Ascolto e fiducia al centro del rapporto con i giovani: lo studio dell'Associazione Civita

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La ricerca ha coinvolto 1.500 giovani italiani tra i 16 e i 24 anni, utilizzando l’Oxford Happiness Questionnaire integrato da specifici indici tematici per valutare il benessere emotivo in relazione alla partecipazione culturale, sportiva, formativa, lavorativa e civica

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I giovani non chiedono “più cose da fare”, ma esperienze vere, relazioni significative e adulti credibili. Investire sul loro benessere significa costruire ecosistemi che mettano al centro la qualità, la fiducia e la co-progettazione. Questo è quanto emerge dall'ultima edizione del Rapporto “Semi di futuro. Giovani, cultura e benessere" dell'Associazione Civita. La ricerca, realizzata con il supporto scientifico di SWG, ha coinvolto un campione di 1.500 giovani italiani tra i 16 e i 24 anni, utilizzando l’Oxford Happiness Questionnaire (OHQ) integrato da specifici indici tematici per valutare il benessere emotivo in relazione alla partecipazione culturale, sportiva, formativa, lavorativa e civica. Dallo studio "emerge chiaramente - ha dichiarato il Segretario Generale dell’Associazione Civita, Simonetta Giordani – come i giovani abbiano bisogno di esperienze concrete, relazioni significative e un dialogo autentico con gli adulti per sentirsi ascoltati, coinvolti e valorizzati".

Semi di futuro”: il XVI Rapporto Civita indaga il benessere giovanile  tra Cultura, Creatività e Relazioni
Presidente Associazione Civita Gianni Letta

Cultura: un potenziale di benessere ancora da attivare

Tutti i giovani intervistati dichiarano di aver fruito di contenuti culturali nell’ultimo mese, ma spesso in maniera passiva. Oltre il 90% consuma film, musica e serie TV, mentre solo il 60% legge abitualmente e meno della metà frequenta eventi collettivi come cinema, mostre o concerti. Tuttavia, circa il 40% svolge queste attività senza interesse o partecipazione attiva, sottolineando come la cultura generi benessere solo se vissuta in modo emotivamente coinvolgente. Il Rapporto diretto fra consumo e OHQ si rileva di fatto solamente per i prodotti audiovisivi, determinando di conseguenza un’indicazione strategica per gli operatori culturali affinché ripensino le modalità di accesso e fruizione, puntando non solo sulla quantità e varietà dei contenuti ma anche su percorsi partecipativi ed esperienze di empowerment.

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Creatività: un’arma a doppio taglio

Il 60% dei giovani è coinvolto in pratiche artistiche e creative, ma con un effetto paradossale: l’indice di benessere risulta più basso tra chi si esprime artisticamente. Questo dato evidenzia come la creatività possa portare a una maggiore consapevolezza emotiva tra i giovani maggiormente coinvolti nella produzione artistica, con una conseguente maggiore esposizione a fragilità ed insicurezze. Da tale constatazione deriva quindi l’indicazione di sostenere la partecipazione creativa con iniziative di riconoscimento e motivazione autentiche, al fine di non generare frustrazione e fragilità.

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Studio e lavoro: tra valore percepito e precarietà emotiva

Il lavoro è ritenuto un fattore centrale, ma spesso non restituisce un senso di realizzazione. I giovani che lavorano, infatti, denunciano livelli di felicità inferiori, legati spesso alla precarietà, al senso di inadeguatezza, alla bassa gratificazione e alla mancanza di prospettive. In tal senso il Rapporto evidenzia la necessità di un patto generazionale che attribuisca dignità e prospettiva all’occupazione giovanile. Anche lo studio, pur considerato fondamentale, può essere fonte di stress. Tuttavia, l’Università si conferma come ambito positivo, dove il senso di progetto formativo rafforza l’equilibrio personale.

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Sport e cittadinanza attiva

Lo sport è riconosciuto come rilevante dalla stragrande maggioranza dei giovani, ma solo chi lo pratica con costanza e coinvolgimento registra effetti positivi concreti sul benessere. Le attività sportive occasionali, invece, producono impatti limitati sull’indice OHQ, confermando che la qualità della partecipazione è più decisiva della semplice frequenza. Dall'altro lato però, solo una minoranza dei giovani partecipa attivamente alla vita civica, al volontariato o all’associazionismo. E chi lo fa spesso manifesta, come già rilevato per le pratiche artistiche e creative, un benessere leggermente inferiore rispetto alla media. Tale risultanza può derivare dal senso di impotenza o alle aspettative deluse rispetto all’impegno profuso. Anche in questo ambito, l’elemento discriminante può essere determinato dalla capacità delle esperienze vissute di generare senso, comunità e impatto reale.

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Relazioni e orientamento: i veri catalizzatori del benessere

Un elemento ricorrente in tutti gli ambiti analizzati è che il benessere non dipende, quindi, solo dal “fare”, ma dal modo in cui vengono vissute le esperienze. Una quota significativa di giovani vive in modo passivo (“una cosa che non interessa”) o con disagio (“un dovere fatto contro voglia”) le attività proposte e il sentirsi liberi, motivati e coinvolti nelle attività risulta determinante per il benessere individuale. I picchi massimi di soddisfazione e motivazione si riscontrano nei consumi culturali e nella pratica sportiva. Al di là delle singole attività, ciò che fa davvero la differenza è la rete relazionale. I giovani con rapporti familiari solidi, fiducia negli altri e la presenza di adulti significativi – educatori, docenti, allenatori, mentori – riportano punteggi OHQ sensibilmente più alti. La solitudine, invece, si conferma come uno dei fattori più critici per il benessere giovanile. 

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Verso politiche generative: proposte per seminare fiducia

  • Il Rapporto si chiude con una serie di proposte operative orientate a rafforzare il benessere giovanile e la cittadinanza attiva: Introdurre percorsi strutturati di educazione emotiva nelle scuole, con spazi di ascolto, libera espressione e orientamento;
  •  Sostenere e abilitare iniziative culturali co-create dai giovani, inclusive e partecipative;
  • Promuovere ambienti sportivi motivanti, non solo competitivi;
  • Valorizzare il diritto al fallimento e i percorsi non lineari;
  • Semplificare l’accesso a esperienze di volontariato e impegno civico, evitando eccessi burocratici;
  • Creare ambienti sportivi inclusivi, che favoriscano la motivazione personale e non solo la performance;
  • Facilitare la transizione scuola-lavoro con tutoraggi ed esperienze in impresa;
  • Rafforzare le reti territoriali tra scuola, cultura, Terzo settore e servizi sociali, 
  • Rafforzare il ruolo degli adulti educanti: docenti, operatori, allenatori e formatori devono essere formati come figure di riferimento emotivo, non solo tecnico.

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