Docente di economia all’Università di Tor Vergata, classe 1948, è protagonista di uno scontro all'interno dell'esecutivo su una serie di temi, a partire dalla legge di Bilancio. Prima della formazione del governo aveva espresso critiche sul contratto M5s-Lega
Giovanni Tria, dal primo giugno ministro dell’Economia e delle Finanze del governo Conte, è stato protagonista in questi primi mesi di vita dell'esecutivo di un vero e proprio scontro a distanza con i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini su una serie di temi legati alla legge di Bilancio. I due leader politici hanno chiesto più margini in vista della manovra e il ministro li ha spesso frenati. Più volte è stata evocata, minacciata e smentita l'ipotesi di sue dimissioni. Nato a Roma nel 1948, Tria è un professore di economia politica all’Università romana di Tor Vergata e preside di facoltà. Il suo nome per via XX settembre ha sbloccato le trattative per la nascita di un esecutivo giallo-verde. Tria occupa il posto al Mef inizialmente voluto dalla Lega per Paolo Savona (CHI È), poi rifiutato dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
Il suo impegno accademico
Tria si è laureato in legge nel 1971 all’Università La Sapienza di Roma e ha alle spalle più di 30 anni di esperienza nel mondo accademico. Oltre che docente a Tor Vergata, Tria è presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, direttore del del CEIS (Centre for Economic and International Studies), sempre a Tor Vergata, e direttore del Master di II livello in Economia dello sviluppo e Cooperazione Internazionale presso la Facoltà di economia nell’ateneo capitolino. Come esperto, si è occupato di economia della giustizia e del crimine e del ruolo delle istituzioni nell'economia, produttività nei servizi e crescita, migrazioni internazionali e sviluppo e federalismo fiscale. Nell'ambito dell’interesse per i problemi del sottosviluppo ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale e la Cooperazione italiana ed è stato delegato italiano al Consiglio d’amministrazione dell’Ilo (International Labour Office).
Le critiche al contratto Lega-M5s
Commentatore delle vicende economiche sul sito formiche.it, il professore pochi giorni prima della formazione del governo Conte criticava nemmeno tanto velatamente il contratto Lega-M5s proprio per la sua vaghezza in termini di coperture. "In genere - scriveva - la realtà delle cifre ridimensiona spesso la visione e fino ad oggi non è emerso un accordo chiaro su quali siano i paletti di bilancio che si vorranno rispettare. Se le compatibilità di bilancio del programma dipenderanno da un improbabile mutamento delle regole europee (abbiamo già avuto un governo che è partito con il proposito di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles) o se queste regole saranno forzate".
Favorevole alla Flat tax
Tria si era un tempo dichiarato favorevole a far scattare le clausole di salvaguardia per finanziare la flat tax. Quindi aumento dell'Iva per abbassare le tasse. Un mantra che il docente ripete da anni: "Come ho sostenuto da oltre un decennio e non da solo, ritengo che in Italia si debba riequilibrare il peso relativo delle imposte dirette e di quelle indirette spostando gettito dalle prime alle seconde", scriveva sempre su formiche.it. Per il professore si tratta di "una scelta di policy sostenuta da molto tempo anche dalle raccomandazioni europee e dell'Ocse perché favorevole alla crescita e non si capisce perché non si possa approfittare dell'introduzione di un sistema di flat tax per attuare un'operazione vantaggiosa nel suo complesso". Una misura che però viene largamente osteggiata dai due partiti di maggioranza che sostengono l'esecutivo. "Il primo impegno della prossima manovra è impedire l'aumento della pressione fiscale e quindi sterilizzare le clausole Iva", ha assicurato il ministro.
Dubbi sul reddito di cittadinanza
Tria, in passato, ha nutrito dubbi sul reddito di cittadinanza (COS'È), da sempre cavallo di battaglia del M5s: "Non sappiamo ancora cosa sarà e, quindi, le risorse richieste e l'ampiezza del pubblico dei beneficiari. Esso sembra oscillare tra una indennità di disoccupazione un poco rafforzata, (e tale da avvicinarla a sistemi già presenti in altri paesi europei, come ad esempio in Francia, certamente più generosa dell'Italia con chi perde il lavoro) e magari estesa a chi è in cerca di primo impiego, e un provvedimento, improbabile, tale da configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l'altra consuma", scriveva.
"Destra e sinistra hanno fatto il loro tempo in politica fiscale"
"Destra e sinistra hanno fatto un po’ il loro tempo anche in politica fiscale. La crescita sia la stella polare delle tasse", diceva Tria in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Foglio nel novembre 2015, in cui il potenziale ministro dell'Economia e delle Finanze analizzava, da docente, le politiche italiane su spesa e imposte. "Se veniamo all’Italia, ha prevalso sempre, anche se in varia misura, lo schema progressista, al di là del segno politico dei governi", scriveva. "Il risultato è stato l’espandersi di spesa e pressione fiscale". Su Il Sole 24 Ore, invece, in un contributo firmato con Renato Brunetta nel marzo del 2017, Tria individuava nel surplus dell'economia tedesca un fallimento nel processo di convergenza economica fra i vari Paesi dell'area euro.
Gli scontri all'interno del governo
Fin dalla sua nomina, Tria ha dovuto misurarsi con le promesse elettorali di Lega e M5s. Il pressing gialloverde prevede l’inserimento nel testo di reddito di cittadinanza, flat tax, riforma della legge Fornero, pace fiscale. I botta e risposta sono all’ordine del giorno ed è stata anche evocata e minacciata l’ipotesi di dimissioni per il ministro. Il diktat, imposto da Di Maio, è solo uno: "Tria trovi le risorse". "Ho giurato nell'esclusivo interesse della nazione e non di altri e non ho giurato solo io", la risposta del titolare dell'Economia. Lo scontro ha coinvolto anche i tecnici e ragionieri di Stato del ministero, accusati da alcuni esponenti politici di non voler reperire i soldi necessari per adottare le riforme. L'apice della tensione è stato raggiunto con la diffusione da parte di alcuni quotidiani di un audio del portavoce del premier Conte Rocco Casalino, in cui minaccia ritorsioni contro il Mef se non dovessero essere trovati i soldi per il reddito di cittadinanza nella prossima manovra. (TUTTI GLI SCONTRI DEI MINISTRI DELL'ECONOMIA PER LA MANOVRA)