Mattarella: "Serve una cultura della pace". Ai giovani: "L'amore non è possesso ma dono"

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Tanti i temi affrontati dal presidente della Repubblica nel discorso di fine anno: dalle guerre in Ucraina e in Medioriente alla violenza sulle donne, passando per il precariato, l'accesso alle cure sanitarie e l'impegno per la legalità. Il capo dello Stato è apparso in piedi da uno dei saloni del Quirinale, con un albero di Natale sullo sfondo

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Le guerre in Ucraina e in Medioriente, la violenza sulle donne, i giovani e il precariato. Ma anche l'accesso alle cure sanitarie e gli anziani, la lotta al cambiamento climatico, il diritto allo studio ostacolato dal costo degli alloggi e l'impegno per la legalità. Sono tanti i temi affrontati nel discorso di fine anno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è presentato agli italiani in piedi, in uno dei saloni del Quirinale, con un albero di Natale sullo sfondo. "Ogni guerra genera odio che durerà, moltiplicato, per molto", ha affermato il capo dello Stato. Per questo "è indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Non è buonismo ma realismo". Poi si è rivolto ai giovani, ai quali è stata dedicata gran parte della discorso, spiegando che "l'amore non è possesso e dominio" ma "dono e gratuità". I giovani, ha proseguito Mattarella, "si sentono fuori posto e disorientati" in un mondo "debole nel contrastare la crisi ambientale". Il capo dello Stato ha poi ricordato i più fragili, sia in termini di salute che dal punto di vista economico. E infine ha rivolto un appello agli italiani: "Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione o dall'indifferenza".

Il discorso integrale di Mattarella

"Care concittadine e cari concittadini, questa sera ci stiamo preparando a festeggiare l'arrivo del nuovo anno, nella consueta speranza che si aprano giorni positivi e rassicuranti. Naturalmente non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi, nella nostra Italia, nel mondo. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme e, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana. La violenza: anzitutto, la violenza delle guerre. Di quelle in corso, e di quelle evocate e minacciate. Le devastazioni che vediamo nell'Ucraina, invasa dalla Russia, per sottometterla e annetterla. L'orribile ferocia terroristica del 7 ottobre scorso di Hamas contro centinaia di inermi bambini, donne, uomini, anziani d'Israele. Ignobile oltre ogni termine, nella sua disumanità. La reazione del governo israeliano, con un'azione militare che provoca anche migliaia di vittime civili e costringe, a Gaza, moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case, respinti da tutti".

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"Ogni guerra genera odio che durerà per molto tempo"

La guerra - ogni guerra - genera odio. E l'odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali, dotati di pari dignità, per affermare invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia, rifiutando il progresso della civiltà umana. Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore, alle morti di civili, donne, bambini. Come sempre più spesso accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi reciprocamente presentata, menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta. E tutto questo accade vicino a noi, nel cuore dell'Europa, sulle rive del Mediterraneo. Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni, di fronte alle quali si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse, oltre che condannate dalla storia.

Pope Francis celebrates First Vespers and Te Deum, the rite of thanksgiving for the end of the year, in Saint Peter's Basilica at the Vatican City, 31 December 2023. ANSA/ANGELO CARCONI

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"Serve parlare di pace: non è buonismo ma realismo"

La guerra non nasce da sola. Non basterebbe neppure la spinta di tante armi, che ne sono lo strumento di morte, così diffuse, sempre più letali, fonte di enormi guadagni. Nasce da quel che c'è nell'animo degli uomini, dalla mentalità che si coltiva, dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione che si manifestano. È indispensabile fare spazio alla cultura della pace, alla mentalità di pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d'uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell'umanità. Sappiamo che per porre fine alle guerre in corso non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti. Ma impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere, e non la regola del prossimo futuro. Volere la pace non è neutralità, o peggio indifferenza, rispetto a ciò che accade. Sarebbe ingiusto e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone.

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"Non è sufficiente far tacere le armi"

"Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell'altro, consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà. Vediamo e incontriamo la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Quando prevale la ricerca, il culto della conflittualità, piuttosto che il valore di quanto vi è in comune, sviluppando confronto e dialogo.

epaselect epa09109986 A protester places a fire on the road during a protest against the military coup in Mandalay, Myanmar, 01 April 2021. The Committee Representing the Pyidaungsu Hluttaw, a Myanmar government in exile representing Aung San Suu Kyi's National League for Democracy (NLD), announced that it plans to form a new coalition government with other democratic forces in the country.  EPA/STR

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"L'amore non è egoismo o possesso, ma un dono"

La violenza. Penso a quella più odiosa sulle donne. Vorrei rivolgermi ai più giovani. Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l'amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L'amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità. Penso alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella Rete. Penso alla violenza che qualche gruppo di giovani sembra coltivare, talvolta come espressione di rabbia. Penso al risentimento che cresce nelle periferie frutto, spesso, dell'indifferenza e del senso di abbandono. Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici, verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso. Queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che, cittadini e famiglie, devono affrontare, giorno per giorno. Il lavoro che manca, pur in presenza di un significativo aumento dell'occupazione. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime. Le immani differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio. Le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d'attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi. La sicurezza della convivenza, che lo Stato deve garantire. Anche contro il rischio di diffusione delle armi.

