Lavoro, le 35 ore settimanali sono possibili? Cosa sappiamo su trattative e rinnovi
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Le discussioni contrattuali di alimentaristi, metalmeccanici e lavoratori delle telecomunicazioni vertono tutte sugli stessi temi: ridurre l’orario di lavoro a fronte di un aumento di stipendio. Gli esperimenti non mancano, come mostrano i casi di Luxottica e Lamborghini, ma a fare da contraltare c’è la questione della produttività, cara ai datori di lavoro
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- Più salario e meno orario. Si può? Forse si potrebbe, attraverso la contrattazione collettiva di secondo livello e anche quella nazionale. A dircelo sarà la tornata di rinnovi che si sta per aprire e permetterà di capire se si può parlare di 35 ore settimanali anche nel nostro Paese
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- Questione centrale, però, resta sempre la produttività, tema che puntualmente viene tirato fuori quando si parla di lavoro in Italia e che, in un ipotetico tavolo di concertazione nazionale dove si deve tenere conto degli equilibri di interi settori e di realtà produttive diverse, non potrebbe non essere affrontato
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- Eppure, alcuni tentativi di passaggio alle 35 ore settimanali si sono già visti sia nell’occhialeria, come in Luxottica, che nell’automotive, come in Lamborghini
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- A richiedere la riduzione di orario sarebbero adesso i metalmeccanici, attraverso un sondaggio che i loro sindacati - Fiom, Fim e Uilm - hanno diffuso a inizio anno tra gli iscritti e che è stato trasferito nella piattaforma sindacale degli oltre 1,5 milioni di addetti. Se il tema è certamente molto sentito dalla base, a far da contraltare si pone la questione della sostenibilità economica
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- “I cambiamenti epocali della transizione ecologica, digitale e tecnologica insieme ai processi di riorganizzazione e crisi necessitano di risposte inedite per gestire gli effetti occupazionali e per garantire, promuovere ed incrementare buona occupazione e conciliare la vita e il lavoro”, affermano i sindacati. L’obiettivo principale è “garantire l’occupazione aumentando la produttività e la competitività grazie agli investimenti tecnologici di prodotto e di processo”
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- Centrale resta il tema della sostenibilità economica, visto che oltre alla riduzione dell’orario di lavoro, i sindacati chiedono anche un aumento per il livello medio di riferimento di 280 euro. La trattativa con Federmeccanica e Assistal renderà più chiaro se questo sia effettivamente possibile
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- Tra i primi settori a discutere di riduzione oraria è stato il legnoarredo, la cui richiesta però di riduzione di 12 giorni è uscita dal tavolo di lavoro poco prima dell’accordo. Per gli alimentaristi, invece, che avevano richiesto di ridurre di 24 giorni l’anno il loro orario di lavoro, si va verso un aumento salariale di 214 euro ma senza riduzioni
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- Gli unici a ottenere la riduzione dell’orario di lavoro sono stati i bancari: i sindacati, nella loro piattaforma rivendicativa erano partiti con la richiesta delle 35 ore settimanali, dalle 37,5 canoniche, a cui si abbina un aumento di 435 euro. La trattativa ha portato all’aumento richiesto e per la prima volta a una riduzione di orario a 37 ore settimanali. A raggiungerli presto potrebbero esserci anche le Bcc, alle prese anche loro con il rinnovo
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- A parlare di riduzione oraria saranno anche i sindacati delle telecomunicazioni, alle prese con una fase di grande evoluzione dal punto di vista sia societario che industriale. Nella piattaforma rivendicativa destinata ad Asstel, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom chiedono di sperimentare nuove forme di organizzazione del lavoro, che prevedono riduzione degli orari a parità di salario
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- Le valutazioni che si possono fare dietro alle richieste dei lavoratori e dei loro rappresentanti sono molteplici. Parlare di riduzione degli orari ha sempre avuto dietro di sé l’analisi sul recupero della produttività, che si lega a sua volta agli investimenti e all’innovazione. Temi non facili da coniugare. I prossimi rinnovi, perciò, i primi della post-pandemia e dell’attenzione al tempo e alla conciliazione vita-lavoro, saranno decisivi