Nato, aziende di armi hanno ordini per 300 miliardi di euro: chi sta guadagnando di più
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L’Ucraina chiede più armi e molti Paesi europei stanno aumentando gli investimenti per aiutarla: a trarne vantaggio sono le aziende più importanti nel settore della Difesa, che hanno commesse da oltre 300 miliardi di euro. Tra queste c’è anche l’italiana Leonardo, che ha visto le sue azioni registrare un aumento di prezzo del 198% grazie agli ordini militari
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- Il grido d’allarme del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è sempre più forte: all'Ucraina servono più armi per respingere la Russia
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- In questo momento, però, il Congresso Usa frena ancora sul nuovo pacchetto promesso dalla Casa Bianca, mentre le potenze europee, che vorrebbero aiutare Kiev, non riescono a spingere ulteriormente a livello industriale sulla produzione bellica
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- L’Europa non si trovava ad affrontare uno scontro di terra così lungo sul proprio territorio dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. E, all’inizio, l’obiettivo dalla Nato di destinare alla Difesa il 2% del Pil nazionale fino al 2014, anno in cui Putin si è preso la Crimea, era stato raggiunto solo da tre membri dell’Alleanza
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- Dopo il 2014 la storia è cambiata: lo scorso anno, in pieno conflitto, i Paesi sono saliti a 11, dieci dei quali nel Vecchio Continente. Alla fine del 2024 dovrebbero essere 18 su 28. Basti pensare che secondo i calcoli dell’Economist, nel 2022 la spesa dei membri europei della Nato non superava quella del 1990; quest’anno raggiungerà i 380 miliardi di dollari, lo stesso budget della Russia
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- Le sette principali aziende del settore, come l’italiana Leonardo, hanno già nuovi ordini per oltre 300 miliardi di euro
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- Il ruolo principale è della tedesca Rheinmetall, le cui azioni in Borsa hanno visto il loro valore quadruplicarsi dal 2022. Nel giugno 2022 l’azienda ha beneficiato di un investimento da parte della Cancelleria tedesca di 100 miliardi di euro, utili ad ampliare la produzione di proiettili d’artiglieria da 155 millimetri. Secondo le stime degli esperti entro il 2026 il gruppo tedesco sarà in grado di produrre 700mila colpi all’anno. Prima dell’invasione di Putin si fermava a 70mila
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- Al secondo posto si piazza la svedese Saab che deve il boom sul mercato ai missili anticarro Nlaw. Sono stati tra i primi ad arrivare da Kiev: nel primo mese di guerra ne arrivarono quasi cinquemila da Regno Unito, Svezia e persino dal Lussemburgo. In questo modo la Difesa ucraina annunciò di aver distrutto ben 335 carri armati russi
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- Questi missili sono stati fondamentali non solo per l’Ucraina ma anche per la stessa azienda, che in questo lasso di tempo ha visto le azioni impennare del 240%. Il merito, ovviamente, non è solo dei Nlaw ma anche del caccia Gripen (in foto) e dei sofisticati sistemi radar, a loro volta impiegati sul suolo ucraino
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- Completa il podio proprio Leonardo, le cui azioni hanno registrato un incremento del prezzo del 198%. Secondo l’analisi del Financial Times a trainare il titolo è stato soprattutto l’aumento degli ordini ricevuti da Mbda, principale produttore europeo di missili controllato dall’azienda italiana insieme ad Airbus e Bae Systems. Solo nel 2023 Mbda ha firmato contratti da 7 miliardi di euro con Polonia, Germania e Francia
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- E gli altri gruppi? Anche la Bae Systems, britanica, è tra le altre aziende che hanno visto i profitti schizzare verso l’alto, così come la francese Nexter, che produce l’obice a lungo raggio Caesar, a sua volta decisivo per la difesa del territorio degli ucraini. Buone performance anche per il gruppo Nammo, di proprietà dei governi di Finlandia e Norvegia. E per la britannica Chmring e la francese Eurenco, tra i principali fornitori di esplosivi e propellenti