta, spiega che i funzionari dell’Oms hanno sì elogiato pubblicamente la Cina, per la sua rapida risposta e per aver condiviso "immediatamente" il genoma, perché volevano riuscire a ottenere più informazioni dal governo. Privatamente, però, già in alcune riunioni svoltesi ad inizio gennaio, gli stessi funzionari si lamentavano della scarsa collaborazione di Pechino e della mancanza di dati diffusi, utili per valutare la pericolosità del virus. “Stiamo ricevendo informazioni minime. Di certo non abbastanza per fare piani adeguati”, si lamentava ad esempio, secondo la ricostruzione di Ap, l’epidemiologa americana Maria Van Kerkhove, ora a capo del gruppo tecnico sul Covid-19 dell'Oms. "Ora siamo in una fase in cui ci stanno dando i dati 15 minuti prima che appaiano su Cctv", avrebbe detto invece in un incontro il massimo rappresentante dell'Oms in Cina, Gauden Galea, riferendosi alla tv statale cinese. Nella seconda settimana di gennaio, temendo un’epidemia come quella della Sars del 2002, sarebbe stato il capo delle emergenze dell’Oms Michael Ryan a dire che era necessario “cambiare marcia” e fare più pressioni sulla Cina.
La richiesta urgente di dati
Queste notizie trapelano, tra l’altro, dopo che da un lato il presidente cinese Xi Jinping aveva ribadito la tempestività delle informazioni fornite all'Oms e, dall’altra parte, Donald Trump aveva annunciato il taglio dei fondi all'Oms da parte degli Usa, che hanno accusato l’agenzia di Ginevra di essere collusa con Pechino nell'aver nascosto l'estensione dell'epidemia. Le nuove informazioni, ha spiegato ancora Ap, non intendono supportare nessuna delle due posizioni ma disegnerebbero la situazione in cui l’Oms stava tentando urgentemente di sollecitare più dati. Nonostante le leggi internazionali obblighino i Paesi a riportare all'Oms informazioni che potrebbero avere un impatto sulla salute pubblica, infatti, l'Organizzazione stessa non ha poteri per imporre questa legge e deve affidarsi alla cooperazione degli Stati membri.