È possibile un mercato comune Ue del risparmio e dell’investimento?

Il tema della creazione di un mercato unico del risparmio e dell’investimento, dibattuto da decenni, è stato rilanciato dai recenti rapporti di Enrico Letta e di Mario Draghi . I due rapporti confrontano il mercato del risparmio e dell’investimento dell’Unione con quello degli Stati Uniti. Due sono le principali differenze. La prima è la frammentazione del mercato finanziario in Europa : il risparmio è ancora prevalentemente investito nello Stato Membro dell’UE in cui si genera e, se va all’estero, fluisce paradossalmente in misura rilevante verso gli Stati Uniti. Questi beneficiano di un mercato finanziario di dimensioni molto più ampie di quelli europei, compreso in termini di grandezza e varietà dei listini borsistici, il che ne aumenta l’efficienza e l’attrattività. La seconda differenza è che negli Stati Uniti il risparmio fluisce in maggior misura direttamente dai risparmiatori agli investitori, mentre in Europa i risparmi finiscono in misura sproporzionata nei conti correnti bancari. Nella “vulgata” dominante si dice anche che i soldi nei conti correnti sono inutilizzati. Ovviamente non è così perché le banche investono le risorse depositate in questi conti, tranne la piccola percentuale che viene detenuta in riserve liquide. Ma si tratta, comunque, di un’intermediazione che accresce i costi di transazione e limita le possibilità di investimento, dato che le banche sono sottoposte a regoli prudenziali stringenti. Come ovviare a questi problemi? Condizione necessaria è sacrificare un po’ di sovranità. In pratica, per un risparmiatore italiano deve essere ugualmente facile investire in Italia o in un altro Paese dell’Unione e deve potere decidere direttamente in cosa investire . Perché questo avvenga servono diverse cose. Primo, una regolamentazione del risparmio e una sua supervisione che non solo sia uguale in tutti gli Stati Membri dell’UE, ma che sia gestita in modo unitario. Insomma, non si può avere una Consob italiana, una francese, una tedesca. Ci deve essere un’unica autorità di supervisione del mercato dei capitali, come abbiamo un unico supervisore bancario europeo, cioè la BCE: è auspicabile che tutto confluisca nella European Securities and Markets Autority , che già esiste dal 2011, ma che non ha sostituito le autorità nazionali. Secondo, serve una tassazione unica o armonizzata dei rendimenti del risparmio perché il risparmiatore è interessato al rendimento netto dei suoi investimenti. Terzo, occorre che la regolamentazione sia semplificata per consentire un più facile accesso diretto dei risparmiatori al mercato dei capitali. A questo fine, sembra che la Commissione proponga un conto “risparmio e investimento”, identico in tutta l’UE, conto che esiste già in alcuni Paesi Membri come ad esempio la Svezia, caratterizzato da semplicità di funzionamento, bassi costi di gestione e trattamento fiscale incentivante. Basterà tutto questo? Ci sono barriere culturali non indifferenti che dovranno essere superate. Da un lato, occorrerà vedere se c’è la volontà da parte degli Stati membri di cedere sovranità in questa delicata area, compreso rispetto agli importanti risvolti fiscali. Dall’altro occorrerà vedere se i risparmiatori italiani saranno disposti a considerare un investimento in Germania, Francia o Olanda al pari di uno fatto in Italia. Certo, abbiamo da decenni banche di altri Stati UE in Italia, ma in un clima di crescente nazionalismo non si può dare nulla per scontato. E le preoccupazioni, emerse anche di recente, da parte di alcuni governi dell’Unione riguardo l’acquisizione delle proprie istituzioni finanziarie da parte di soggetti di altri Membri UE confermano che le barriere culturali e politiche sono ancora consistenti. È anche necessario che un più diretto accesso all’investimento da parte dei risparmiatori, non intermediato dalle banche, sia accompagnato da una consapevolezza che al maggiore rendimento atteso dagli investimenti corrisponde un maggior rischio. Ed è per questo che la comunicazione della Commissione prevede anche azioni per rafforzare l’alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori europei. In conclusione, è un’iniziativa di grande portata, ma il suo successo dipenderà, come sempre, dalla volontà dei nostri cittadini e dei politici di sentirci più europei, cosa che di questi tempi non può darsi per scontata. Forse l’unico modo per andare avanti è di farlo con i Membri UE che sono davvero pronti: è l’Europa a due velocità. E la stessa comunicazione della Commissione sembra riconoscerne la possibilità.

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