Nel Paese resta pesante, rispetto alla media europea, l'incremento giornaliero di decessi legati al Covid-19. Il lockdown pesa sul Pil: -20,4% ad aprile rispetto a marzo. Previsioni di recessione dell’Ocse per il 2020: -11,5%. Sullo sfondo le incognite della Brexit. British Airways, EasyJet e Ryanair minacciano azioni legali per l’obbligo di quarantena sugli ingressi
Prima la crisi sanitaria, ora quella economica. Il Regno Unito è ancora in piena emergenza coronavirus. L'isola di Boris Johnson è prima nel Vecchio continente nella triste classifica delle vittime del Covid-19 in cifra assoluta (dietro solo a Belgio o Spagna in rapporto alla popolazione). E, oltre alle conseguenze della Brexit, deve fare i conti anche con i dati sul Pil negativi e con lo scontro - approdato ormai in tribunale - fra il governo Tory e le compagnie aeree, che protestano contro la quarantena temporanea obbligatoria sugli ingressi nel Regno dall'estero in vigore da questa settimana.
Coronavirus, oltre 41mila morti
Nel Paese resta pesante, rispetto alla media europea, l'incremento giornaliero di decessi legati al coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI LIVE – LO SPECIALE): 202 vittime censite nelle ultime 24 ore, contro le 151 di ieri. Secondo i dati del ministero della Sanità, i morti certificati con il tampone sono 41.481 dall'inizio della pandemia. Il bilancio settimanale, hanno sottolineato comunque le autorità, è il più basso da marzo. Resta in flessione la curva dei nuovi contagi, poco meno di 293mila complessivi: i casi quotidiani diagnosticati si assestano attorno a quota 1.500, in diminuzione se paragonati all'impennata recente dei test (quasi 200mila nelle 24 ore, saliti a quasi 6 milioni e mezzo in totale).
I dati sul Pil: -20,4% registrato da marzo ad aprile
All’emergenza sanitaria si affianca quella economica. Il prodotto interno lordo del Regno Unito è sceso del 20,4% ad aprile rispetto al mese precedente e del 24,5% rispetto allo stesso mese del 2019. Il calo è maggiore delle stime degli analisti, che prevedevano un calo del 18,7%. Il calo per effetto del lockdown in seguito al diffondersi del Covid-19 segue quello di marzo del 5,4%. Il -20,4% rappresenta un record storico negativo su base mensile, coinciso con il lockdown pressoché totale del Paese e di gran parte delle sue attività. Inevitabili le previsioni di recessione di fine 2020: fissate dall'Ocse per il Regno a un ipotetico -11,5% (sempre che un secondo picco di contagi della pandemia non peggiori ancora le cose), contro il -11,4 della Francia, -11,3 dell'Italia o -11,1 della Spagna.
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Le incognite della Brexit
Queste stime riflettono anche le incognite della Brexit. L'ipotesi di un'estensione dello status quo garantito dalla transizione post divorzio attualmente in vigore con l'Ue, e in scadenza il 31 dicembre 2020, appare tramontata un volta per tutte. Il rifiuto, evocato a più riprese dal premier Boris Johnson e imposto addirittura per legge nel Parlamento britannico, è stato formalizzato oggi dal ministro Michael Gove al tavolo virtuale del Comitato congiunto co-presieduto in collegamento video col vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic. "Gove non sarebbe potuto essere più chiaro, la prendo come una conclusione definitiva", ha detto Sefcovic, auspicando a questo punto l'unica alternativa di "un'accelerazione nei negoziati" sulle relazioni future Ue-Gb e sul libero scambio. Negoziati finora impantanati dalle pregiudiziali reciproche su vari punti chiave, incluso il dossier delicatissimo sulle frontiere dell'Irlanda su cui, secondo Bruxelles, c'è ancora "molto lavoro da fare".
Johnson frena su controlli doganali: percorso scaglionato
A proposito di frontiere, il governo Johnson ha intanto deciso di rinunciare, a dispetto della linea dura sul no alla proroga della transizione, ai piani d'introdurre controlli doganali completi e immediati dal primo gennaio 2021 su tutte le merci soggette a dazi che continueranno a essere importate dai 27 Stati. Ha optato invece per un percorso scaglionato in tre tappe (con obblighi e pagamenti differiti per alcuni prodotti ad aprile e a giugno) a prescindere dalla reciprocità o meno dei Paesi Ue sulle esportazioni. Elementi di "flessibilità", nelle parole di Gove, che mirano a ridurre l'impatto del grande cambiamento sulle imprese più esposte.
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Lo scontro con le compagnie aeree
In questo contesto, il governo deve fare i conti anche con le compagnie aeree come British Airways, EasyJet o Ryanair: hanno concretizzato la minaccia di un'azione legale contro l'esecutivo Tory per la quarantena obbligatoria imposta per almeno tre settimane ai viaggiatori, con sintomi o meno, in arrivo Oltremanica da qualunque Paese straniero. Una misura che il governo motiva come appropriata, per ridurre il rischio di reintrodurre il coronavirus da fuori dopo il faticoso calo dei contagi sul fronte interno. Ma che ai tre grandi vettori appare "devastante per il turismo e i posti di lavoro", fin troppo restrittiva e priva di "giustificazioni scientifiche", visto che si applica senza corridoi aerei di sorta a Paesi in cui i tassi d'infezione rimangono al momento inferiori a quelli del Regno (LA MAPPA DEL CONTAGIO - LA SITUAZIONE IN ITALIA). A decidere, ora, dovrà essere l'Alta Corte di Londra.