Taglio dell'Irpef, seconda aliquota al 33% e pace fiscale: le prossime mosse del governo
EconomiaIntroduzione
Il governo è al lavoro su alcuni interventi in materia fiscale. Primo fra tutti, il taglio dell'Irpef per il ceto medio, con l'abbassamento dell'aliquota dal 35% al 33%. Resta l'ipotesi di una nuova pace fiscale: se il vicepremier Salvini spinge per realizzarla entro l'estate del 2025, il viceministro all'Economia Leo frena gli entusiasmi. Ancora centrale la riduzione dell'Iva nella compravendita delle opere d'arte (al momento al 22% contro il 5% degli altri Paesi europei) e il rinvio della sugar tax (che non entrerà dunque in vigore a luglio 2025 ma verrà prorogata ad almeno gennaio 2026).
Quello che devi sapere
Nuovi interventi per il ceto medio
- In occasione del Festival dell’Economia di Trento, il viceministro del Tesoro Maurizio Leo ha fatto il punto sulle prossime mosse del governo in tema fiscale. Dopo l’intervento per i ceti medio-bassi, la priorità è “abbassare le aliquote Irpef per il ceto medio, perché coloro che hanno un reddito tra i 28mila e i 50-60mila euro si stanno impoverendo. Per cui, se riusciamo ad abbassare l'aliquota dal 35% al 33% è un passo importante che dà una boccata d'ossigeno al ceto medio”, ha spiegato Leo, sottolineando che ogni intervento dovrà essere “coperto”.
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L'abbassamento dell'aliquota
- Come sappiamo, con la legge di Bilancio 2025 si è decisa la riduzione degli scaglioni da quattro a tre, con nuove aliquote fiscali applicate al reddito complessivo, pari al 23% per i redditi fino a 28mila euro, al 35% per redditi superiori a 28mila euro e fino a 50mila euro e al 43% per redditi oltre i 50mila euro. “Il sistema ideale è con due aliquote - ha puntualizzato Leo - ma nella realtà quello che si può fare è lavorare per una fascia del ceto medio. Abbiamo fatto un intervento sui ceti medio-bassi, ora l'intenzione è lavorare sull'aliquota del 35% portandola al 33%”, ha ribadito. Un obiettivo appena confermato anche dal vicepremier Antonio Tajani: “Noi siamo per ridurre l'Irpef dal 35% al 33% per dare un segnale al ceto medio che deve e vuole essere tutelato da questo governo, da questa maggioranza. Noi siamo i veri difensori del ceto medio”.
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Le coperture
- Ma con quali coperture è possibile realizzare questo intervento? “Vediamo cosa accadrà con il concordato preventivo”, ha detto il viceministro, come riportato dal Messaggero. “Fin qui non abbiamo ottenuto scarsi risultati perché abbiamo realizzato 1,6 miliardi in fase di avvio. E allo stesso tempo vedremo gli effetti che avrà sulla lotta all’evasione, visto che in un colpo solo abbiamo portato 200mila soggetti a livello 10 in termini di affidabilità fiscale”, ha continuato. “Il terzo fattore da valutare sono i risultati della clearance fiscale con le imprese. Capire cioè, se la strategia della mano tesa e del confronto preventivo sta dando i risultati sperati”, ha concluso
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L'iva sulle opere d'arte
- In ambito fiscale ci sono altre misure a cui il governo sta pensando, come la riduzione dell’Iva sulle transazioni di opere d'arte, alla stregua di Francia (5,5%) e Germania (7%). Negli altri Paesi europei, questo tipo di commercio è sottoposto a un’aliquota Iva del 5%; in Italia sale addirittura al 22%, con ripercussioni sulla competitività dell’industria legata ai beni artistici. Il ministero dell’Economia ha già fatto le sue valutazioni, di concerto con quello della Cultura. “Ci siamo e credo che siamo vicini a un risultato che darà soddisfazione a tutti quanto”, ha detto a fine marzo il ministro Alessandro Giuli a galleristi, collezionisti e mercanti d'arte. “Il ministero dell'Economia è d'accordo con noi: le coperture verranno trovate. Oggi siamo ad un bivio, a un punto di non ritorno, perché se messi in condizione di competere ad armi pari vinciamo su tutti”, ha spiegato Giuli
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Un giro d'affari gravato dalle tasse
- Che un intervento in tal senso debba essere effettuato, lo ha certificato anche il Rapporto Nomisma sul mercato dell'arte in Italia. Il documento mostra il giro d'affari dell'industria dell'arte italiana che, pur avendo toccato nel 2023 1,36 miliardi di euro e un impatto economico complessivo di 3,86 miliardi di euro, sta vivendo una lenta ma preoccupante contrazione. Negli ultimi anni, le 1.618 gallerie d'arte e i 1.637 antiquari attivi sul territorio nazionale hanno visto diminuire progressivamente il proprio numero e il proprio fatturato reale, a causa - spiega il rapporto - non solo dell'aumento dei costi operativi, ma anche del sistema fiscale gravato dall'aliquota Iva più elevata a livello europeo.