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"I giovani si sentono fuori posto nel mondo di oggi"

Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale. In una società così dinamica, come quella di oggi, vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo. Dipende da tutti noi far prevalere, sui motivi di allarme, le opportunità di progresso scientifico, di conoscenza, di dimensione umana.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la cerimonia d’inaugurazione dell’anno accademico 2023/2024 dell’Università degli Studi di Napoli Federico II in occasione dell’ottocentesimo anno dalla fondazione
(foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

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"La democrazia si nutre della capacità di ascoltare"

Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo "riconoscere". Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre prima di tutto della capacità di ascoltare. Occorre coraggio per ascoltare. E vedere, senza filtri, situazioni spesso ignorate, che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare. Come quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità, rimasti isolati. In una società pervasa da quella "cultura dello scarto", così efficacemente definita da Papa Francesco, cui rivolgo un saluto e gli auguri più grandi. E che ringrazio per il suo instancabile Magistero.

Pope Francis leads his Angelus prayer from the window of his office overlooking Saint Peter s Square at the Vatican, 05 November 2023. During the Angelus prayer, Pope Francis expresses his condolences for the victims of a deadly earthquake in Nepal, prayed for the victims of flooding in Europe and for Afghans who have taken refuge in neighboring Pakistan.  
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"Ascoltare gli anziani"

Affermare i diritti significa ascoltare gli anziani, preoccupati di pesare sulle loro famiglie, mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto. Si ha sempre bisogno della saggezza e dell'esperienza. E di manifestare rispetto e riconoscenza per le generazioni precedenti che, con il lavoro e l’impegno, hanno contribuito alla crescita dell'Italia.

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"Diritto allo studio ostacolato dai costi di alloggio"

Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi, il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie, improponibili per la maggior parte delle famiglie. Significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle  responsabilità familiari. Significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti. Ma ascoltare significa, anche, saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite. La tecnologia ha sempre cambiato gli assetti economici e sociali. Adesso, con l'intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali. Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell'inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona - e nella sua dignità - il pilastro irrinunziabile.

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"No alla rassegnazione e all'indifferenza"

Viviamo, quindi, un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante, con i nostri valori, con la solidarietà di cui siamo capaci, con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall'esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide, non rispondere a un sondaggio o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà. Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni - a tutti i livelli - sono chiamati a garantire. Libertà indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento. Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione o dall'indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro, alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte. Significa contribuire, anche fiscalmente. L'evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico, che ostacola il nostro sviluppo. Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani. Ascoltare, quindi; partecipare, cercare con determinazione e pazienza quel che unisce.

Italian president Sergio Mattarella receives the male and female volleyball athletes at the Quirinale in Rome, Italy, 27 September 2021.
ANSA/Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica  EDITORIAL USE ONLY NO SALES

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Gli esempi di legalità e inclusione

Perché la forza della Repubblica è la sua unità. L'unità non come risultato di un potere che si impone. L'unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d'animo, un atteggiamento che accomuna, perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all'identità stessa dell'Italia. Questi valori - nel corso dell'anno che si conclude - li ho visti testimoniati da tanti nostri concittadini. Li ho incontrati nella composta pietà della gente di Cutro. Li ho riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall'alluvione, spalavano il fango; e cantavano 'Romagna mia'. Li ho letti negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a PizzAut, promossa da un gruppo di sognatori che cambiano la realtà. O di quelli che lo fanno a Casal di Principe, laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura. Tenendo viva la lezione di legalità di don Diana. Nel radunarsi spontaneo di tante ragazze, dopo i terribili episodi di brutalità sulle donne, con l'intento di dire basta alla violenza e di ribellarsi a una mentalità di sopraffazione. Li vedo nell'impegno e nella determinazione di donne e uomini in divisa. Che operano per la nostra sicurezza, in Italia e all'estero. Nella passione civile di persone che, lontano dai riflettori della notorietà, lavorano per dare speranza e dignità a chi è in carcere. O di chi ha lasciato il proprio lavoro - come è avvenuto - per dedicarsi a bambini, ragazzi e mamme in gravi difficoltà. A tutti loro esprimo la riconoscenza della Repubblica. Perché le loro storie raccontano già il nostro futuro. Ci dicono che uniti siamo forti. Buon anno a tutti!

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Monza al nuovo ristorante  PizzAut , in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull autismo, 02 aprile 2023.
ANSA/ UFFICIO STAMPA QUIRINALE/ FRANCESCO AMMENDOLA
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