Delitto Garlasco, ex procuratore di Pavia: "Sempio? Prova scientifica era inservibile"

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L'ex magistrato Mario Venditti ricorda le vicende delle archiviazioni chieste e disposte dal gip nei procedimenti a carico di Andrea Sempio e sottolinea: "Non sono mai stato pm nel processo contro Alberto Stasi, ci si attenga ai fatti oggettivi. La sentenza in giudicato è inamovibile". I legali dell'ex bocconiano pronti a depositare una consulenza "finalizzata a evidenziare una possibile traccia biologica" nell'impronta 33, attribuita all'amico del fratello di Chiara Poggi. Il genetista: "Massima prudenza"

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Le indagini sul delitto di Garlasco si concentrano sull'impronta numero 33, attribuita all'indagato Andrea Sempio e individuata sul muro delle scale non molto lontano da dove fu trovato, il 13 agosto 2007, il corpo di Chiara Poggi. "Nella prossima settimana, depositeremo a evidenziare una possibile traccia biologica nell'impronta", ha detto ieri l'avvocato Antonio De Rensis, che con la collega Giada Bocellari difende Alberto Stasi. Sulla vicenda interviene anche l'ex procuratore di Pavia Mario Venditti, che in una nota del suo legale Domenico Aiello ricorda le archiviazioni chieste e disposte dal gip nei procedimenti a carico di Sempio e sottolinea di aver disposto lui stesso nuove indagini su istanza della difesa di Stasi. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna di Stasi, Venditti "è stato co-assegnatario (dunque non unico) di un fascicolo di indagine su Sempio, originato da un esposto della difesa di Stasi", e "sulla scorta delle risultanze certificate dai consulenti della Corte d'Appello di Milano già anni prima, mai contestate dalla Procura generale", l'ex magistrato decise comunque di disporre "nuove indagini", all'esito delle quali ritenne di chiedere "l'archiviazione dell'ipotesi investigativa, attesa la inservibilità e infruttuosità della prova scientifica dedotta, attestata dai consulenti del Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri e valutate gli esiti delle successive indagini tempestivamente disposte". Il gip accolse l'archiviazione decretando la conclusione dell'indagine nel marzo 2017.

Andrea Sempio e l'impronta numero 33 a lui attribuita
Andrea Sempio e l'impronta numero 33 a lui attribuita - ©Ansa

"La sentenza passata in giudicato è inamovibile"

Un secondo fascicolo contro ignoti, ricorda ancora Venditti, è stato originato da una informativa dei carabinieri a seguito di un esposto della difesa Stasi, che "lamentava atteggiamenti persecutori, di pedinamenti, violenza e disturbo in danno di una stimata collega" della stessa difesa. "In questo peculiare contesto, i carabinieri di Milano, che indagavano su molestie e disturbi alla difesa", hanno trasmesso "nel 2020 una informativa a Pavia" in cui veniva evidenziata "una serie di anomalie nelle precedenti indagini", riscontrando "elementi" che avrebbero potuto "non mettere fine a una vicenda giudiziaria". L'ex magistrato ricorda poi che "già prima di questa informativa dei carabinieri, sulla vicenda si era formato da anni" il giudicato e che "due vertici di Procure generali presso la Corte d'Appello, Milano e Brescia, questa ultima competente per la revisione della sentenza di condanna, nulla avevano disposto e perfino rigettato o ritenuto inammissibili le numerose istanze di revisione. La sentenza rimaneva dunque inamovibile e cosa giudicata". Venditti, "considerata la attestata infruttuosità della prova scientifica, richiamando i motivi della precedente archiviazione, e vista la assoluta carenza di riscontri oggettivi alle enunciate e mai provate anomalie delle precedenti indagini", chiese l'archiviazione del fascicolo che fu decretata da un altro magistrato dell'ufficio Gip di Pavia. "Ancora oggi la sentenza di condanna rimane cosa giudicata e dunque inamovibile, vincolante per le parti a presidio dei cardini costituzionali del diritto di difesa e stabilità della giurisdizione", si legge nella nota del legale di Venditti. "La recente iniziativa della Procura di Pavia, del tutto legittima, dovrà in ogni caso tenere in conto il giudicato formatosi dieci anni orsono. Pertanto è facilmente prevedibile che sarà a breve riproposta una nuova istanza di revisione del giudicato su nuove prove mai prima prodotte", viene spiegato.

"Evitare narrazioni diffamanti"

Alla luce di tutto ciò, nella lettera del legale di Venditti, si invita "ad attenersi ai fatti nella loro oggettività e continenza" in merito alle notizie sulle nuove indagini sul delitto, evitando "ulteriori narrazioni e ricostruzioni diffamatorie e lesive del decoro e del patrimonio di onorabilità" dell'ex magistrato, oggi in pensione. Il legale ricorda che nelle indagini sull'omicidio di Poggi, l'ex procuratore "non ha mai svolto la funzione di magistrato" presso la Procura di Vigevano, allora competente, "né tantomeno nelle successive fasi dibattimentali e di impugnazione".  Venditti, dunque, non ha mai rappresentato la pubblica accusa nel processo che ha condotto alla condanna di Stasi". Non solo: Venditti, sottolinea Aiello, "sin da principio non ha inteso interferire con le diverse indagini di cui a vario titolo si dà conto nella cronaca locale e nazionale, né ha inteso partecipare o alimentare l'incontrollato battage mediatico, ciò non di meno non è possibile astenersi dal rappresentare il danno illecito che sino ad oggi sta subendo dalla mole di notizie false e prive di ogni riscontro oggettivo". L'avvocato sottolinea, inoltre, che "della vicenda a vario titolo si sono occupati diversi magistrati, oltre 40 tra giudicanti e requirenti, alcuni dei quali riconosciuti tra i più autorevoli e rispettati del tempo, senza considerare i procedimenti satellite relativi a depistaggi, pedinamenti e false testimonianze".

