Dazi, Ue e Usa lavorano a tariffa unica al 15%. Senza accordo contromisure europee dal 7/8
MondoSecondo fonti europee, Bruxelles e Washington starebbero pensando a un accordo sul modello di quello già siglato con il Giappone, che includerebbe quindi l'abbassamento delle aliquote più alte finora in vigore per alcuni settori, tra cui quello dell'automotive. Dall'accordo resterebbero fuori i dazi sull'acciaio con la conferma delle tariffe al 50%. Intanto, se non si trovasse una quadra, la Commissione ha unificato i due elenchi di contro-dazi finora messi a punto per un valore che supera i 90 miliardi
Mentre Trump continua con le dichiarazioni - "Abbasserò i dazi solo se un Paese accetta di aprire il suo mercato. In caso contrario, dazi molto più alti!", concetto ribadito più volte - da fonti europee filtra che Ue e Usa, a quanto apprende l'ANSA, starebbero lavorando a un'intesa che prevede una tariffa unica del 15%. Lo schema dell'accordo sarebbe sul modello di quello siglato dall'amministrazione Trump con il Giappone e includerebbe quindi, l'abbassamento dei dazi più alti finora in vigore per alcuni settori. Tra questi anche l'automotive (con dazi ora al 25%), nel cui ambito l'Ue sarebbe pronta ad accettare il riconoscimento di alcuni standard tecnici americani. Dallo schema di accordo resterebbero esclusi i dazi sull'acciaio con la conferma della tariffa al 50%. Entrambe le parti intendono inoltre rinunciare a dazi reciproci su una serie di prodotti strategici, tra cui quello aeronautico. Se non si arrivasse a un accordo, Bruxelles è pronta ad attivare lo strumento di anti-coercizione. Al momento, spiega una fonte diplomatica, solo la Francia ne ha chiesto l'istituzione immediata.
Sui dazi l'ok finale spetta a Trump
Lo schema dell'intesa sul quale Ue e Usa hanno lavorato prevede dunque una tariffa di base del 15%, che include la clausola della "Nazione Più Favorita" (Mfn) secondo la quale la tariffa è al 4,8% di media per il commercio Ue-Usa, e alcune esenzioni ancora da definire. L'Ue potrebbe a sua volta ridurre le proprie tariffe ai prodotti Usa al livello della clausola Mfn o allo 0% per alcuni prodotti. La decisione finale, si sottolinea, spetta al presidente Donald Trump.
La lista di contro-tariffe Ue
La Commissione europea ha dunque unificato i due elenchi di controdazi finora messi a punto (una prima lista di misure da 21 miliardi, una seconda da 72) e nei prossimi giorni sottoporrà le contromisure ai Paesi membri. La lista di contro-dazi non scatterà comunque fino al prossimo 7 agosto. A spiegarlo è stato un portavoce della Commissione stessa, sottolineando che l'esecutivo europeo sta lavorando "a potenziali nuove contromisure". Il portavoce ha aggiunto che “la priorità è il negoziato ma parallelamente continua la preparazione delle contromisure”. Intanto oggi il commissario Ue Sefcovic parlerà con il segretario Lutnick: “L'obiettivo principale dell'Ue è raggiungere un risultato negoziato con gli Stati Uniti. Sono in corso intensi contatti a livello tecnico e politico”, ha reso noto il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill.
Fonti: “Da Usa pressioni per Big Tech e farmaci”
Intanto, secondo quanto trapelato da diverse fonti europee vicine al negoziato Ue-Usa sui dazi, da Washington starebbero arrivando pressioni su Bruxelles sul fronte delle Big Tech e sul capitolo farmaceutico, ritenuto sensibile. Tra le richieste americane, viene spiegato, figurerebbe l'esclusione delle aziende del tech a stelle e strisce dall'applicazione di alcune disposizioni dei regolamenti europei, oltre a proposte di semplificazione normativa.
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Financial Times: “L’Ue sia dura con Trump”
In ogni caso, secondo il Financial Times, la scadenza del primo agosto sui dazi è "un momento della verità per l'Ue che, dopo aver predisposto due pacchetti di contro-dazi da circa 93 miliardi di euro, "ora deve dimostrare di essere disposta ad attivare il suo ampio arsenale di strumenti non tariffari". Il quotidiano esorta l'Europa a "essere dura" nei confronti di Donald Trump, tenendosi "pronta a scatenare" il suo bazooka anti-coercizione. "Trump non ha fretta di raggiungere un accordo con un blocco che sembra disprezzare", evidenzia il foglio della City, indicando che "il più grave errore dell'Ue è stato pensare di poter negoziare un accordo tradizionale". Avvalendosi dello strumento anti-coercizione, l'Europa potrebbe iniziare con "misure mirate che minimizzino i danni", come escludere le aziende Usa dagli appalti pubblici, sospendere l'equivalenza normativa per le società finanziarie americane o tassare i ricavi pubblicitari delle Big Tech. "Dovrebbe anche minacciare di spingersi molto oltre, se necessario", insiste il Financial Times, sostenendo che tutto questo aiuterebbe "gli elettori americani a comprendere il costo della follia commerciale di Trump". Il tycoon "reagirà di certo", ma la sua capacità di escalation "non è più quella di un tempo", evidenzia ancora il quotidiano britannico, spiegando che "i dazi al 30% minacciati congelerebbero di fatto gli scambi" transatlantici, "quindi portarli al 50 o al 100%" sarebbe meno efficace, seppur Trump potrebbe "vendicarsi rinnegando gli impegni per la sicurezza europea o per l'Ucraina". Il nodo principale resta però interno, ovvero "radunare gli Stati membri dietro una line comune". "L'Italia e alcuni Paesi del fianco orientale restano riluttanti ad affrontare Trump" ma, si sottolinea nell'editoriale, dopo mesi di cautela, "Bruxelles può ora sostenere che i negoziati in buona fede con Washington hanno fatto il loro corso".
