Ilaria Salis detenuta in Ungheria, qual è la strategia per riportarla in Italia
Per la 39enne milanese la Procura ha chiesto 11 anni di carcere, ma un suo trasferimento agli arresti domiciliari a Budapest potrebbe essere il primo passo per farla tornare nel nostro Paese. La chiave è la decisione quadro del Consiglio europeo per il reciproco riconoscimento tra Stati membri delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare
- Non può tornare subito in Italia Ilaria Salis, la 39enne milanese detenuta in Ungheria con l’accusa di aver partecipato all'aggressione di due neonazisti durante una contromanifestazione a Budapest l'11 febbraio 2023
- Per Salis la Procura ha chiesto 11 anni di carcere, ma un suo trasferimento agli arresti domiciliari a Budapest potrebbe essere il primo passo affinché, grazie alle norme europee, possa lasciare l'Ungheria
- La strategia del governo per risolvere il caso della 39enne milanese corre sul doppio binario di diplomazia e norme internazionali. Un percorso che comunque non sarà facile, come confermano le parole di Zoltan Kovacs, portavoce del primo ministro ungherese Viktor Orban (nella foto): "I reati in questione sono gravi, sia in Ungheria che a livello internazionale. Le misure adottate nel procedimento sono previste dalla legge e adeguate alla gravità dell'accusa del reato commesso"
- Qualcosa si è mosso dopo la bufera scatenata dalle immagini di Salis incatenata con ceppi e manette nelle udienze al processo, ma in attesa di ottenere risultati concreti dopo i canali attivati dalla Farnesina sul fronte delle leggi bisognerà invece procedere per gradi
- I giudici ungheresi - motivando la loro decisione per il "pericolo di fuga" - hanno già respinto in tre occasioni (a giugno, settembre e novembre scorso) le richieste per il trasferimento di Ilaria Salis ai domiciliari in Italia, avanzate dagli avvocati della 39enne
- In assenza di una condanna definitiva "nessuna convenzione internazionale o altro strumento consente l'esecuzione nel Paese di origine delle misure cautelari di tipo carcerario", spiega il sottosegretario Andrea Ostellari (nella foto): per questo la richiesta potrebbe essere rivalutata solo dopo una preventiva applicazione dei domiciliari in Ungheria, su decisione dei giudici. "Non appena la misura cautelare dovesse essere sostituita con un'altra meno afflittiva - dice Ostellari- ci si attiverà per il riconoscimento e l'esecuzione in Italia"
- In quel caso ci sarebbe un appiglio normativo che il ministero ha nel cassetto da settimane: la decisione quadro del Consiglio europeo per il reciproco riconoscimento tra Stati membri delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare. "Si tratta dell'unico strumento vigente", sottolinea Ostellari
- Il primo step di questo piano potrebbe essere quindi una richiesta dei legali di Salis affinché i giudici concedano i domiciliari in Ungheria alla propria assistita, in attesa che Ilaria possa poi scontarli nel proprio Paese
- "Attendiamo dalle istituzioni il momento in cui va presentata questa istanza", spiega Roberto Salis, il papà di Ilaria, lasciando intendere che tutto si sta muovendo in un incastro delicato fatto di rapporti diplomatici e tattiche giuridiche
- E se il piano non dovesse andare in porto resta l'alternativa del ricorso immediato alla Corte europea di Strasburgo "per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che è già costata altre condanne all'Ungheria", dice l'avvocato Eugenio Losco, che per ora definisce questa scelta "una possibilità da valutare"
- Intanto il Guardasigilli Nordio ha incontrato in queste ore il collegio del Garante nazionale dei detenuti, che effettuerà una segnalazione anche al comitato per la prevenzione della tortura presso il Consiglio d'Europa. Il caso arriverà lunedì pomeriggio a Strasburgo, dove alla plenaria dell'Eurocamera si dovrebbe tenere un dibattito