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Un esempio concreto
- In concreto, spiega Nomisma, per la medesima opera d'arte un collezionista pagherebbe fino al 18% in più acquistandola in Italia anziché in Francia, col risultato di obbligare da una parte gli operatori italiani a comprimere i propri margini per restare competitivi e dall'altra di indurre i giovani artisti a migrare verso gallerie straniere. Un fatto grave che si ripercuote su tutta la filiera: restauratori, trasportatori, studiosi, artigiani. Ora però "esiste concretamente la prospettiva economica di riallinearci ad una media continentale", risolvendo dunque quella "forma di dumping autentico della filiera dell'arte in tutte le sue rappresentazioni", ha rassicurato il ministro Giuli.
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La questione sugar tax
- Apriamo il capitolo della sugar tax. Come noto, si tratta di una tassa che mira a promuovere abitudini alimentari più sane, riducendo il consumo di zuccheri. Nello specifico, consiste in un’imposta di 10 euro per ettolitro sulle bibite che contengono edulcoranti e di 25 centesimi di euro per chilogrammo in caso di prodotti predisposti a essere usati solo dopo essere stati diluiti. Come è facile intuire, non è solo una questione di salute, ma anche economica: l’eventuale rinvio dell’entrata in vigore della sugar tax ha risvolti sulle casse dello Stato, con una perdita di gettito per il 2025 stimata in circa 60 milioni di euro dalla Ragioneria generale dello Stato.
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Verso il rinvio a gennaio 2026
- “La sugar tax scade nel mese di giugno, quindi bisognerà fare un intervento per prorogare”, ha sentenziato Leo. Che, tradotto, significa che l’imposta non entrerà di certo in vigore come previsto a luglio 2025, ma verrà posticipata quantomeno a gennaio 2026. Si tratta di un tema spinoso, perché è probabile che produttori e distributori delle bevande colpite dalla sugar tax scarichino sui consumatori il balzello che potrebbe essere introdotto. Assobibe, ossia l’Associazione italiana tra gli Industriali delle bevande analcooliche, ha già denunciato che la misura metterebbe a rischio molti posti di lavoro. Per il viceministro dell’Economia, la sugar tax rientra “tra le tematiche che devono essere risolte rapidamente” insieme ad “altre correzioni che riguardano le imprese”, perché “il decreto Irpef-Ires posiziona temporalmente gli interventi nel 2024, quindi bisogna fare in modo che si debbano preparare dei conti, redigere le dichiarazioni da giugno in poi e fare delle fasature per evitare che ci siano effetti indesiderati per le imprese”.
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Esulta Forza Italia
- Forza Italia ha già accolto positivamente le parole di Leo sulla sugar tax. Per il presidente dei senatori azzurri, Maurizio Gasparri, "l'ulteriore proroga, ma meglio ancora la definitiva abolizione della misura, rimane una assoluta priorità. È per nostra iniziativa che questa assurda tassa è stata già più volte rinviata. Apprezzo le parole del viceministro dell'Economia, che ha annunciato iniziative per non fare entrare in vigore questa tassa". Per Forza Italia, ha continuato Gasparri, “è una scelta fondamentale. Abbiamo avvisato per tempo tutti che per noi la decisione in materia non può nemmeno essere messa in discussione. Se ci sarà anche un'iniziativa del governo, come ha annunciato saggiamente Leo, l'accoglieremo con grande favore. In ogni caso siamo pronti a evitare l'entrata in vigore di una tassa che produce più danni che vantaggi".
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La pace fiscale
- Giungiamo infine alla questione della pace fiscale. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha rilanciato dal palco del Festival dell’Economia di Trento la proposta della Lega, e lo ha fatto dando anche una scadenza temporale. “Sulla pace fiscale, che porta soldi alle casse dello Stato, stiamo aspettando le stime. Non stiamo parlando di evasione fiscale, ma di gente che ha fatto la dichiarazione dei redditi e non è riuscito a pagare tutto”, ha sottolineato il leader del Carroccio, citato dal Messaggero. Una possibile data per attuare la misura? “Entro l’estate del 2025”. La proposta leghista è ancora in discussione in commissione Finanze al Senato e prevede che si possa saldare i debiti con il fisco in 120 rate distribuite in dieci anni senza sanzioni e senza interessi.
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Il ministro Leo frena sulla misura
- Tuttavia, come riporta il Sole 24 Ore, il viceministro Leo da Trento ha posto un freno al pressing di Salvini, sottolineando che la “commissione è al lavoro” per trovare la quadra sul provvedimento, con la valutazione dei costi della misura. E poi, cosa ancora più importante, ha specificato che un eventuale intervento in tal senso non sarà indiscriminato, ma sarà destinato solo a chi è davvero in difficoltà.
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