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Confesercenti: incertezza dazi ha già bruciato 5,7 miliardi Pil
Intanto, in base a una stima fatta da Confesercenti, l’incertezza ha già generato il primo 'effetto dazio' con 5,7 miliardi di Pil bruciati rispetto alle previsioni di inizio anno, e altri 2 a rischio nel secondo semestre. Secondo l'associazione se le barriere tariffarie verranno confermate al 30%, nel 2026 è possibile una crescita zero, disoccupazione al 6,9% e 10 miliardi di spesa delle famiglie in meno. "L'aumento dell'indeterminatezza ha infatti già portato a un consistente ribasso delle previsioni di crescita contenute nei documenti di programmazione, che nonostante questo incorporano l'ipotesi di una lieve accelerazione del Pil tra il 2025 (+0,6%) e il 2026 (+0,8%)" ma secondo Confesercenti si tratta di "una possibilità pregiudicata dall'inasprirsi delle tensioni commerciali: secondo le stime di Confesercenti, infatti, anche in assenza dei nuovi dazi al 30% e appunto a causa della maggiore incertezza, nel corso del secondo semestre potrebbe determinarsi un rallentamento tale da limitare ulteriormente allo 0,5% la crescita del Pil di quest'anno, con una perdita di altri 2 miliardi rispetto alle attese ufficiali. Sarebbero naturalmente le esportazioni le più danneggiate, segnando un decremento (-0,3%) sul 2024". Effetti ancora più pesanti, per l'associazione, si registrerebbero nel 2026, qualora l'asticella dei dazi trumpiani venisse confermata al 30%. Le esportazioni di prodotti Made in Italy potrebbero subire una contrazione di 20 miliardi, con un effetto domino sul mercato del lavoro - che vedrebbe la disoccupazione schizzare al 6,9% - e sui consumi interni, con una minore spesa delle famiglie di circa 10 miliardi di euro, e una crescita nulla del Pil".
Trump: “Accordo con Giappone, pagherà dazi al 15%”
Dall’altro lato del mondo, comunque, è arrivato un nuovo accordo per gli Usa: Donald Trump ha annunciato infatti un’intesa commerciale con il Giappone, che investirà 550 miliardi di dollari negli Stati Uniti a pagherà dazi al 15%. È "l'accordo forse più importante mai fatto. Creerà migliaia di posti di lavoro", ha affermato Trump sul suo social Truth. Poi ha aggiunto: "Per la prima volta il Giappone apre il suo mercato agli Stati Uniti, persino ad auto, Suv, camion, persino all'agricoltura e al riso, che è sempre stato un no assoluto". Mentre il premier giapponese Shigeru Ishiba ha deciso di annunciare le sue dimissioni entro la fine di agosto, sulla base dell'analisi del Partito Liberal Democratico delle elezioni della Camera dei Consiglieri tenuta domenica che sarà fatta ad agosto. Il voto, una debacle per Ishiba, ha visto la coalizione di governo Jiminto-New Komeito perdere la maggioranza assoluta dell'aula.
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Confindustria: "Con dazi al 15% stangata da 23 miliardi"
Secondo una simulazione effettuata dal Centro studi di Confindustria, l'ipotesi di dazi al 15% si tradurrebbe in 22,6 miliardi di euro di export italiano in meno negli Stati Uniti. Le perdite per le imprese verrebbero compensate solo in parte da maggiori vendite, calcolate in 10 miliardi, frutto dell'apertura verso altri mercati. Dall'alimentare a macchinari, auto e farmaceutica: le nuove tariffe commerciali colpirebbero in valore assoluto tutti i settori che esportano prodotti oltreoceano. Confindustria ragiona inoltre sul peso dell'incertezza geoeconomica che resterebbe ai massimi storici, soprattutto negli Usa dove gli indici indicano un aumento del 300% negli ultimi sette mesi. In questa fase, un punto in meno o in più dei dazi equivale a miliardi di perdite: ipotizzando, per esempio, tariffe al 10% insieme a una ripresa del dollaro, l'export italiano negli Usa ridurrebbe il calo a 17,6 miliardi.