
Caso Emanuela Orlandi, dalla scomparsa alle indagini: tutte le tappe della vicenda
La ragazza, all’epoca 15enne, è sparita il 22 giugno 1983 a Roma: in questi 40 anni sono state moltissime le piste seguite, senza che però si sia mai arrivati alla scoperta di quanto accaduto. Ecco tutti i principali snodi della vicenda

Sono passati 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente del Vaticano, sparita il 22 giugno 1983 a Roma. Sul caso nei mesi scorsi si sono riaccesi i riflettori: a gennaio il promotore della giustizia Vaticana Alessandro Diddi aveva aperto un fascicolo sulla vicenda. In base a quanto si è appreso, l'iniziativa è legata a una serie di istanze presentate in passato da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela
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Al centro delle analisi, gli atti e i documenti relativi alle vecchie indagini. Il procedimento della Procura di Roma sulle sparizioni della Orlandi e di Mirella Gregori, quest'ultima avvenuta il 7 maggio sempre del 1983, venne archiviato nell'ottobre del 2015 su richieste dall'allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, ora presidente del Tribunale vaticano
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Il caso è rimasto infatti senza una soluzione: non è mai stato scoperto che cosa sia accaduto a Emanuela Orlandi, che al momento della scomparsa aveva 15 anni. Ecco le tappe principali della vicenda
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Emanuela Orlandi scompare verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita da una scuola di musica. La ragazza è la figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano. A maggio era già scomparsa un'altra ragazza romana, Mirella Gregori
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Nei giorni successivi Roma è tappezzata di manifesti di ricerca della ragazza. Nella vicenda entrano vari "telefonisti" (tra cui un cosiddetto ”amerikano”), mitomani, sciacalli o depistatori. Il caso si trasforma presto in un “giallo” internazionale, con sedicenti collegamenti con l'attentato di Agca contro Papa Wojtyla (In foto)
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Non emergono però elementi concreti, e la presenza di Emanuela negli anni viene segnalata in diverse località ma le rivelazioni non risultano mai attendibili: la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997
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L’attenzione sulla scomparsa di Emanuela Orlandi però non si esaurisce con la chiusura della prima inchiesta: una prima apparente svolta investigativa si registra in occasione di una puntata del programma 'Chi l'ha visto?' quando giunge una telefonata di un anonimo che invita a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant'Apollinare: il defunto è Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei boss della Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990

Nel giugno del 2008 Sabrina Minardi, per qualche anno amante proprio di De Pedis, rivela agli inquirenti che Emanuela Orlandi era stata uccisa e che il suo corpo, rinchiuso in un sacco, era stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Secondo la donna, la 15enne sarebbe stata tenuta prigioniera in un'abitazione vicino a piazza San Giovanni di Dio. Ma neanche su questa pista emergono prove concrete (In foto: le ispezioni della Polizia nella zona a seguito delle dichiarazioni)

A maggio 2012 viene anche aperta la tomba di De Pedis: il corpo dell’uomo viene identificato, ma null'altro di utile dal punto di vista investigativo emerge dall'esame dei reperti ossei ritrovati all'interno della cripta della basilica. (In foto: la Basilica di Sant'Apollinare dove si trova la tomba di Enrico De Pedis)

A dicembre del 2014, poi, arriva una nuova speranza per i familiari di Emanuela Orlandi: Alì Agca, ex Lupo Grigio che aveva sparato a Papa Wojtyla nel 1981, si presenta a sorpresa a piazza San Pietro per portare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia si attiva immediatamente per presentare un'istanza alla magistratura affinché l'ex terrorista turco venga interrogato. (In foto: Alì Agca con Giovanni Paolo II)

La richiesta viene però respinta: Agca (in foto) è ritenuto "soggetto inattendibile" per aver reso più volte dichiarazioni sul caso Orlandi, sia pubbliche che in sede processuale, che si sono rivelate "infondate" e "scarsamente credibili"

Arriva dunque la richiesta di archiviazione inoltrata dalla procura secondo cui "da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati". Una conclusione recepita prima dal gip e confermata poi dalla Cassazione

Si arriva dunque al marzo del 2019, quando un'istanza viene presentata dal legale della famiglia Orlandi al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all'interno della Santa Sede. Nell'istanza si reputa "opportuna una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l'apertura della tomba" per fugare ogni dubbio sulla vicenda (In foto: un murales raffigurante Emanuela Orlandi)

Ad aprile la Segreteria di Stato vaticana autorizza l'apertura di un'inchiesta per avviare accertamenti sulla tomba del cimitero Teutonico, e a luglio il Vaticano dispone l'apertura. Il procedimento però viene archiviato dal Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano: le verifiche sui reperti trovati concludono che i frammenti rinvenuti sono databili a epoca anteriore alla scomparsa della ragazza. E i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa

A gennaio del 2023 il Promotore di Giustizia vaticano "ha aperto un fascicolo" sul caso di Emanuela Orlandi "anche sulla base delle richieste fatte dalla famiglia in varie sedi”. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha detto: "Da tantissimi anni chiediamo una collaborazione per arrivare a una soluzione finale. Che vengano aperte le indagini è una cosa molto positiva”. (In foto: Pietro Orlandi)

L’11 aprile 2023 Pietro Orlandi ha poi avuto un confronto di 8 ore con il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi. “Ho percepito la volontà di fare chiarezza”, ha detto. Il giorno dopo, in un’intervista in tv, ha lanciato un’accusa choc: "Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case…”. Ha fatto quindi ascoltare un audio in cui a parlare sarebbe un uomo vicino alla banda della Magliana: "Papa Giovanni Paolo II se le portava in Vaticano quelle”

"A quarant’anni dalla scomparsa di mia sorella Emanuela spero di sentire parole di speranza dal Papa su questa vicenda che attende verità e giustizia” ha detto Pietro Orlandi il 18 giugno, a pochi giorni dall'anniversario della sparizione della sorella

Poi, pochi giorni dopo, il 21 giugno, altre dichiarazioni. Orlandi ha ricordato la speranza legata alla decisione del Vaticano di aprire un'inchiesta. "Avevamo la solidarietà del presidente della Camera, del Senato, del sottosegretario Mantovano che si era reso disponibile, c'è stata una nota di palazzo Chigi e dicevano faremo di tutto per fare chiarezza". A quel punto, però, "evidentemente in Vaticano si sono trovati in difficoltà e hanno detto, dobbiamo trovare il modo di screditare la situazione"

Tutto, secondo Orlandi, "cambia dal colloquio con il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, dell’11 aprile scorso. Io faccio i nomi di 28 persone, tra cui ci sono due monsignori polacchi, sono viventi, secondo me sono da ascoltare, erano amici stretti di Wojtyla, lo sanno tutti, con loro faceva qualche scappatella, usciva eludendo la sicurezza". "L’ho detto anche io e proprio questo argomento è stato usato per screditarmi", ha aggiunto
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Intanto, il 22 giugno, proprio l'ufficio del Promotore di giustizia dello Stato Vaticano ha trasmesso alla procura di Roma tutta la documentazione relativa al caso: "È un primo passo l'attività svolta dal Vaticano. Mi auguro che la documentazione fornita alla Procura di Roma sia rilevante e che il Vaticano continui a collaborare fattivamente con la Procura stessa. Sono tante le cose da chiarire, mia sorella merita verità e giustizia", il commento di Pietro Orlandi
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