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Crisi Ucraina, cosa succederà ora nelle repubbliche separatiste del Donbass

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©Getty

Con la decisione di Vladimir Putin di riconoscere l'indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk e la violazione degli accordi di Minsk, si apre un nuovo capitolo per i due territori. Anche se erano già controllati di fatto da Mosca, gli analisti invitano a non minimizzare l'ingresso dell'esercito in quello che la comunità internazionale considera tuttora territorio ucraino. Gli Usa, intanto, hanno già preso una prima decisione

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La tensione sulla crisi ucraina ha raggiunto un nuovo picco lunedì sera con la decisione del presidente russo Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche separatiste del Donbass e l’ingresso dell’esercito di Mosca in quello che la comunità internazionale considera tuttora territorio ucraino. Una mossa che segna il fallimento, almeno parziale, dei negoziati portati avanti finora e potrebbe comportare alcuni cambiamenti significativi (LE NEWS IN DIRETTA - LA SITUAZIONE DELLE FORZE SUL CAMPO - LA NATO - LA FOTOSTORIA DI PUTIN).

 

Di che territori parliamo

Le due repubbliche in questione sono quelle autoprocalmate di Donetsk e Luhansk. Occupano circa un terzo della regione orientale del Donbass e del loro “destino” si parla dal 2014, ovvero da quando la Russia ha armato e aiutato i cosiddetti separatisti a prenderne il controllo. Motivo per cui l’Ucraina le definiva almeno fino a poche ore fa “territori temporaneamente occupati”. Da allora i secessionisti hanno anche dichiarato l’indipendenza dall’Ucraina e organizzato dei referendum per rendere possibile l’annessione con la Russia. Secondo i risultati da loro resi noti, la stragrande maggioranza della popolazione di Donetsk e Luhansk era favorevole a questa ipotesi. Anche la vita delle persone è cambiata. Sia la moneta che la lingua non sono più quelle ucraine: si usa il rublo e si parla russo. Inoltre, gli abitanti sono invitati a cambiare cittadinanza. Gli accordi di Minsk, siglati in due parti nel 2014 e nel 2015, prevedevano il riconoscimento di uno status speciale per queste repubbliche in conformità con la legge ucraina. La loro violazione è la prima conseguenza diretta della decisione presa da Putin.

 

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Cosa succede ora

Come ricostruisce il Guardian, un articolo dei documenti firmati da Putin prevede nelle repubbliche separatiste “l’implementazione di funzioni di pace da parte delle forze armate della Federazione russa”. Questa frase non sembra voler alludere a un intento aggressivo da parte di Mosca, ma gli analisti mettono in allerta. “Questa è una tipica mossa russa per far sembra una presa di potere militare, un’operazione benigna”, scrive l’analista Michael Bociurkiw, nonresident senior fellow dell’Eurasia Centre dell’Atlantic Council. Anche Tyson Wetzel, fellow dell’Atlantic Council invita a tenere alta l’attenzione. “Sarà facile per alcuni dire che la situazione sul campo è rimasta essenzialmente uguale, con la Russia che aumenterà semplicemente il numero di forze nelle regioni che ha occupato per otto anni. Ma questo modo di ragionare minimizza le azioni di Putin… un’invasione miliare è esattamente quello che è successo lunedì”. La Bbc fornisce ulteriori dettagli. Con i decreti firmati da Putin, si sottolinea, la Russia può ora costruire delle basi militari e il fatto che arrivino più truppe in un territorio dove ci sono continue violazioni del coprifuoco - in questi territori si continua a combattere - rende il rischio di una guerra molto più alto. Questa possibilità dipende anche dal punto fino a cui si spingerà Mosca, e dall’eventuale scelta di superare la cosiddetta “linea amministrativa” che separa il fronte dal resto del Paese.

 

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La versione russa

Mentre a Occidente si condannano le azioni di Putin, a Mosca le decisioni del presidente sono state accolto in modo molto diverso. “Ora verranno siglati degli accordi e gli attacchi in questi territori saranno considerati attacchi alle forze armate russe”, ha detto Alexey Chepa, il vice presidente del Comitato affari internazionali della Duma di Stato secondo quanto riferisce la Tass. “Questo è l’unico modo per proteggere i cittadini di quelle repubbliche”. La Tass riporta anche le parole del sociologo Denis Volkov secondo il quale la maggior parte dei russi sarebbero a favore della mossa di riconoscere le due repubbliche con la convinzione che sia fatta per proteggere la popolazione russa. “Per un russo medio, non c’è un link diretto tra le azioni della Russia e le conseguenze economiche”, ha detto. “La maggior parte delle persone tendono a considerali schemi ostili americani e sono convinti che qualsiasi cosa faccia la Russia, verranno comunque imposte sanzioni”.

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I primi effetti

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha anticipato che l'Ue adotterà sanzioni "massicce e robuste" contro la Russia dopo il riconoscimento delle due repubbliche separatiste del Donbass. Gli Usa, invece, hanno già preso una decisione. Nella giornata di ieri, 21 febbraio, la Casa Bianca ha fatto sapere che il presidente americano Joe Biden intende firmare un ordine esecutivo che proibisce nuovi investimenti, attività commerciali e finanziarie da parte degli americani per, da o nelle cosiddette regioni separatiste dell'Ucraina. "Questo ordine esecutivo fornirà l'autorità di imporre sanzioni su ogni persona determinata a operare in quelle aree dell'Ucraina", spiegava la Casa Bianca. In attesa di ulteriori decisioni, c’è chi ha deciso di abbandonare i territori delle repubbliche separatiste e cercare rifugio a Rostov, in Russia. Secondo l'ufficio regionale di Rostov del ministero russo per le situazioni di emergenza, sono entrati nella regione circa 90mila residenti delle autoproclamate Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, e altri stanno arrivando. Circa 7.000 si trovano in rifugi temporanei. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Interfax.

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