
Lavoro, record in Europa di posti vacanti e dimissioni. Gli effetti del “grande turnover”
Come evidenziano le ricerche di Eurostat, il tasso di posti liberi nell’Eurozona è giunto al 3,1%, valore finora mai raggiunto, e allo stesso tempo aumentano le uscite volontarie dal mondo del lavoro. Un fattore quest’ultimo, come evidenzia il ministero del Lavoro francese “da considerare come ciclico. È basso durante le crisi e aumenta durante i periodi di ripresa, tanto forte quanto la ripresa economica è rapida”

Il mercato europeo del lavoro è sempre più afflitto dalla cronica mancanza di candidati, un problema che ormai riguarda non solo il settore alberghiero e della ristorazione o il nostro Paese, visto che analoghi riferimenti ci sono anche in Spagna e Francia come ha rilevato un’inchiesta dello European data journalism network
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I DATI – Come evidenziano i dati, il tasso di posti di lavoro vacanti è ai massimi storici nell’Eurozona: Eurostat rileva come il 3,1% dei posti di lavoro retribuiti non sia stato occupato nel terzo trimestre del 2022, rispetto al 2,6% del terzo trimestre del 2021 e al 2,2% dello stesso periodo del 2019. “Segno che le tensioni si stanno moltiplicando sul mercato del lavoro: il dibattito sulla carenza di manodopera ha sostituito il dibattito sulla disoccupazione di massa”, ha dichiarato il ricercatore belga Wouter Zwysen dell’Istituto sindacale europeo
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LA SITUAZIONE IN GERMANIA E SPAGNA - In Germania l’indice Iab (Institute of employment research) sulla carenza di manodopera a febbraio di quest’anno ha registrato il quarto aumento consecutivo, mostrando le difficoltà crescenti nel coprire i posti vacanti delle agenzie per l’impiego tedesche. In Spagna, nel 2022 i posti vacanti sono aumentati del 150% nel settore dei trasporti, del 111% nella PA, del 91% nelle attività professionali e tecniche. In termini assoluti però le maggiori carenze, ben 140mila unità, si concentrano nell’industria e nelle costruzioni
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LO STATO IN FRANCIA E PAESI BASSI - Nei Paesi Bassi ci sono attualmente 123 posti vacanti ogni cento disoccupati, 15 volte di più che in Francia dove, nel luglio 2022, la percentuale di aziende industriali che dichiaravano difficoltà di assunzione aveva raggiunto il 67%, un livello che non si vedeva dal 1991 (la media a lungo termine per questo indicatore è del 31%, secondo l’Insee)
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COME STANNO LE AZIENDE ITALIANE – Stesso discorso vale anche per le imprese del nostro Paese, che a gennaio cercavano oltre mezzo milione di lavoratori: il 45,8% dei datori di lavoro all’inizio dell’anno segnalava difficoltà ad assumere, rispetto al 38,6% dello scorso gennaio
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AUMENTANO LE DIMISSIONI – In parallelo poi va segnalato come aumentino vertiginosamente anche le dimissioni in tutti i Paesi. La Francia, ad esempio, nel 2022 ha raggiunto il massimo storico, registrando oltre 2,16 milioni di contratti di lavoro risolti su richiesta del lavoratore. In Italia nel 2022 sono state registrate quasi 2,2 milioni di dimissioni, il 13,8% in più rispetto al 2021. In Spagna nel 2022 si segnalano circa 70mila lavoratori con contratti a tempo indeterminato che hanno rinunciato al loro impiego
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IL RICAMBIO – Al contempo si assiste a una sorta di generale ricambio. Secondo il Dutch Central Bureau of Statistics (Cbs) nel primo trimestre 2022 1,9 milioni di persone in Olanda hanno dichiarato di aver iniziato un nuovo lavoro quell’anno, 400mila in più rispetto al 2021. In Germania invece lo studio annuale sui luoghi di lavoro di Gallup mostra comunque un numero record di dipendenti alla ricerca di un nuovo impiego: 4 su 10 affermano che smetterebbero del tutto di lavorare se potessero permetterselo, il 25% in più rispetto al 2016
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IL GRANDE TURNOVER – Come evidenzia il ministero del Lavoro in Francia, “il tasso di dimissioni è un indicatore ciclico. È basso durante le crisi e aumenta durante i periodi di ripresa, tanto forte quanto la ripresa economica è rapida”. Difatti, durante le fasi di espansione economica, compaiono più spesso nuove opportunità di lavoro che spingono le persone a dimettersi. Rispetto agli Usa, il livello di occupazione, anche quello femminile, più penalizzate durante il Covid - è tornato ai livelli pre-pandemia quasi ovunque

LE CONSEGUENZE DI LUNGO PERIODO - L’elevato numero di dimissioni diventa dunque un indicatore di dinamismo del mercato del lavoro, in una situazione in cui il potere contrattuale sembra spostarsi maggiormente a favore dei dipendenti. In un contesto economico favorevole gli europei non esitano più a voltare le spalle ai datori di lavoro, ma bisognerà vedere se ciò si tradurrà anche in stipendi più alti o in una migliore organizzazione del lavoro

IL MECCANISMO POTREBBE INCEPPARSI - Il turnover è infatti possibile solo a fronte di una tendenza crescente della domanda, ma se il meccanismo dovesse “incepparsi”, a causa di una crisi demografica o di un mismatch delle competenze, diventerebbe insostenibile il tasso di posti vacanti: le aziende dovranno presto essere in grado di soddisfare le richieste dei lavoratori, diventati più esigenti e più selettivi
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