La storia dell'impronta n. 33

Secondo i consulenti di Stasi, l'allora fidanzato della 26enne che sta ormai finendo di scontare 16 anni per l'omicidio, ritengono sia possibile estrapolare del materiale biologico dall'impronta 33, e quindi capire se ci sia o meno sangue di Chiara. La consulenza sarà depositata nei prossimi giorni ai pm di Pavia nell'indagine a carico di Sempio, amico del fratello della vittima. Gli inquirenti stanno cercando negli archivi, in particolare del Ris di Parma, l'intonaco grattato con un bisturi sterile ai tempi dei rilievi: allora le analisi sull'impronta furono senza esito, mentre ora potrebbero fornire risultati stando agli esperti incaricati dai legali di Stasi. Nel 2007 la traccia fu trattata con ninidrina, sostanza che, reagendo, aveva dato all'impronta una colorazione particolare a causa della rilevazione di amminoacidi presenti nel sudore e nel sangue. In questi anni, con i progressi nel campo delle tecniche scientifiche forensi, qualora il reperto venga recuperato, sono amplificate le possibilità di arrivare conclusioni che consentano di arrivare a nuovi dettagli.

Il genetista di Stasi: "Massima prudenza"

Il genetista Ugo Ricci, consulente della difesa di Stasi, ha precisato all'Agi il perimetro in cui potrà muoversi il team legale e scientifico che assiste l'unico condannato per il delitto. "Noi non potremo svolgere analisi autonome sull'impronta attribuita a Sempio, al massimo potremo offrire degli spunti ai consulenti della Procura o al gip. In ogni caso su questa impronta va esercitata la massima prudenza". E poi: "Le attività tecniche sono state delegate dalla Procura di Pavia a dei consulenti e dal gip ai periti nell'ambito dell'incidente probatorio. Noi non sappiamo nulla delle attività della Procura che, posso immaginare, avrà anche degli assi nella manica ben nascosti".  Sull'impronta numero 33, "sembrerebbe che siamo di fronte a un'incongruenza clamorosa, se pensiamo che nel 2007 il Ris la considerava non utile e ora lo stesso Ris la valuta utile e individua 15 punti di contatto con quella di Sempio", sottolinea Ricci. "Merito delle nuove tecnologie? No, dal punto di vista dattiloscopico non possiamo dirlo. Può essere che all'epoca non sia stata trovata utile dopo un primo confronto con l'indagato di allora, Stasi", specifica. In ogni caso, avverte Ricci, gli accertamenti saranno complicati e per prima cosa bisognerà stabilire cos'è rimasto a disposizione della traccia a cominciare dall'intonaco grattato dal muro. "Per adesso abbiamo le fotografie, bisognerà capire se e cosa è rimasto, anche di quell'intonaco", conclude.

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Attesa per l'incidente probatorio

Mentre gli investigatori hanno ultimato la raccolta di testimonianze degli amici di Sempio, "non sarebbe imminente" una convocazione come testi delle gemelle Stefania e Paola Cappa, cugine di Poggi. Il momento cruciale dell'inchiesta, al momento, rimane quello del prossimo 17 giugno, quando comincerà l'incidente probatorio sui reperti mai analizzati o riconsiderati ora con tecniche più sofisticate rispetto a quelle di quasi 18 anni fa.

L'impronta digitale n. 10

Potrebbero aprire spiragli anche gli esami sull'impronta digitale numero 10, quella repertata sulla parte interna della porta di casa Poggi, che avverranno nell'ambito dell'incidente probatorio che comincerà il prossimo 17 giugno. Si tratta di un dito di una presunta "mano sporca" lasciata dall'assassino quando è fuggito: con i kit attualmente in commercio, si può stabilire se ci siano tracce ematiche riconducibili a Chiara e magari anche a qualche ulteriore profilo maschile. È già stato escluso che quell'impronta appartenga a Sempio o Stasi.

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La difesa di Sempio: "Frequentavo tutta la casa"

"Io frequentavo la casa, tracce mie in giro immagino che ci siano, è molto probabile. Poi la casa è diventata la scena del crimine. Molto probabilmente ci saranno mie tracce, me lo aspetterei, ero lì fino a pochi giorni prima. L'unica stanza che non ho mai frequentato era la camera da letto dei genitori", ha spiegato Sempio in un'intervista a Sky TG24 il 28 marzo scorso, quasi due mesi prima che venisse a galla, il 20 maggio, l'esito della consulenza disposta dai pm sull'impronta sul muro delle scale. Un elemento - quella della frequentazione di tutta casa Poggi, tranne la camera dei genitori - che la difesa del 37enne vuole evidenziare. Sempio, aveva ribadito nei giorni scorsi la legale Angela Taccia dopo gli esiti della consulenza, "ha frequentato ogni angolo della casa tranne la camera da letto dei genitori di Chiara e di Marco", compresa dunque la taverna e le scale in fondo a cui venne trovato il corpo di Poggi, e dove, sulla parete destra, è stata repertata l'impronta numero 33.

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