Cresceremo nonostante i dazi? Cosa dicono le previsioni Ue

Lunedì scorso la Commissione Europea ha pubblicato le sue previsioni macroeconomiche per il 2025-26, le prime dall’inizio della guerra dei dazi. Nel complesso, sono buone notizie, relativamente parlando. La premessa, però, è che i passi indietro compiuti da Trump dopo lo tsunami del 2 aprile siano confermati: la Commissione basa infatti le proprie previsioni sull’ipotesi che i dazi “reciproci” non siano reintrodotti e Trump si accontenti dei dazi universali, al 10% per tutti i Paesi. In questo caso, il Pil reale dell’UE dovrebbe crescere dell’1,1% quest’anno, più o meno come nel 2024, accelerando solo nel 2026, essenzialmente per la prevista ripresa dell’economia tedesca, grazie alla politica di bilancio più espansiva annunciata dal governo Merz. La crescita nell’euro area sarebbe solo leggermente al di sotto . Non si tratta certo di tassi di crescita spettacolari, rispetto al resto del mondo , ma il pericolo di una recessione sembra sia stato scampato, almeno in assenza di nuovi shock. Confortante, per l’Unione nel suo complesso, è anche il fatto che, secondo la Commissione, nel 2025 verrebbe completata la rincorsa dei salari rispetto ai prezzi iniziata dopo il balzo dell’inflazione nel 2021-22: nel 2025 i salari reali dovrebbero aver recuperato completamente la perdita di potere d’acquisto subita dalla primavera del 2021, quando i prezzi iniziarono ad accelerare. Questo, in media perché “in alcuni Stati Membri la ripresa dei salari reali è ancora in ritardo”. Tra questi ritardatari ci sta l’Italia. Il che ci porta a guardare a casa nostra. Le previsioni della Commissione sull’Italia non sono molto diverse da quelle del governo Meloni. Il numero ormai diventato magico per descrivere la nostra crescita economica è 0,7%. È il tasso che ha caratterizzato l’economia italiana nel 2023, 2024 e 2025. Resteremmo al di sotto, sia nel 2024 che nel 2025, rispetto alla media dell’area euro, anche se non di molto. Nel biennio, faremmo meglio della Germania , ma non della Francia . E faremmo molto peggio delle “tigri del sud Europa”. Nel 2024-25, il Portogallo è previsto crescere quasi al 2%. La Grecia al 2,3%. Cipro sopra il 3,4%. Questi sono Paesi con un reddito pro capite significativamente più basso di quello italiano, per i quali quindi una maggiore crescita può essere considerata fisiologica. Ma lo stesso vale per la Spagna, che ha un reddito pro capite ormai non troppo lontano da quello italiano: nella media dei due anni la Commissione prevede un aumento del Pil reale vicino al 3%, tassi di crescita americani . Nel 2026 l’Italia crescerebbe un po’ di più di quest’anno , spinta anche dalla ripresa dell’economia tedesca, che ci beneficerebbe. Si aprirebbe però il divario col resto dell’Eurozona . Insomma, nell’anno conclusivo del PNRR l’economia italiana non avrebbe ancora dato segno di poter recuperare la distanza con resto dell’Europa che si era aperta, in termini di livello del Pil reale, nei primi due decenni di questo secolo. Torniamo ora alla questione dei salari reali. Al contrario di quanto, come abbiamo visto, la Commissione preveda per la media dell’Unione Europea, i salari reali italiani resterebbero ben al di sotto del loro livello di inizio 2021: a marzo 2025 le nostre retribuzioni erano ancora dell’8% al di sotto di quelle che precedevano l’ondata inflazionistica iniziata nella primavera del 2021 e nel resto del 2025 il recupero sarebbe di 1½ punti percentuali. Il che forse spiega perché i nostri consumi stiano crescendo ben al di sotto della crescita del Pil, già di per sé piuttosto bassa. Forse nei prossimi rinnovi contrattuali questa circostanza non dovrebbe essere trascurata…

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